Incidenti stradali, doveri e attenuanti per l’automobilista che investe un pedone o un ciclista
Non basta vedere che la persona investita sembra stare bene. Né si può andare via per paura della reazione dei suoi amici. Ecco che dice la Cassazione
di Maurizio Caprino
4' di lettura
In caso di incidente stradale, bisogna fermarsi anche se non ci sono danni apparenti a persone e se il possibile infortunato rifiuta soccorsi. Ma ciò non toglie che chi non resta sul luogo del sinistro fino all’arrivo delle forze di polizia possa evitare la condanna per fuga: a casi del genere può comunque essere applicata la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Lo stabilisce la sentenza 27241/2020, depositata il 1° ottobre dalla Quarta sezione penale della Cassazione. Se ne può ricavare una guida pratica per casi del genere.
Sono casi non rari, in cui le ferite sono molto lievi ma si crea una tensione che - assieme al fatto che la persona investita sembra stare bene - può indurre qualcuno ad allontanarsi senza farsi identificare. E invece occorre cautela, anche per evitare un procedimento penale che può trascinarsi per anni fino in Cassazione.
La sentenza finale da un lato è restrittiva, ma dall’altro lascia una via di uscita all’imputato. Infatti, appare meno “possibilista” di altre pronunce della Corte sul fatto che ci si possa allontanare quando la persona infortunata non sembra avere bisogno dell’assistenza di altre persone coinvolte nell’incidente (a prescindere dal fatto che esse ne siano o non ne siano responsabili). Ma ribadisce che, se le ferite sono lievi, si può applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta nel 2015 (Dlgs 28) con l’articolo 131-bis del Codice penale.
La vicenda
Un automobilista, svoltando in una strada vicino casa, ha colpito lievemente una bici che attraversava sulle strisce pedonali (non si è mai riusciti ad accertare se fosse regolarmente condotta a mano o se il ciclista fosse in sella). Dopo l’urto, si erano avvicinati alcuni connazionali del ciclista, con un fare aggressivo che ha poi reso difficile anche l’intervento dei soccorsi.
Così l’automobilista si è allontanato, senza neanche avvisare dell’accaduto un corpo di polizia (per telefono o presentandosi di persona in un ufficio). Sulla sua decisione potrebbe aver pesato non solo la paura della reazione dei connazionali del ciclista, ma anche il fatto che questi non sembrava aver riportato lesioni. Tanto che il certificato del pronto soccorso riportava solo la presenza di una lievissima ferita sanguinante a una gamba, guaribile in cinque giorni, che non ha richiesto alcuna cura ospedaliera.
L’obbligo di fermarsi
L’articolo 189 del Codice della strada - che detta come ci si deve comportare in caso di sinistro stradale e punisce penalmente la fuga - stabilisce che bisogna fermarsi in ogni situazione in cui si resta coinvolti in un incidente. Per due motivi:
- consentire di essere identificati, in modo tale da poter poi testimoniare o rispondere delle proprie eventuali responsabilità, civili e penali, nell’incidente (comma 6);
- prestare i necessari soccorsi (anche solo chiamando un’ambulanza o le forze dell’ordine) agli eventuali feriti (comma 7).
Di recente, la stessa Quarta sezione penale della Cassazione (sentenza 24371/2019) aveva stabilito che è più stringente il comma 6: il reato di fuga si configura in qualsiasi caso in cui qualcuno (responsabile o no) si trova sul luogo di un sinistro nel momento in cui si verifica e riparte senza farsi identificare. Questo perché la norma ha lo scopo di consentire la ricostruzione dell’incidente. Quindi, non basta fermarsi e aspettare che arrivi l’ambulanza: occorre restare sul posto fino all’arrivo delle forze di polizia o comunque comunicare in altro modo le proprie generalità.
La sentenza del 2019 è stata molto più leggera sul comma 7: il dovere di assistenza nei confronti del ferito non c’è più - nemmeno per il presunto responsabile dell’incidente - se altri presenti hanno già chiamato l’ambulanza e si trovano accanto all’infortunato, prestandogli tutte le attenzioni richieste dalla situazione, che va valutata caso per caso dai giudici di merito. Considerando per esempio che una persona che giace sull’asfalto in stato di incoscienza non ha bisogno di aiuto morale ma di qualcuno che segnali la sua presenza sulla strada a chi sopraggiunge.
La tenuità del fatto
Rispetto alla sentenza del 2019, quella del 1° ottobre 2020 appare più rigorosa sul comma 7, ritenendolo violato (a titolo di dolo eventuale) in tutti i casi in cui l’imputato non approfondisce la situazione dell’infortunato. Quindi, bisogna sempre pensare che questi possa aver riportato lesioni non visibili. Non necessariamente gravi (come potrebbe essere un danno interno alla testa), ma anche lievi (nel caso di specie, la piccola ferita a una gamba, coperta dai pantaloni).
Né conta la presenza di conoscenti del ferito che si mostrano aggressivi: basta allontanarsi di quel tanto che basta per sottrarsi alle loro reazioni. E, se qualcuno di loro si avvicinasse con brutte intenzioni, si può sempre chiamare le forze dell’ordine mentre ci si mette al sicuro. In questo modo ci si mette a posto anche con l’obbligo di farsi identificare stabilito dal comma 6. Quindi nulla autorizza a tornarsene a casa senza avvertire nessuno, come se nulla fosse successo.
Nonostante tutto questo, secondo la sentenza del 1° ottobre 2020, si può applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto, perché l’articolo 131-bis del Codice penale impone una valutazione della situazione di fatto al momento dell’incidente. E, dalle sentenze di merito appare l’esistenza di testimonianze, di un certificato medico e di un rapporto dei vigili intervenuti che non lasciano dubbi:
- sul fatto che la ferita fosse lieve e non visibile;
- sulla presenza di persone radunatesi attorno al connazionale caduto con la bici (quindi in grado di minacciare l’investitore e di prestare loro stessi l’eventuale assistenza necessaria al ferito);
- sul fatto che l’infortunato non si è mai costituito parte civile;
- sull’avvenuto risarcimento del danno (appena 370 euro) da parte dell’assicurazione del veicolo dell’investitore;
- sul fatto che in prima battuta l’investitore si sia fermato (anche se poi si è allontanato) e che, una volta rintracciato dalle forze dell’ordine dopo ore di indagini e ricerche, non abbia negato il suo coinvolgimento nell’incidente.
Mettendo assieme tutti questi elementi, la Cassazione ricava che ci sono i requisiti previsti per la non punibilità.
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