ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl verdetto delle regionali

Terzo polo, cosa sta succedendo tra Renzi e Calenda?

L’ex premier ha l’orizzonte delle europee del 2024 e non vuole un partito personale con il nome di Calenda, che invece ha fretta per consolidare la sua leadership. Le tre variabili: tenuta del governo Meloni, legge elettorale e nuovo corso Pd

di Emilia Patta

Renzi: "Nel Pd con me e Calenda avevano una Ferrari e l'hanno scambiata con una Twingo"

5' di lettura

Quella che segue è una nota fatta uscire da “fonti” del Terzo polo per smentire dissidi tra Carlo Calenda e Matteo Renzi dopo l'esito a dir poco deludente della lista Azione-Italia Viva alla prova del voto in Lombardia e in Lazio: «Carlo Calenda e Matteo Renzi si sono sentiti anche oggi come fanno praticamente tutti i giorni e hanno sorriso sulle strampalate ricostruzioni offerte dai media in queste ore. È quanto fanno sapere gli staff dei due senatori. Il risultato delle Regionali - proseguono le stesse fonti - non soddisfa nessuno, ma per molti aspetti era fisiologico: la vera sfida rimane quella delle Europee 2024. Calenda e Renzi condividono l’idea di accelerare sul partito unico dei riformisti proseguendo il cammino già individuato, fin dalla prossima riunione del comitato politico convocata dal Presidente della federazione Calenda per il prossimo 27 febbraio».

Calenda e Renzi: lo scontro dei «caratteri» e la dura lex della necessità

Tutto a posto, dunque? Chiaro che no, dal momento che note siffatte politicamente sono spesso una conferma di quello che si vuole smentire. D'altra parte due personalità come quelle di Calenda e di Renzi - per carattere, per storia politica e per ego - sono destinate a scontrarsi. Fin dall’inizio. La scelta di Renzi di delegare la leadership a Calenda, in particolare, più che da reale convinzione è stata dettata dalla consapevolezza di essere diventato una figura divisiva e dalla necessità di “salvare” la sua Italia Viva in un contenitore più grande. E non è un mistero che da parte sua Calenda avrebbe preferito andare da solo alle elezioni politiche del 25 settembre, puntando tutto sulla novità della sua persona e della sua proposta terzopolista, e invece ha dovuto unire la sua Azione alle truppe renziane perché gli era impossibile raccogliere in tempo le firme per presentare una nuova lista.

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Il progetto del partito unico liberal-democratico resta vivo per entrambi

Ma, al di là delle differenze di ambizione e di carattere, il progetto di unire in un partito unico Azione e Italia Viva con l'orizzonte delle europee del 2024 resta fermo per entrambi. E paradossalmente proprio il risultato deludente delle regionali non lascia alternative. In Lombardia la federazione Azione-Iv ha scelto la corsa solitaria con l'ex ministra azzurra Letizia Moratti nel chiaro intento di “rubare” voti ai moderati delusi del centrodestra ma si è fermata al 9,8%, e in più nel voto di lista è precipitata dal 10% raccolto alle politiche a un misero 4.2%. Lo sfondamento a destra è rimasto evidentemente una velleità. Nel Lazio, di contro, il Terzo polo non è stato premiato neanche facendo la scelta coalizionale in sostegno del democratico Alessio D'Amato: dall'8,4% delle politiche si è scesi al 5%. Con queste cifre, pensare a una prematura scissione sarebbe suicida. Oltre al fatto che si dovrebbero sacrificare i gruppi nelle due Camere sparpagliandosi nel Misto, con quello che comporterebbe anche in termini di vantaggi economici. Impensabile.

La guerra di Renzi al nome di Calenda nel simbolo: no a un partito personale

Le divergenze tuttavia ci sono. E riguardano in sostanza tempi e modi del futuro partito unico. Calenda vuole accelerare già nelle prossime settimane, mentre Renzi guarda all'orizzonte delle europee del 2024, tra più di un anno, e preferisce restare in una sorta di vigile attesa. Il punto è che l'ex premier non vuole che il nuovo partito abbia troppo l'impronta del partito calendiano, a partire dal nome inciso a caratteri cubitali nel simbolo. E non perché Renzi pensi seriamente di sostituirlo nella leadership del Terzo polo, quando per una sua storica avversione verso il “partito personale”: già quando era premier e segretario del Pd rifiutò di inserire il suo nome nel simbolo del partito per le europee del 2014, quelle in cui raggiunse la vetta del 41%. Per Renzi la “notizia”, la novità nel panorama politico italiano, non è la nascita del partito di Calenda ma la nascita di un partito liberal-democratico che guarda alla macroniana Renew Europe. Un partito, insomma, destinato nelle sue aspettative a cambiare il campo da gioco e a sopravvivere alla leadership del momento. Ossia a a Calenda.

Divergenze sulla tempistica: Calenda ha fretta, Renzi no

E poi la tempistica, si diceva. Se Calenda ha urgenza di varare subito il nuovo partito anche per consolidare la sua leadership - nome o non nome nel simbolo - Renzi è forse per la prima volta nella sua burrascosa vita politica nella modalità wait and see. Vigile attesa, insomma. Intanto c'è da capire se il governo Meloni avrà davvero lunga vita come sembra al momento, soprattuto se la guerra della Russia contro l'Ucraina dovesse proseguire ancora a lungo e dovesse quindi richiedere un protagonismo maggiore da parte del fronte atlantico (il pensiero va alle esternazioni filo putiniane di Silvio Berlusconi e alla silenziosa copertura che hanno da parte dell'altro alleato di Meloni, ossia Matteo Salvini).

La modalità wait and see dell'ex premier: la variabile sistema elettorale…

Inoltre c'è da capire se - al di là delle europee, quando si voterà con il sistema proporzionale, più congeniale alla strategia terzopolista - la legge elettorale resterà quella attuale. Pur avendo un effetto maggioritario per via dei collegi uninominali che eleggono circa un terzo dei parlamentari, il Rosatellum ha una base prevalentemente proporzionale che non impedisce la corsa solitaria. Come ha dimostrato il M5s nel 2018, anche da soli si può vincere se si raggiungono percentuali elevate. Se invece la maggioranza di centrodestra riuscirà davvero a mettere in campo la riforma costituzionale per introdurre il semipresidenzialismo o il premierato la legge elettorale sarà giocoforza cambiata in senso ancora più maggioritario, magari con un sistema coalizionale a doppio turno nazionale, il che costringerebbe il Terzo polo a correre sotto l’ombrello del Pd.

... e la variabile Pd

Già, il Pd. E qui siamo all'ultima variabile su cui ragiona Renzi. La premessa è che l'ex premier immagina il nuovo partito come davvero liberale, e quindi pronto ad allearsi di volta in volta con questo o quel partito a seconda dei programmi, mentre Calenda ragiona in un'ottica di incontro-scontro con il Pd per spostare l'asse del centrosinistra su posizioni più riformiste e anti-grilline. È chiaro ormai che sarà Stefano Bonaccini, che sia Renzi sia Calenda considerano un amico politico, a vincere le primarie del 26 febbraio contro Elly Schein. Ma - si chiede Renzi - sarà il nuovo segretario dem nelle condizioni di governare davvero il partito e di imporre la linea politica riformista anche alla sinistra e ai bersaniani di Articolo 1 appena rientrari? Oppure dovrà infine cedere, anche lui, alle sirene di Giuseppe Conte spostando l'asse del Pd tutto a sinistra? In quest'ultimo caso per il nuovo partito liberal-democratico potrebbero aprirsi le tanto agognate “praterie”.

Insomma il dissidio tra Calenda e Renzi è a ben vedere soprattutto una questione di tempo. Il primo ha fretta, il secondo manco per niente. Wait and see.


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