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Terzo posto dell’Italia alla Nations League. Dai giovani e da Chiesa segnale per il futuro

La Nazionale italiana nella finalina di consolazione contro l'Olanda (3-2 per gli azzurri), ha finalmente battuto un colpo

di Dario Ceccarelli

(REUTERS)

4' di lettura

Siamo in estate. Tra poco andiamo in vacanza. Vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno? Ma sì, vediamolo, come quando alla fine dell’anno scolastico i professori alzano un voto a tutti i ragazzi per non deprimere i peggiori e dare una bella spinta ai migliori. E così anche i genitori sono finalmente contenti. E forse anche il ministro dell’Istruzione e del Merito, Valditara.

Lo stesso per la nazionale italiana che ieri, nella finalina di consolazione contro l'Olanda (3-2 per gli azzurri dopo quasi dieci minuti di recupero!), ha finalmente battuto un colpo. Sia chiaro: nulla di stratosferico, non siamo tornati i leoni di Wembley, vincitori due anni fa dell'Europeo, ma neppure le gatte morte che nel secondo tempo hanno perso con la Spagna. Per il premio di consolazione, per il terzo posto della Nations, Roberto Mancini ha fatto quello che tutti gli italiani (ma da casa è facile...) gli chiedevano da tempo: dar spazio ai giovani, alla strada del rinnovamento, anche a costo di fare degli errori, o di cadere in qualche ingenuità. Del resto non sempre la “lunga militanza “ è sempre sinonimo di qualità ed esperienza. C'è un’età per tutto.

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L'errore di Bonucci, contro gli spagnoli, è stato infatti doppiamente rovinoso: sia per la prestigiosa storia del difensore juventino, sia per la nazionale, che quando vede cadere uno dei suoi pilastri rischia ancor di più il naufragio. Va bene la riconoscenza ai “vecchi”, lo hanno fatto tutti i grandi c.t del passato, ma poi arriva un limite invalicabile. E se non si riesce a recidere quel cordone ombelicale, allora è meglio che lo stesso tecnico si faccia da parte. Che il calcio sia per natura irriconoscente, lo sappiamo. Dove sono finiti i nostalgici di Spalletti? E quelli di Paolo Maldini? Svaniti nel nulla, tutti ormai attratti come falene impazzite dalle nuove sirene del Mercato.

Mancini ha vinto un Europeo, certo, ha messo insieme un filotto di 37 partite senza mai perdere, però l'Italia di Mancini non è riuscita ad andare al Mondiale del Qatar facendosi eliminare dalla Macedonia. Una macchia che resterà indelebile visto che gli stessi azzurri erano stati i dominatori dell’Europeo. Insomma, chi non cambia è perduto. Non ce lo dicono ogni giorno psicologi e mental coach? Così contro l'Olanda, pur tra alti e bassi e diverse sbavature, l'Italia ha finalmente mostrato che non è vero che sono bravi sono all'estero, che anche noi abbiamo dei giovani che, messi nelle condizioni opportune, possono crescere e lanciare un segnale di speranza per il futuro, per quando cioè andremo a giocarci le scivolose qualificazioni a Euro 2024 in Germania dovendo difendere il titolo di campioni europei.

Inizio devastante degli azzurri

Contro l'Olanda siamo partiti alla grande, sferrando in un quarto d'ora due pugni devastanti agli Orange, bravi nel palleggio, ma teneri come il burro quando fai su serio. Bello il primo gol (realizzato da Dimarco) perché ha coinvolto tutta la novelle vague azzurra. I soldatini ci sono tutti: Gnonto, Frattesi, Rategui e Raspadori, che di tacco offre a Dimarco che di sinistro infila l'angolo opposto. Tutto bello, tutto molto veloce. E anche quando gli olandesi, con il loro ostinato possesso di palla, si avvicinano a Donnarumma, ecco che arriva il raddoppio degli azzurri: sempre Dimarco spinge a sinistra e nel successivo batti e ribatti il rimpallo finisce a Frattesi che punisce di nuovo gli arancioni. Ecco, a questo punto sono emersi alcuni limiti dell’Italia: la scarsa personalità nel gestire la palla, le troppe imprecisioni soprattutto nella ripresa, quando il tecnico olandese Koeman ribalta la squadra con degli innesti più incisivi. Un appunto che si può fare agli azzurri è quello della scarsa personalità a centrocampo. Verratti è più bravo a marcare che a impostare. Anche Cristante, spesso annaspa. Ottimi segnali invece arrivano dalla difesa dove Acerbi e Bongiorno fanno buona guardia.

A furia di arretrare gli azzurri, imbarcano acqua e prendono il gol del 2-1 (potente diagonale di Bergwijn dopo la solita palla persa a centrocampo). Qui poteva finire male: invece Mancini inserisce Chiesa e Zaniolo per far ripartire l'Italia. E Chiesa, improvvisamente tornato incontrollabile, come agli Europei, fa scricchiolare la diga olandese. La prima volta la diga tiene, la seconda Chiesa punta verso l'area e con un tocco d'artista realizza il 3-1. Splendido gol, grande azione. A questo punto, con gli Orange alle corde, con un po' più di mestiere si sarebbe potuto chiudere la sfida che invece prosegue a sfinimento visto che l'arbitro concede almeno 10 minuto di recupero. Due le emozioni: il 3-2 olandese (diagonale di Wijnaldum) e un incredibile sfondone di Pellegrini che tutto libero (rigore in movimento) riesce chissà come a tirar fuori.

Un terzo posto che fa morale, ma...

Che dire? Vincere aiuta a vincere, dicono i saggi. E aiuta Mancini a ritrovare un po' di colore dopo questo finale da cuore e batticuore. Un posto sul podio è sempre qualcosa. Soprattutto è un punto di ripartenza per il futuro. «Abbiamo visto soluzioni di gioco interessanti», ha detto il tecnico tirando un sospiro di sollievo per una prova che comunque dà prestigio e morale. I baby sono andati tutti bene: ad essere pignoli, ci si poteva aspettare qualcosa di più da Matteo Retegui, il super bomber corteggiato da Inter e Fiorentina. Spesso ha girato a vuoto perdendo anche palloni preziosi. È giovane, ma non basta essere giovani, bisogna anche saper crescere. Concludendo: ritornare sul podio è una iniezione d'ottimismo. Però, sia chiaro: la strada è questa. Quella del rinnovamento con giudizio, ma sempre rinnovamento. Altre figure per il mondo questa nazionale non può permettersele.


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