Terzo settore, Abi chiede di estendere il Fondo di garanzia a tutto il no profit
È quanto si legge in un position paper dell’associazione bancaria in relazione alla garanzia pubblica utilizzata per le piccole e medie imprese
di Vitaliano D'Angerio
I punti chiave
2' di lettura
Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese allargato all’intero Terzo settore come già avvenuto da marzo 2020 al giugno 2021, a seguito delle misure emergenziali per la pandemia. Un esperimento che poi si è chiuso. A spingere sul provvedimento è l’associazione delle banche italiane (Abi) che ha chiesto appunto l’allargamento del perimetro di operatività del Fondo. La richiesta è stata formalizzata in un documento; un position paper dal titolo “Proposte sulla possibile evoluzione del Fondo di garanzia per piccole e medie Imprese” di cui Plus24 è venuto in possesso.
Il position paper Abi
Il Fondo di garanzia per le Pmi, passata l’emergenza, dovrebbe tornare all’attività ordinaria nel gennaio prossimo, ma non tutte le associazioni di categoria sono d’accordo. Nei mesi scorsi, su questo tema è stata fatta una ricognizione da parte di Massimo Bitonci, sottosegretario al ministero delle Imprese e del Made in Italy.
È a Bitonci che le associazioni hanno consegnato i propri desiderata, compresa l’Abi. Nel documento delle banche c’è un preciso passaggio sull’allargamento del perimetro. «Specifica considerazione meritano le imprese del Terzo settore, sempre più importanti per la tenuta complessiva del Paese – si legge nella proposta Abi –, che attualmente sono escluse dalla garanzia del Fondo se non iscritte al Registro delle imprese. Al riguardo appare necessario ripristinare il regime adottato nel corso della pandemia o quanto meno prevedere l’ammissibilità alle coperture del Fondo dei soggetti iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts)».
Situazione attuale
Attualmente, possono avvalersi del Fondo di garanzia soltanto gli enti iscritti al Registro delle imprese. Una piccolissima quota di aziende, dunque, che però ha generato importanti volumi di finanziamenti quest’anno: secondo dati forniti da Mediocredito centrale (Mcc), nel primo semestre 2023 le domande approvate a favore di soggetti del Terzo settore sono state 213, a fronte di finanziamenti per 40 milioni e importi garantiti per 29 milioni.
La gran parte degli Ets (Enti Terzo settore) resta però fuori da radar delle banche perché non bancabile. A certificarlo sono i dati Bankitalia e Istat riportati dal rapporto di Banca Etica “Terzo settore dopo la pandemia”: a fine 2021, erano appena 6 mila gli enti che erano riusciti ad accedere al credito bancario ovvero lo 0,7% delle circa 370mila istituzioni non profit censite da Istat. Inoltre, il credito bancario utilizzato in bonis dalle istituzioni no profit, tra il primo trimestre 2018 e il terzo trimestre 2021, si è attestato sui 2,3 miliardi di euro, pari allo 0,3% della totalità dei settori di attività economica bancarizzati.
Conclusione? Tra le fonti di finanziamento dei servizi sociali erogati dal Terzo settore, il credito bancario è assente. Certo, ci sono poi le fondazioni bancarie che giocano un ruolo chiave, ma questo è un altro discorso. Emerge invece un dato importante: la garanzia pubblica del Fondo sarebbe tanto più importante per il no profit, in quanto molto spesso riempie i vuoti lasciati dal welfare italiano. Dalla sanità all’istruzione, il Terzo settore sta acquistando un ruolo decisivo. E la garanzia pubblica è diventata ancor più necessaria.
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