DOPO LA RIFORMA

Terzo settore, per le banche, investitori e aziende più opportunità di business

di Enrico Bronzo

(Imagoeconomica)

3' di lettura

Ubi banca è molto attività nel sociale. A partire dal “dopo di noi” per assistere le disabilità gravi in particolare di malati orfani, la banca è leader nel settore. Dal 2011 a oggi attraverso Ubi comunità, la divisione commerciale di Ubi dedicata al terzo settore e all'economia sociale, il gruppo si è impegnato attivamente per sostenere lo sviluppo di progetti di imprenditoria sociale. Ne parliamo con Guido Cisternino, responsabile del terzo settore ed economia civile di Ubi banca.

Come sta cambiando il terzo settore?
Abbiamo a che fare con oltre 20mila gli enti del terzo settore, fra cui le imprese e le cooperative sociali. Noi siamo in grado di sostenerle con un ampia gamma di strumenti finanziari, a partire dal project financing sociale, con tassi di interesse commisurati all'obiettivo sociale con la possibilità di retrocedere una quota una volta ottenuto l'obiettivo sociale.

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Qualche numero?
Attraverso i social bond, obbligazioni solidali per un controvalore di oltre 900 milioni di euro, abbiamo sostenuto circa 85 iniziative a elevata valenza sociale promosse da enti del terzo settore erogando oltre 4,2 milioni a titolo di liberalità e stanziando plafond di finanziamento a condizioni agevolate di 20 milioni. Siamo leader su questo strumento. Per questo, la riforma del terzo settore all'articolo 77, relativo ai titoli di solidarietà, è stato redatto basandosi sulla nostra esperienza.

Come mai Ubi è così impegnata nel sociale?
Abbiamo una tradizione di banche popolari legate ai territori di riferimento. Dal 2011 siamo attivi nel non profit. In Italia ci sono solo 3-4 banche specializzate. Noi abbiamo deciso di intervenire vista la crisi del welfare, l'affiorare di nuovi bisogni e il calo dei soldi pubblici: le banche sempre di più saranno chiamate a sostenere il settore per coprire le lacune.

Le principali novità del settore?
Con il decreto approvato il Consiglio dei ministri per la prima volta abbiamo una definizione di cos'è il terzo settore e abbiamo un codice che disciplina e raccoglie in maniera organica sia la dimensione civilistica che quella fiscale. Con l'introduzione dei titoli di solidarietà consente ai privati di allocare i propri risparmi e orientare le risorse verso progetti a finalità sociale, prevedendo un'aliquota fiscale allineate alla tassazione dei titoli di stato, il 12,5% al posto del 22%. In generale è stato fatto un passo avanti enorme per uscire dalla residualità di un settore per troppo tempo considerato come “terzo” e una residualità culturale a cui si aggiungeva una giungla di legislazioni speciali spesso di natura tributaria che hanno reso difficile anche “far bene”. L'idea di fondo sembra essere quella di “favorire il riconoscimento” dei soggetti del terzo settore e superare l'approccio “concessorio” che ha caratterizzato le politiche fino ad oggi.

Altre novità del codice?
L'acquisizione facilitata della personalità giuridica delle associazioni e l'ampliamento dei settori d'interesse generale sono l'evidenza della volontà di semplificare e riconoscere nuovi ambiti su cui il sociale può promuovere beni e servizi d'interesse pubblico. Nell'ambito associativo bisogna sottolineare la nascita delle reti associative. Poi l'istituzione di un registro unico del terzo settore, uno strumento sia per alimentare trasparenza , sia per fare politiche su dati certi e omogenei.

Novità sul piano fiscale?
Si è registrata una radicale riforma della disciplina fiscale con il superamento delle Onlus e l'introduzione del social bonus e di nuove e maggiori detrazioni per associazionismo, con detraibilità delle erogazioni da 26 a 30% per enti del terzo settore e da 26 a 35% per organizzazioni di volontariato. A questo si aggiungono altri due decreti uno sul 5 per mille e l'altro sull'impresa sociale.

Sul piano dell'impresa?
Quello sull'impresa sociale di fatto promuove un'innovazione radicale riconoscendo il ruolo imprenditoriale del modo associativo e il ruolo sociale delle Srl , oltre a riconoscere le cooperative sociali come impresa sociali de facto. L'impresa sociale riformata sarà uno strumento importante per la gestione dei beni comuni e per operare in molti ambiti connessi allo sviluppo locale anche in virtù dei nuovi settori che son stati introdotti (microcredito, agricoltura sociale, sport dilettantistico, alloggi sociali e così sia) . Sarà possibile anche redistribuire parzialmente utili e godere di incentivi fiscali in caso di investimento nel capitale sociale delle nuove imprese sociali e di quelle già attive da tre anni.

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