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Tesla, i guai cinesi non frenano la rincorsa del titolo. «Obiettivo 1.400 dollari»

Il Covid chiude a singhiozzo il sito di Shanghai. Ma gli investitori credono nell’effetto positivo delle nuove fabbriche in Germania e negli Stati Uniti

di Alberto Annicchiarico

Il balletto di Elon Musk per le prime Tesla "made in Germany"

3' di lettura

Azioni Tesla a tutta forza. Spiazza la mossa del technoking, il ceo Elon Musk,da mesi in guerra aperta con la Sec per le sue intemerate su Twitter. L’imprenditore di origine sudafricana inizia a scalare la creatura di Jack Dorsey e questo spinge in alto i titoli del brand numero uno mondiale dell’Auto per capitalizzazione. Un salto del 5,5% (a un’ora e mezza dalla chiusura) che quasi pareggia i conti da inizio d’anno e fa +30% nelle ultime 4 settimane. Del resto non è solo la manovra sull’azionariato del sito di microblogging a mettere le ali alle auto elettriche di Musk. C’è l’attesa e a lungo rinviata apertura della nuova gigafactory a 250 chilometri dalla storica sede di Wolfsburg del gruppo Volkswagen. Il nastro è stato tagliato il 22 marzo, giusto in tempo per consentire un sospiro di sollievo al technoking, dal momento che la pandemia sta creando nuove difficoltà alla fabbrica di Shanghai. Non un posto a caso. In Cina Tesla ha prodotto la metà delle sue automobili (poco meno di un milione in tutto) nel 2021, anno del record assoluto per la casa di recente trasferita a Austin, in Texas, nuova frontiera del Tech a stelle e strisce.

GigaBerlin a regime dovrebbe produrre tante nuove Tesla quante ne ha prodotte Shanghai, mezzo milione. E forse fino a 6-700mila. Con le gigapress alte come case di tre-quattro piani prodotte dalla italianissima Idra Group di Travagliato (Brescia), i ritmi sono altissimi: 45 secondi per il pianale di un’auto in tre soli pezzi là dove ne servono in media 400. Di macchinari così ce ne sono nelle fabbriche di Tesla e nei siti produttivi di un paio di produttori cinesi.

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Un vantaggio pazzesco, che è stato confermato dai recentissimi dati record di produzione relativi al primo trimestre del 2022. Che hanno messo almeno temporaneamente in secondo piano le difficiltà incontrate a Shanghai causa Covid (frequenti chiusure a intermittenza). Tesla ha prodotto 310.048 veicoli, circa 900 in più rispetto alla stima media degli analisti stilata da Bloomberg. Ma il confronto con il primo trimestre 2021 stupisce, perché nei primi tre mesi dello scorso anno la produzione non era andata oltre le 180mila vetture. Risultato tanto più brillante se rapportato alla molte e persistenti difficoltà, dagli stop causa pandemia in Cina, alle interruzioni lungo la catena di approvvigionamento, al persistente problema legato alla carenza endemica di microchip. Quest’ultima durerà almeno fino al 2023. Tesla ha già saputo affrontarla nel 2021 molto meglio di big come Volkswagen (8,9 milioni di auto prodotte ma un milione in meno rispetto a un anno prima). Gli investitori tifosi di Tesla contano poi sull’imminente apertura della quarta fabbrica ad Austin, il 7 aprile.

Gli Stati Uniti e la Cina sono al momento i mercati più importanti per Tesla e la maggior parte delle vendite, che procedono nonostante i recenti ritocchi all’insù dei prezzi, riguarda la berlina Model 3 e il crossover Y. Tesla produce Model3 e Y, così come la vecchia Model S e il crossover X, a Fremont, in California. Shanghai produce Model 3 e Y, mentre Berlino ha esordito consegnando Model Y.

Model 3, che parte da 47mila dollari e 54mila euro, rappresenta circa una berlina di lusso su quattro venduta negli Stati Uniti ed è la quarta berlina di lusso più venduta in Cina, secondo i dati dell’analista della banca d’affari Piper Sandler, Alexander Potter. «Un risultato impressionante», dato che le rivali europee (cioè tedesche) come Bmw, Mercedes-Benz e Audi «una volta erano irraggiungibili», ha osservato Potter. Che vede ulteriori spazi di crescita per il titolo. Come del resto anche Dan Ives di Wedbush, secondo il quale Tesla potrebbe salire dagli attuali 1150 fino a 1400 dollari nell’arco di 12 mesi.

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