Tesla, il taglio dei prezzi e i vantaggi di un player anomalo
Il terremoto innescato da Musk con la sforbiciata ai listini: la lotta con i competitor spostata dalla strategia sui margini a quella sulle quote di mercato a tutti i costi
di Mario Cianflone
3' di lettura
Dal totem della conquista delle quote di mercato a tutti i costi a quello dei margini ottenuti a prescindere da esigenze industriali e commerciali come la copertura, magari solo come presidio, di segmenti importanti. Questo era fino a qualche mese il nuovo paradigma dell’automotive alla ricerca di modelli di business (senza km zero) adatti alla rivoluzione elettrica e digitale.
Poi in primavera di nuovo un terremoto; scoppia la guerra dei prezzi e la innesca Tesla per volere del “divino” Elon Musk che dopo aver spinto le case tradizionali (i grandi marchi tedeschi in primis) verso il territorio della ricerca di profitti e di valore del titolo (con buona pace della gamma prodotto), avvia una campagna di massificazione dell’auto elettrica a suon di sconti.
Nel mirino le big e le case cinesi
E questo, inevitabilmente, mette in difficoltà i grandi costruttori che già si stanno arrampicando sugli specchi per sostenere i maxi investimenti per lo sviluppo di nuovi modelli elettrici e tecnologie hi tech digitali (700 miliardi secondo AlixPartners).
Ma non basta: Tesla con il taglio dei listini (l’ultimo è stato comunicato ieri per Cina e Usa e riguarda le non giovani Model S e Model X) mette nel mirino proprio le case cinesi, quella galassia di mega gruppi e marchi che effervescente e ricca di idee, tecnologie e modelli innovativi rischia concretamente di mettere in crisi le case occidentali, ancorate a vecchi schemi e modus operandi nel ciclo di vita del prodotto non più aderente alle necessità dei tempi e di un mercato all electric in forte e repentina evoluzione.
Le armi di Musk
La domanda è sempre la stessa: perché Tesla può permettersi di fare sconti che superano il 20 per cento? La risposta non è univoca. In primis la casa texana ha una capitalizzazione di Borsa (oltre 800 miliardi di dollari) che è 13 volte quella di giganti dell’auto da 10 milioni di pezzi l’anno come il gruppo Volkswagen e quindi si può permettere qualche “lusso” per conquistare quote di mercato ed eseguire una strategia di sviluppo dell’auto elettrica che è partita più di dieci anni fa dall’alto di gamma per poi scendere in basso, nel segmento medio premium e ora puntare alla massificazione con l’obiettivo, grazie alla futura baby Tesla (la Model 2) di arrivare a 4 milioni di unità all’anno. Ma ci sono anche altri elementi che agevolano Tesla nel condurre la guerra dei prezzi, forte oltretutto di una rete di ricarica che è ancora ineguagliata (e tra l’altro utilizzata negli Usa anche da altri brand).
Tesla ha, infatti, costi industriali più bassi, è un player che non ha legami storici con il passato manifatturiero e territoriale dell’auto. Non deve affrontare con governi e sindacati antiche questioni di politica industriale strategici per l’occupazione e può muoversi liberamente concedendo a questo o quel paese una sua Gigafactory.
L’approccio industriale
Ma a contribuire sui costi più bassi c’è un approccio industriale e ingegneristico teso alla semplificazione e all’uso di tecnologie di produzione (le giga presse) che tagliano tempi e i costi. E in futuro le cose potrebbero migliorare con un nuovo approccio all’assemblaggio ancora più semplificato ed efficiente (tra l’altro sviluppato in Italia). Inoltre, le Tesla hanno una razionale integrazione hardware e software che abbatte i costi e rende il sistema uomo-macchina-rete di ricarica imbattibile. inoltre, Tesla nella guerra dei prezzi può liberare risorse perché ha anche spese di marketing ridotte. Oltre ad aver un solo brand (al contrario degli altri costruttori) e una gamma ferma a 4 modelli (in arrivo c’è il pick-up e in futuro la piccola), con pochi modelli non deve neppure investire in restyling ogni tre anni moltiplicati per decine di modelli da pubblicizzare e comunicare.
Nonostante la sostanziale assenza di comunicazione, con una lezione imparata da Apple, Tesla conquista i media globali anche con un semplice restyling e questo, per esempio, non è mai accaduto con una Vw Golf. Evidentemente Elon Musk è un buon sacerdote del culto dell’«elettrica migliore di sempre».
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