Test al buio
All'86° edizione della 24 Ore di Le Mans uno smartphone “da corsa” e le più difficili condizioni per fotografare. Fra sensori con teleobiettivo e AI
di Giulia Paganoni
5' di lettura
Scrivere con la luce, quella dei fari delle auto che hanno corso la 24 Ore di Le Mans. Raccontare con le foto un evento leggendario e, per farlo, usare uno smartphone. Utopia? Fino a qualche anno fa sì. Niente cavalletti, teleobiettivi, corpi macchina all'avanguardia e borse con flash e altri accessori. Alla 86esima edizione della mitica corsa di durata sono andata con uno smartphone, con il quale ho telefonato, risposto alle mail, controllato i social e imparato a fare fotografie professionali in movimento e al buio.
Sono giornalista del settore auto e questo non è solo un lavoro ma una passione da quando, davvero piccola, ho iniziato a frequentare gli abitacoli di auto da rally con rollbar ben in vista. L'opportunità che oggi mi si presenta è quella di un reportage sulla gara di endurance per eccellenza: la 24 Ore di Le Mans. È la mia prima volta al circuito di Sarthe (Francia) e la prima volta che non ho con me una reflex o una mirrorless, ma un Huawei P20 Pro. Le aspettative sono alte, su tutti i fronti. La sera prima della gara, inizio a prendere confidenza con il mezzo, il primo modello al mondo a essere dotato della tripla fotocamera realizzata in partnership con Leica, eccellenza in materia di ottiche.
Ho a disposizione uno schermo da 6.1 pollici, con cornice ultrasottile e bordi arrotondati per una presa migliore. Il Pro dispone di tre fotocamere con il numero di pixel più alto tra i moderni smartphone. La configurazione della fotocamera comprende un sensore RGB da 40 MP, un sensore monocromatico da 20 MP e un sensore da 8 MP con teleobiettivo. Inoltre, è presente un occhio digitale per la temperatura del colore che fa scattare con chiarezza, in movimento e in notturna, ne garantisce una resa migliore delle cromie. L'ampiezza focale varia da 1.6, 1.8 a 2.4, rendendo nitidi anche i dettagli.
Infine, il nuovo modello include l'inedito obiettivo Leica Vario-Summilux, con zoom ottico 3x, per scatti anche a grande distanza fino a 5x, grazie all'hybrid Zoom. Dato che si parla di “scrittura con la luce”, è necessario citare anche l'ISO, strumento che amplifica la luce disponibile in modo da renderla visibile. Sul P20 Pro si estende fino a 102400. Per fare un confronto, le compatte raggiungono gli 800 ISO.
È strano citare tutti questi parametri all'interno di uno smartphone, di solito se ne parla in riferimento a fotocamere tecniche per professionisti o per super appassionati, come può essere una reflex di alta gamma, una mirrorless o una compatta “evoluta”. Invece qui si tratta di mettere alla prova uno strumento così comune come uno smartphone, con richieste sofisticate e tecniche, da vera macchina fotografica.
Seguendo i consigli di Lara Platman, donna eccentrica e ambasciatrice di Leica, inizio a capire il comportamento al buio e le potenzialità enfatizzate con programmi come light painting e con oggetti in movimento, sfruttando lo slow motion. Mi presento al circuito Sarthe pronta per catturare le immagini migliori del circuito. Vado in pista, con un passo da fotografo accedo alle zone più prossime all'asfalto “gommato” e posso vedere da vicino i bolidi da corsa di tutte le categorie in gara.
Quattro classi di auto: le LMP1, prototipi portati dai costruttori auto; LMP2, prototipi presenti con team privati; Pro, auto a vocazione sportiva due porte, due o quattro posti, aperte o chiuse; e le AM, simili alle GTE Pro, ma già “vecchie” di un anno. Quando tutte girano in pista, il suono dei motori è da veri intenditori. Di solito questa è musica per le mie orecchie, ma non mi era mai successo di sentirla così forte da pensare di mettere i tappi nelle orecchie, dotazione di cui tutti gli spettatori dispongono. Così vicino alla pista, è stimolato anche l'olfatto. È inevitabile che le gomme e i freni si consumino, si facciano rifornimenti di benzina…è come sentire l'odore della fatica dell'auto.
In attesa di raggiungere la bandiera scacchi. Prima del via dell'86esima edizione della 24 Ore di Le Mans, muovendomi fra auto, piloti e team, incontro Patrick Dempsey, l'attore di Grey's Anatomy, qui in veste di proprietario del team Dempsey Proton Racing. Mi passa accanto anche Fernando Alonso: il pilota è qui in gara con il team Toyota Gazoo Racing. A 15 minuti alla partenza, tutti fuori dalla pista e pit lane. Poi, con un rombo assordante, la gara comincia. Tiro fuori il P20 Pro per immortalare il passaggio delle auto sotto la bandiera francese che segnala l'inizio della corsa. Grazie all'“intelligenza artificiale” (in realtà algoritmi per migliorare la resa) è possibile tenere premuto il pulsante touch per lo scatto e seguire l'oggetto spostando il busto, così da fare a raffica una serie di foto e ottenere, in automatico, quella che pone l'oggetto in movimento nella posizione migliore e con la qualità più elevata di nitidezza.
La parte più emozionante della gara è di notte: sentire le auto a distanza arrivare nel buio, vederne apparire i fari, ma non i colori, coglierle per il tempo di un istante e poi guardarle scomparire negli oltre 13chilometri del circuito di Sarthe. Lì, a bordo, su quel puntino luminoso che sembra una scheggia di velocità, c'è un pilota che si è allenato duramente per mesi per essere in forma e raggiungere un buon risultato. Al buio si riconoscono i dischi incandescenti delle auto, che, come spiegano i tecnici Brembo, qui raggiungono punte di calore fino a 800 gradi, rientrando in un range minimo di 350/400 gradi dopo il chilometro di aerazione del Mulsanne Straight.
Con il mio HuaweiP20 Pro salgo sulla Terrazza Porsche per catturare le luci dell'ultima variante prima del passaggio dell'arrivo. Poi mi sposto a fare qualche foto al Dunlop Bridge, dove le auto arrivano davvero sparate e scegliere l'attimo giusto dello scatto è tutt'altro che semplice. All'alba torno all'ultima variante, ma questa volta da bordo pista. Le istantanee mentali che mi porto a casa sono la tensione delle squadre ai box, i piloti concentrati dentro l'abitacolo, la mia faccia con l'emozione stampata addosso per questa gara leggendaria, che vedo per la prima volta dal vivo. Riguardo gli scatti digitali, il racconto è più nitido, pieno di particolari che persino l'occhio non aveva colto tanto chiaramente.
Lascio il circuito con due certezze. La prima: Toyota Gazoo Racing è finalmente riuscita a vincere con il team composto da Alonso, Buemie Nakajima. La seconda: uno smartphone può competere con una reflex anche in mano a una giornalista sportiva. Con le mie foto al buio ho vinto il primo premio della competizione Huawei nella categoria Low Light. La mia prima 24 Ore di Le Mans, indimenticabile!
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