BIGLIETTI DAL 16 GENNAIO

«The Joshua Tree» 30 anni dopo: gli U2 tornano a Roma

di Francesco Prisco

Ansa

3' di lettura

L'ombra sottile di The Edge, cappello a falde larghe in testa e Stratocaster in mano, quelle cinque note imbottite di delay che si ripetono ipnotiche prima che il rullante di Larry Mullen esploda e il basso di Adam Clayton si lanci nella cavalcata compulsiva di «Where the Streets Have No Name». Il mito «globale» degli U2 è cominciato così, esattamente 30 fa, grazie a un album - «The Joshua Tree» - che doveva essere l'omaggio all'America di un'emergente band europea e finì per ri-codificare il concetto stesso di mainstream in musica. E soprattutto grazie al tour che ne fece seguito, a quei concerti-liturgia officiati da un Bono Vox all'apice della sua parabola di frontleader predicatore.

Quel tour toccò Roma (il 27 maggio dell'87 allo Stadio Flaminio) e in un certo qual senso ci tornerà il 15 luglio di quest'anno, stavolta all'Olimpico, settima volta del gruppo nella Capitale dello Stivale. Dopo i rumors degli scorsi giorni è infatti giunto il tempo di rompere gli indugi: «U2: the Joshua Tree 2017», tournée in cui il quartetto irlandese riproporrà integralmente l'album del grande salto, arriverà in Italia secondo quanto rivela il profilo Facebook ufficiale del gruppo. Come in tutte le date europee i quattro avranno il supporto dei Noel Gallagher's High Flying Birds, mentre negli Stati Uniti saranno affiancati da Mumford & Sons, Lumineers e One Republic. L'organizzazione, come di consueto, sarà a cura di Live Nation, la multinazionale della musica dal vivo che cura anche il management di Bono e soci. I biglietti saranno acquistabili online a partire dal 16 gennaio. Coi tempi che corrono serviranno soldi, pazienza e buona sorte per accaparrarsene uno.

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Gli U2 vanno insomma a ingrossare le fila della già nutritissima schiera di band storiche che si concedono un bel momento autocelebrativo. E dire che erano già proiettati sul nuovo album, «Songs of Experience», che avrebbe dovuto continuare il cammino del precedente «Songs of Innocenze» quando – così almeno ha spiegato Edge a «Rolling Stone» - l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca ha scompaginato tutte le certezze del gruppo, facendo improvvisamente apparire obsoleto il materiale composto fino a quel preciso momento. Quale migliore occasione, allora, per prendersi una bella pausa di riflessione live? Quale migliore occasione per ripartire dall'Albero di Joshua? «Quel disco – ha spiegato il chitarrista – è stato scritto a metà degli anni Ottanta, durante l'era di Reagan e della Thatcher per la politica inglese e americana», un periodo «pieno di agitazione», tra scioperi e «ogni sorta di imbroglio in centro America. È un po' come se fossimo tornati a quel periodo» ed ecco che «quelle canzoni hanno assunto un nuovo significato e una nuova risonanza oggi che non avevano tre o quattro anni fa». Secondo The Edge, gli U2 non si sono mai concessi «l'opportunità di celebrare il passato» perché hanno sempre inteso sé stessi come band proiettata al futuro, «ma credo che abbiamo sentito che avevamo a che fare con un momento speciale e un disco molto speciale. E allora siamo felici di prenderci un momento per riorganizzarci e ripensare a un album che è di così tanti anni fa ma sembra ancora attuale». C'è da scommettere che il popolo degli U2 ne sarà ancora più felice.

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