IL LAVORO CHE CAMBIA

The name of the game: il successo nel business passa dalla conoscenza

Spesso ci poniamo le domande “chi è il mio cliente?” e “perché mi sceglie?” solo in modo superficiale, per paura di avere come risposta amare verità

di Lorenzo Cavalieri *

(REUTERS)

5' di lettura

Uno dei film più interessanti degli ultimi anni sul mondo del lavoro e del business è “The founder”, la storia di Ray Kroc, l’uomo che ha fatto del Mcdonald's uno dei brand più noti al mondo. La pellicola insegna molto sul valore delle intuizioni e della perserveranza, ma anche sulla spietatezza negli affari. Il passaggio più stimolante del film è quello in cui il consulente di Kroc gli dice: “Guardi che lei non ha capito in che campo lavora. Lei non lavora nel settore ristorazione, lei lavora nel settore immobiliare”.

Qui nasce l’idea che stravolgerà per sempre le sorti di Mcdonald's. Questa scena fa venire in mente la sintetica espressione anglosassone “The name of the game”, utile per definire l’essenza del nostro lavoro, ciò che conta davvero per interpretare al meglio ciò che facciamo quotidianamente. Pensandoci bene tutti noi siamo esposti allo stesso rischio di Ray Kroc, quello cioè di non comprendere quali sono le vere regole del gioco del nostro ambito professionale, regole che nell’era della competizione globale e della rivoluzione digitale subiscono mutamenti continui e profondi.

Loading...

La capacità di lettura e anticipo del cambiamento diventa quindi sempre più decisiva per le nostre carriere. Si tratta di una sfida difficile perchè come esseri umani siamo portati a trasformare il nostro lavoro in una routine in cui “battezziamo” delle regole e delle prassi e poi andiamo avanti con quelle, magari inconsapevolmente, anche quando è di tutta evidenza che non sono più adeguate alla situazione. Il risultato è che il commercialista continua a comportarsi da puro contabile, anche se è evidente a tutti che dovrebbe comportarsi come un consulente strategico; l’operaio continua a comportarsi da meccanico anche se è evidente che dovrebbe comportarsi come un “gestore di robot”: l’impiegato pubblico allo sportello continua a comportarsi come se parlasse con un utente quando invece dovrebbe comportarsi come se parlasse con un cliente.

Queste transizioni professionali sono chiarissime nei piani aziendali e nella testa dei top manager, ma stentano ad atterrare nella quotidianità di chi lavora. Cambiano le regole del gioco ma si continua ad andare avanti come se non fosse accaduto, si gioca allo stesso modo di prima.Ci sono almeno tre fattori che spiegano questa inerzia:

1) Status quo bias: Gli economisti che studiano i meccanismi decisionali dell’“homo economicus” hanno coniato questa espressione per rappresentare la nostra tendenza a privilegiare in caso di dilemma “la via vecchia”, lo status quo, anche in presenza di segnali chiari, comprensibili e inequivocabili della preferibilità oggettiva di uno scenario nuovo. È come se di fronte ad una casa che offre segnali di crollo un diavoletto tentatore dentro di noi ci dicesse “Sei sicuro di voler scappare? In tutti questi anni non è mai crollata. Meglio restare, magari adesso scappi e poi finisci senza un tetto”.

2) Spesso i cambiamenti nel nostro mondo professionale sono molto graduali, talmente lenti da creare l’illusione del non-cambiamento: “Sono anni che parlano di una liberalizzazione del mercato. Qui è tutto come prima”; “Dicono che dovrei smettere di vendere questo prodotto perché tanto c’è Amazon. Ma a me continuano a chiederlo. Ci sarà un motivo”. Queste dinamiche sono oltretutto rafforzate dai politici, che tendono a cavalcare la rabbia di chi non vede e/o non accetta il cambiamento. Tuttavia nel concreto ciò che accade sempre più spesso è che i mutamenti, per quanto impercettibili, avanzano inesorabili, portando i lavoratori a ritrovarsi improvvisamente spiaggiati.

3) Di fronte ad un cambiamento delle regole del gioco nel nostro mestiere, il nostro istinto conservativo, che nasce per gestire il disagio di chi deve cancellare un’abitudine e crearne una nuova (la sensazione di essere letteralmente “incapaci”), ci porta ad illuderci che la nostra situazione personale faccia eccezione: “I miei clienti sono diversi”, “Il mio settore è diverso”, “Io ho un talento diverso e quindi questo cambiamento non mi tocca”. Ho sentito queste frasi migliaia di volte negli ultimi anni. In un primo periodo ci ho creduto, poi vedendo le evoluzioni del lavoro di chi me lo diceva ho smesso di crederci.

Il combinato disposto dei tre fattori che ho appena descritto disegna uno scenario in cui moltissime persone si trascinano per anni in situazioni ambigue, percependo di non essere più allineate ai desiderata del mercato, impoverendosi finanziariamente (come nel caso di tanti professionisti), perdendo il piacere di fare quello che si fa, macerandosi nella nostalgia dei tempi andati e nella rabbia per chi quel cambiamento lo sta propugnando.

Ho visto con i miei occhi piangere un operaio entrato in fabbrica negli anni 80, dopo aver detto “non ha senso neanche mettersi la tuta oggi”. Quindi persone meno produttive, meno ricche, soprattutto meno felici. Per chi non riesce ad accettare che nel proprio settore “the name of the game” sia cambiato c’è solo una terapia, e si chiama consapevolezza. In effetti chi non riconosce le nuove “regole del gioco” probabilmente ha semplicemente perso di vista i principi che determinano un “cambio di gioco”.

Torniamo alle basi allora ponendoci due domande banalissime la cui risposta diventa una bussola per capire come orientarsi:

1) Chi paga? Sembra incredibile ma spesso lavoriamo senza un’idea precisa di chi sia il nostro cliente. L’intuizione di Ray Kroc da cui siamo partiti è che il suo cliente non era il mangiatore di hamburger ma l’affiliato che investe nei ristoranti.Spesso definiamo in modo impreciso e generico i nostri clienti, non li sappiamo segmentare nel modo giusto, non li tracciamo nel modo giusto. Quindi non riusciamo ad avere i dati che sarebbero necessari per anticipare le tendenze e i mutamenti: se cambia il profilo tipo del nostro cliente, deve cambiare il nostro modo di lavorare. Ultimamente molti sono stati colpiti dall’arrivo anche nel calcio italiano di importanti sponsorizzazioni da parte di realtà del mondo token/blockchain. Se sono loro a pagare diventa immaginabile un’accelerazione dell’evoluzione del modello di business del calcio verso l’intrattenimento digitale. Ovviamente questo comporterà un cambiamento importante (approccio, mansioni, competenze) per chi oggi lavora nelle società sportive.

2) Perchè paga? Perché il mio cliente sceglie me o sceglie l’azienda che poi mi versa lo stipendio? Ci sono senz’altro molti motivi, ed è fondamentale collocarli nel giusto ordine. Un esempio molto chiaro arriva dal mondo commerciale. Negli ultimi anni ho sentito migliaia di volte dire “Il cliente sceglie di rivolgersi a me perché si fida solo di me, perché lo guido, perché lo rassicuro, eccetera”. Verissimo. Eppure quando le statistiche dicono che in quel determinato settore le vendite sono calate a causa della disintermediazione tecnologica si capisce che il cliente sceglieva di rivolgersi ad un venditore soprattutto per la paura del fai da te, e solo in misura minore per un discorso di fiducia personale. Diminuita la paura del fai da te tecnologico il venditore è stato tagliato fuori dal cliente.

Questo esempio ci dice che l’analisi corretta delle motivazioni d’acquisto ci consentirebbe di anticipare le tendenze di mercato e intercettare l’eventuale nuovo “name of the game”, prima che la partita si faccia insostenibile. Chi è il mio cliente? Perché mi sceglie? Due domande apparentemente banali che in realtà troppo spesso ci poniamo in modo superficiale, spesso per paura di amare verità. In un mercato del lavoro fluido tutti noi dobbiamo invece ripartire proprio da qui, da un’analisi strategica per il dipendente, il top manager, il libero professionista. Il mercato è lento ma inesorabile nei suoi verdetti. Dobbiamo farci trovare pronti.

* Managing director della società di formazione e consulenza Sparring


Riproduzione riservata ©

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti