Thomas (economista Ocse): all’Italia servono tasse progressive sulle rendite
di Giuliana Lucini
4' di lettura
L'Ocse non raccomanda all'Italia di introdurre una patrimoniale, ma suggerisce piuttosto, per ridurre le disparità, di valutare un'aliquota progressiva sulle rendite da capitale e di rendere le tasse di successione più incisive. A spiegarlo è Alastair Thomas, l'economista co-autore del rapporto sulla tassazione dei risparmi delle famiglie pubblicato ieri dall'Ocse, che prende in esame anche vizi e virtù della tassazione sulla ricchezza netta.
«Il rapporto che abbiamo diffuso giovedì scorso mostra quali sono gli argomenti a favore di un'introduzione di questo tipo di tassa e quali sono gli argomenti contro e li discutiamo in dettaglio. La principale conclusione è che una tassa patrimoniale può essere solo una soluzione di ripiego», sottolinea Thomas in un colloquio con Radiocor.
«Quanto al fatto che l'Ocse possa raccomandare una tassa patrimoniale all'Italia, no, non lo faremmo», aggiunge l'economista. Se un Paese «ha una tassazione relativamente omnicomprensiva dei redditi da capitale, inclusa la tassazione dei capital gain e ha anche tasse di successione, non vediamo la necessità di aggiungere una tassa patrimoniale a queste forme di tassazione. Ne risulterebbe un livello di tassazione estremamente elevato, quindi noi non lo raccomanderemmo», è la spiegazione.
Abbassare soglia di esenzione della tassa di successione
L'Italia «ha una tassazione ragionevolmente diffusa sul reddito da capitale e tassa anche le plusvalenze. Quello che non ha è la tassa di successione nel suo significato tipico, nel senso che in Italia c' una soglia alquanto generosa, 1 milione di euro, prima che l'imposta scatti nel caso di figli e coniugi. Se è preoccupata per la disparità di ricchezza, l'Italia potrebbe prendere in considerazione l'abbassamento di questa soglia, piuttosto che pensare a una tassa patrimoniale», sottolinea Thomas.
Basta con l’aliquota piatta sui redditi da capitale
Da valutare potrebbe essere, poi, una qualche progressività nella tassazione sui redditi da capitale, considerando che l'Italia, come la maggior parte dei Paesi Ocse, ha una una ‘flat rate' sulla maggior parte degli asset. «Circa 20-25 anni fa molti Paesi hanno lasciato perdere la tassazione progressiva delle rendite da capitale, perché temevano l'evasione fiscale, cioè che la gente andasse a nascondere i soldi off-shore. In quel contesto è stata una mossa comprensibile. Ma adesso il quadro internazionale è cambiato e vige il regime dello scambio automatico di informazioni tra Stati in materia fiscale. È uno sviluppo che abbiamo atteso a lungo e cambia le regole del gioco, perché renderà più difficile nascondere i redditi ed evadere le tasse. Questo secondo noi è un ottimo motivo perché i Governi ripensino a un livello di progressività delle tasse sui redditi da capitale», spiega l'economista. Fermo restando che il grado di progressività è una questione specifica per ciascun Paese, «dato che c'è l'accordo sullo scambio internazionale di informazioni fiscali, noi raccomandiamo all'Italia di riconsiderare il merito di introdurre un qualche grado di progressività nella tassazione del reddito da capitale».
Tale progressività, tra l'altro, non dovrebbe essere limitata a una particolare forma di risparmio o di asset, ma dovrebbe essere per quanto possibile diffusa all'intera gamma dei redditi da capitale. «Altrimenti si finirebbe ancora una volta per favorire un particolare contribuente rispetto a un altro», perché a seconda dei mezzi finanziari che hanno le persone indirizzano i loro risparmi in forme diverse. Ad esempio, «la tassazione sui conti correnti colpisce soprattutto le famiglie più povere, perché i conti correnti rappresentano la grande maggioranza dei loro asset finanziari», mentre per le persone più ricche i conti in banca sono solo una delle forme di risparmio e comunque non la prevalente, rileva Thomas.
Fondi pensione: la deduzione favorisce le fasce alte di reddito
L'architettura dalla tassazione, in effetti, finisce in più casi per avvantaggiare i più abbienti, in Italia come altrove. Come nel caso dei fondi pensione privati. «Le concessioni di cui godono i fondi pensione privati possono risultare in un vantaggio sproporzionato per le persone più agiate. L'Italia fornisce un ragionevole livello di deducibilità dei contributi, fino a un massimo di 5.000 euro circa l'anno. Tuttavia, fornendo una deduzione d'imposta ai contributi, il risparmio fiscale è maggiore per un contribuente con un reddito elevato rispetto a un contribuente con un reddito più basso. Questo perché il contribuente più ricco ha un'aliquota marginale sul reddito da lavoro più elevata rispetto al contribuente meno abbiente e quindi la deduzione per la pensione privata riduce l'importo del reddito che è soggetto a un'aliquota marginale più elevata».
Senza contare che le persone più ricche possono avvalersi dell'intera deducibilità dei contributi, mentre le persone con reddito medio o basso, «magari contribuiscono 2.000, 1.000 o 500 euro l'anno e quindi fruiscono solo di una parte della somma deducibile». Secondo l'economista, «sarebbe meglio offrire in questo caso un credito fiscale, che non avrebbe effetti sproporzionati».
Rimodulare la tassa sulla prima casa
Anche nella tassazione della prima casa, che ha un'aliquota decisamente preferenziale in Italia, «va ricordato che i molto poveri non comprano casa, sono in affitto, oppure se la comprano, i meno abbienti lo fanno indebitandosi». Quindi, la bassa tassazione della prima casa non li avvantaggia in modo particolare e va a beneficio soprattutto dei redditi medi e alti, che oltretutto hanno presumibilmente case di maggior valore. Tra l'altro Thomas, in materia di immobili residenziali, consiglia l'abolizione dell'esenzione sui capital gain di lungo termine sulle proprietà in affitto.
Sulle tasse sugli immobili, tanto impopolari in Italia, la sottolineatura che arriva da Parigi è che oltre ad essere «applicate nella maggior parte dei Paesi, sono strumenti efficienti di tassazione e sono una delle tasse meno dannose per la crescita economica». Di una tassa, invece, l'Ocse raccomanda di fare a meno ed è quella sulle transazioni sui depositi bancari e anche sui bond societari e sulle azioni. «Sono tasse decisamente inusuali nell'Ocse. La nostra raccomandazione è di toglierle, non vediamo buoni motivi per tenerle», è il consiglio finale dell'economista.
loading...