Tim, l’assemblea boccia politica di remunerazione. E in Borsa sprofonda ancora
Pesano i ritocchi ritenuti ancora insufficienti sulla rete
di Andrea Biondi e Marigia Mangano
I punti chiave
3' di lettura
Giorno di assemblea, di conta e resa dei conti per Telecom Italia. L’assemblea dei soci avrebbe bocciato la politica di remunerazione, uno dei punti più divisivi all’ordine del giorno dell’assise. A inizio dell’assemblea, ricorda Radiocor, era presente, secondo quanto si apprende, il 53% del capitale. A quanto risulta al Sole 24 Ore il 45,7% dei presenti si è astenuto sui punti riguardati la remunerazione. Aspetto particolarmente contestato da Vivendi, azionista con il 24% circa del capitale, con il 29,2% a favore e e il 25,2% che ha votato contro.
Tim intanto continua a vestire la maglia nera a Piazza affari. Motivo? la bocciatura in assemblea si unisce al tema rete. Il rialzo delle offerte non è sufficiente. Lo dice Vivendi, primo socio della compagnia Tlc, che ha fissato a 31 miliardi il valore «congruo» per rinunciare alla Rete e minaccia. Ma lo dice anche la Borsa, appunto, con il titolo Tim ieri già in calo dell’8,3%, scivolato sotto quota 29 centesimi, a causa dei timori che la complicata partita per la Rete e Sparkle si riveli un nulla di fatto, con altro tempo perduto.
Tim continua così a pagare l’incertezza che aleggia sul processo di vendita di Netco in una giornata che si preannuncia cruciale per misurare gli umori dei grandi soci del gruppo Tlc e il tenore dello scontro oramai in corso tra Vivendi e il cda.
I giochi sulla rete
I giochi sulla rete restano dunque aperti, il cda farà le sue prime valutazioni il 4 maggio e i tempi per individuare una soluzione potrebbero essere ancora lunghi. Tanto più che le due nuove proposte, pervenute sul tavolo dell’operatore Tlc, restano comunque distanti dai desiderata della stessa Tim che aveva fissato la soglia minima per avviare trattative concrete a 20 miliardi di euro: da una parte la cordata Cdp-Macquaire ha messo sul piatto 19,3 miliardi, dall’altra gli americani di Kkr hanno ritoccato fino a 19 miliardi a cui si sommano altri 2 miliardi di earn out in caso di fusione tra Netco e Open Fiber. Sarà sufficiente per convincere il board e gli azionisti dell’operatore Tlc? E soprattutto, se non ci fossero margini per ulteriori arrotondamenti, la vendita della rete salterebbe davvero?
Gli orizzonti possibili
Sono questi i principali interrogativi che hanno tenuto banco ieri sul mercato e insieme ad essi anche i timori che se saltasse il banco della Rete per Tim si aprirebbe una fase assai complessa dove il tema della sostenibilità del debito (25 miliardi di euro lordi) guiderebbe le scelte strategiche, e magari accelererebbe dismissioni finora non messe in conto e anzi bollate come impossibili da mettere in agenda come la cessione del Brasile.
Uno scenario in cui non si escludono colpi di scena, inclusa l’eventualità che le manovre oramai in corso da tempo da parte dei francesi per coagulare una cordata disposta a portare Tim fuori dalla Borsa trovino i giusti appoggi.
I punti all’ordine del giorno e le previsioni di voto
Oggi intanto i riflettori sono puntati sull’assemblea di Tim e sulle maggioranze che si formeranno intorno ai diversi punti all’ordine del giorno. Fra questi, oltre al bilancio 2022 c’è la nomina del consigliere per il posto lasciato libero dal ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine che vede in lizza Paola Bruno, candidata dai fondi di Assogestioni e Franco Lombardi dei piccoli azionisti di Asati. Punto particolarmente spinoso è però quello della politica di remunerazione che il primo azionista, con quasi il 24% del capitale, ha messo nel mirino contestando in una missiva i compensi previsti per i manager di Tim, a partire dall’ad Pietro Labriola. Una presa di posizione netta a cui ha fatto seguito la richiesta ai francesi da parte del presidente del gruppo di Tlc, Salvatore Rossi, di tradurre in quesiti le critiche espresse, come poi è avvenuto.
Ora l’astensione di Vivendi con bocciatura della politica di remunerazione. Che unita alle giornatacce in Borsa conseguenti alle risposte del mercato alle offerte rischia ora di creare un cortocircuito pesante con impatto forte su board e vertici di Tim.
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