Tim, esclusa l’Opa totalitaria. Il Governo azzera il dossier tlc
Butti esclude gli scenari estremi e critica Cdp, pronta a sedere al tavolo sulla rete. Il gruppo paga l’addio al progetto con il crollo del 5,2%. Gallazzi cooptato in cda
di Andrea Biondi
I punti chiave
4' di lettura
Toni e parole sono tutt’altro che concilianti. Dal palco del 5G Italy, la conferenza internazionale organizzata dal Cnit, le dichiarazioni di Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica sono tutt’altro che concilianti nei confronti di un mai citato eppure fin troppo chiaro convitato di pietra: Cdp.
L’operazione che prevedeva la vendita della rete di Tim è arrivata allo stadio di un memorandum of understanding per un’offerta non vincolante da presentare entro il 30 novembre, «si è afflosciato perché non c’era copertura economica, non perché non piacesse al governo». E ancora: «Il Governo ha posto una serie di domande? Possiamo sapere quanto vale questa rete? Non si sapeva quanto vale la rete» oppure «Il progetto può avere l’assenso dell’Europa? Anche qui non c’era risposta».
Parole precedute in mattinata dalla presa d’atto di Cdp, Macquarie e Open Fiber dopo il sostanziale stop arrivato dal Governo il giorno prima (a firma del ministro Adolfo Urso e del sottosegretario Butti, ma con l’assenza fra i firmatari del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti). Ritenendo «opportuno soprassedere alle scadenze previste dal memorandum of understanding», Cdp, Macquarie e Open Fiber «manifestano sin d’ora piena disponibilità a partecipare» al tavolo di lavoro «per la definizione delle migliori soluzioni di mercato in prospettiva della Rete Nazionale» prospettato dal Governo che si è dato tempo fino al 31 dicembre.
Il nodo dell’Opa
In questo quadro il tempo stringe più che mai e al momento non è chiara quale sarà la strada sulla quale ci si indirizzerà. Che di certo non sarà un’Opa totalitaria di Cdp, bollata da Butti come «fantasia che si continua a leggere sui giornali». In serata sul tema è arrivata una precisazione del sottosegretario: «A domanda del giornalista che chiedeva di un’Opa totalitaria su Tim ho precisato che parlarne ora è pura fantasia e che, se quello fosse il caso, gli strumenti e le modalità saranno individuati a tempo debito dai soggetti in campo». Chiaro invece, continua Butti, l’obiettivo: «L’opportunità di avere una rete nazionale, a controllo pubblico e wholesale only».
La reazione in Borsa
Il contraccolpo in Borsa non si è comunque fatto attendere e dopo una partenza piatta il titolo Telecom ha chiuso in calo del 5,24% a 20 centesimi. Certo è che dopo lo stop al MoU si guarda alle possibili alternative. Fra queste allo studio, come anticipato sul Sole 24 Ore dell’8 novembre, c’è anche un’Opa parziale (l’acquisto fino al 60% concesso in alcuni casi). Per la quale, evidentemente, resterebbe il problema del consolidamento del debito da parte di Cdp che però sarebbe aggirato dalla vendita – che dovrebbe essere addirittura preventiva – di Tim Brasil e della parte servizi. Poi seguirebbe l’ingresso di Open Fiber (controllata al 60% da Cdp e al 40% da Macquarie). «Gli strumenti saranno individuati», ha replicato Butti a margine del convegno.
Rete unica a perimetro ristretto
Lavori in corso dunque, con anche Kkr e Vivendi che attendono di sapere come potranno stare in partita. Il Governo nelle ultime settimane ha considerato anche che la Commissione europea difficilmente darebbe il suo assenso a una rete unica su tutto il territorio nazionale. Per questo, come riportato sul Sole 24 Ore di ieri, prende quota l’idea di una rete unica a perimetro ristretto, limitata cioè alle aree bianche a fallimento di mercato e a una parte delle aree grigie semi-concorrenziali, quelle finanziate dai fondi pubblici del Pnrr.
Memorandum decaduto
Si vedrà. Dal canto suo il Cda di Tim che si è riunito mercoledì non ha potuto che prenderne atto del comunicato di Cdp, Macquarie e Open Fiber, dichiarando decaduto il MoU, e manifestare al Governo «la propria disponibilità al confronto nelle sedi istituzionali» sul progetto di creazione di una rete nazionale. Nel frattempo il piano di delayering, la separazione degli asset, presentato dall’ad Pietro Labriola al mercato non si ferma e Tim va avanti «a valutare tutte le opzioni strategiche che consentano di perseguire al meglio gli obiettivi del superamento dell’integrazione verticale e della riduzione dell’indebitamento».
Il nodo investimenti
Tanto più in una industry che soffre in generale. Sempre al 5G Italy i ceo delle principali telco italiane hanno indirizzaro un messaggio chiaro all’esecutivo, chiedendo interventi immediati per sostenere gli investimenti della industry nelle nuove reti, oppure nel 2023 sarà impossibile investire per realizzare le nuove reti. «È in grado il mercato di reggere 5 operatori mobili? Abbiamo creato un modello di competizione irrazionale che ha ridotto i ricavi e capacità di investimenti», sono state le parole del ceo Tim. Benedetto Levi (Iliad) ha dal canto suo ribadito che in caso di consolidamento la compagnia vorrà giocare un ruolo attivo mentre Gianluca Corti (Wind Tre) ha parlato di «nuova politica industriale per continuare a investire in reti». In merito alla rete unica «se saremo invitati a questo tavolo ovviamente lo faremo con grande piacere e con entusiasmo per poter partecipare a una operazione che, dal nostro punto di vista, deve andare ad accelerare quello che è il rollout sulle reti di nuova generazione ad alta capacità del territorio italiano», ha chiosato il ceo Vodafone Aldo Bisio.
Il Cda Tim ha cooptato Giulio Gallazzi al posto di Luca De Meo con il Comitato nomine che ha avviato la pratica per la sostituzione di Frank Cadoret. Quanto alla possibile azione di responsabilità nei confronti dell’ex ad Luigi Gubitosi e del precedente consiglio per il deal con Dazn se ne è parlato, ma senza prendere decisioni.
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