Tir, dall’acciaio al calcestruzzo: è allarme per i nuovi limiti ai carichi eccezionali
Impatti negativi rilevanti sui settori manifatturieri direttamente interessati: acciaio, grandi travi in calcestruzzo e blocchi di pietra, ma anche sulla ripresa dell’economia
di Giovanna Mancini e Matteo Meneghello
4' di lettura
«Il calcolo è elementare. Se prima bastava un camion, ora per ogni carico le aziende saranno costrette a utilizzarne due o tre. Viaggi, costi ed emissioni saranno più del doppio». Il direttore generale di Federacciai, Flavio Bregant, prova a fare i conti, visto che, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l’emendamento al codice della strada contenuto nel Dl infrastrutture diventerà legge. Per le aziende siderurgiche - ma non solo - non sarà più possibile utilizzare trasporti eccezionali anche nel caso di un «multi-carico»: questa eventualità è ora prevista solo per un «unico pezzo indivisibile».
«Si fatica a capire - spiega Bregant -, anche perché, per evitare rischi alla sicurezza, dopo la vicenda di Annone Brianza, già oggi non è possibile viaggiare senza autorizzazione: si verifica il carico e il percorso e se non c’è l’ok si sta fermi». La paralisi delle merci è un rischio che la siderurgia si prepara ad affrontare in un quadro già problematico. «I costruttori lamentano rallentamenti, è difficile ritirare le merci dai porti, mancano mezzi e autisti - spiega Bregant -. Abbiamo calcolato che nel solo Nord-Est si contano, in siderurgia, tra i 27mila e i 54mila trasporti eccezionali all’anno. Questo significa che ora serviranno quasi 100mila i camion.
Le ricadute sull’economia
Una repentina richiesta di raddoppio che rallenterà ulteriormente le consegne nei cantieri e nelle aziende che stanno rincorrendo la ritrovata domanda. Questa norma rallenta la ripresa del Paese». Le valutazioni dei produttori, come ha confermato giovedì il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato, lanciando per primo l’allarme, confermano il quadro di difficoltà. «Siamo tutti preoccupati – spiegano dal quartier generale del Gruppo Marcegaglia – è una modifica grave, che non solo impatta sulla siderurgia, ma rischia di avere conseguenze, anche a livello di costi, su altri comparti, già oggi alle prese con la difficoltà di reperire mezzi e trasportatori. Si rischia un fermo merci drammatico, perché rispetto alle attuali modalità di trasporto eccezionale, con l’entrata in vigore di questa norma, tra 4 giorni, ci saranno aziende costrette a trasportare su mezzi standard almeno il 50% in più dei volumi, il che vorrà dire aumentare traffico ed emissioni.
La logistica
Senza considerare le ripercussioni sulla logistica che pure vive una situazione critica, si pensi a quello che sta accadendo nei porti». Per Paolo Sangoi, presidente di Assofermet, l’associazione che rappresenta i distributori di acciaio «questa novità va nella direzione opposta rispetto alle necessità della filiera della logistica. La situazione è già fuori controllo, si fatica a fissare le tariffe di trasporto, mancano mezzi ed autisti e una norma come questa non ci voleva. Inevitabilmente avremo un impatto sui costi e sulla disponibilità di collegamenti».
Manufatti in calcestruzzo
Anche Manuel Boccolini, vice-presidente di Assobeton (manufatti in calcestruzzo prefabbricati) si dice fortemente preoccupato per un provvedimento «che non ha motivazioni dal punto di vista tecnico, ma solo conseguenze pesantissime per il nostro comparto in cui i trasporti eccezionali sono inevitabili in certi casi, perché i nostri manufatti non si possono accorciare o allungare». Assobeton ha stimato che la nuova norma comporterà un aumento di circa il 50% in più dei carichi eccezionali per il settore, con un incremento dei costi per le imprese del 5-6%, che si aggiungono ai rincari sulle materie prime a livello mondiale: «Con due righe di emendamento di cui davvero non capiamo la ragione, si determinerà un forte aggravio di costi per le nostre aziende, che finalmente stanno ritrovando dinamicità e fiducia dopo dieci anni di crisi pesantissima»
La posizione di Confindustria
Il mondo dell’industria reagisce compatto esprimendo «fortissima preoccupazione» per la modifica introdotta del Dl Infrastrutture: «Si tratta di interventi che avranno impatti negativi rilevanti sui settori manifatturieri direttamente interessati, ovvero acciaio, grandi travi in calcestruzzo e blocchi di pietra, senza tutelare in alcun modo la sicurezza e l’ambiente», commenta Vito Grassi, vice-presidente di Confindustria e presidente del Consiglio delle Rappresentanze regionali e per le Politiche di coesione territoriale. Confindustria chiede pertanto al governo e al Parlamento di procedere alla soppressione della norma, riportando la disciplina alla sua formulazione in vigore: «Le modifiche introdotte genereranno aggravi di costi, perdite occupazionali e, in alcuni casi, crisi d’impresa – aggiunge Grassi –. Senza contare l’impatto negativo sull’ambiente, a causa di una maggiore congestione di traffico, e alla difficoltà nel reperire gli autisti». Ora che il Paese sta procedendo alla realizzazione di numerose grandi opere, la modifica «comporterebbe aumenti dei tempi di consegna dei manufatti e aggravi dei costi di realizzazione, già stressati dalla crescita fuori controllo dei prezzi delle materie prime», dice ancora Grassi.
Rischio frenata per l’edilizia
Preoccupazione condivisa dal presidente di Ance, Gabriele Buia: «Nel mondo delle costruzioni ci sono delle lavorazioni che necessitano di trasporti speciali, penso ai prefabbricati o ai grossi manufatti metallici. Ma oltre a questo, il nostro settore sta affrontando forti tensioni dovute al caro materiali e all’allungamento delle tempistiche. Se si sommano anche problematiche legate ai trasporti, con un ulteriore allungamento dei tempi e un aumento dei costi, non fa bene al settore chiamato a dare sforzo per centrare obiettivo di realizzazione delel grandi infrastrutture che sono nevralgiche per il rilancio del Paese». Buia spera perciò che possa essere rivista una norma che «graverebbe troppo sugli sforzi che stiamo facendo per stare centrare gli obiettivi di produzione in un tempo limitato».
Gli altri settori
«Ci sembra un ulteriore ostacolo all’attività delle imprese che producono beni strumentali, già frenate nel cavalcare la ripresa dall’aumento dei costi produttivi e dalla mancanza di materie prime – commenta Paolo Lamberti, vice-presidente di Acimac (costruttori di macchine per la ceramica) –. Queste modifiche impatteranno in anche sulla sostenibilità ambientale dei trasporti su gomma, senza alcun significativo vantaggio in termini di sicurezza della circolazione».
L’impatto della norma, a cascata, potrebbe colpire indirettamente anche altri settori, come fa notare Francesco Spigolon, consigliere incaricato per gli imballaggi industriali di FederlegnoArredo: «I nostri clienti sono i produttori di beni che questa modifica rischia di rendere meno competitivi a livello globale, in un momento in cui l’industria è già colpita da rincari e scarsità dei componenti e dai costi dei trasporti. Quindi appoggio la posizione di Confindustria, che chiede di cancellare l’emendamento».
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