I punti chiave
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Lo scorporo dei titoli di Stato dall’Isee non avrà una franchigia, quindi sarà valido per la totalità delle somme detenute in questa forma di risparmio. L’esclusione ai fini del calcolo dell’indicatore, inoltre, avrà validità per la totalità delle prestazioni “agganciate” all’Isee: quelle di contrasto alla povertà, come l’assegno di inclusione; quelle di sostegno per i figli, come l’assegno unico; l’accesso al diritto allo studio per gli studenti universitari o agli istituti di cura per gli anziani; e così via.
A prevederlo, nella bozza del testo della legge di Bilancio presentata dal Governo, è un articolo ad hoc in cui si dispone l’esclusione ai fini del calcolo dell’Isee dei titoli di stato, cosi come definiti dall’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398. L’esclusione, dunque, riguarda solo i titoli di Stato italiani.
In questo modo la manovra dispone la modifica della normativa sull’Isee (in particolare del decreto 159/2013 che disciplina lo strumento). Tale modifica andrà poi recepita da Caf, patronati e da Inps che definisce le modalità di compilazione della Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu, anche precompilata online) da inviare annualmente per poter richiedere l’aggiornamento dell’indicatore. Si ipotizza che la cifra detenuta dal nucleo familiare in titoli di Stato, una volta approvata la normativa in esame, non andrà nemmeno più inserita tra le voci che andranno ad alimentare il patrimonio mobiliare del richiedente. Ma si ricorda che la Dsu fotografa il patrimonio mobiliare sempre al 31 dicembre del secondo anno che precede quello in cui si presenta la richiesta dell’Isee: pertanto nell’Isee 2024 ancora non sarà possibile escludere eventuali acquisti di Btp effettuati nel corso del 2023.
La norma sui titoli di Stato è stata fortemente voluta dal Governo Meloni che più volte – anche in passato – ha detto di voler mettere mano all’Isee.
Come funziona l’Isee
L’indicatore della situazione economica equivalente è lo strumento che misura la condizione economica delle famiglie italiane e viene utilizzato per accedere (e modulare) numerose misure di welfare. La normativa che disciplina lo strumento spiega che l’indicatore è dato dalla somma della situazione reddituale e del 20% della situazione patrimoniale (che pesa, appunto, solo per un quinto rispetto al totale). Su questa cifra viene poi applicata la scala di equivalenza in base alle caratteristiche del nucleo familiare (numerosità e tipologia). Oggi nella componente patrimoniale rientrano, ovviamente, immobili e beni mobiliari quali i conti correnti (certificati dalla cosiddetta giacenza media o dal saldo relativo alla seconda annualità precedente), ma anche certificati di deposito, obbligazioni e titoli di Stato, quote di organismi di investimento collettivo del risparmio, azioni, eccetera.
I riflessi pratici
La quota di debito italiano in mano alle famiglie è oggi appena del 10% (solo nel 2010 era al 23 per cento). Ma basta fare un esempio per capire la portata della misura. Non tanto l’impatto che essa avrà nel calcolo dell’Isee, quanto la possibile spinta che darà nel trasferire le risorse dai conti correnti verso l’acquisto di titoli di Stato. Ad esempio, un nucleo familiare con due figli di sette e nove anni e 50mila euro di risparmi potrebbe così accedere a prestazioni sociali altrimenti inaccessibili.
Ipotizzando che i genitori siano entrambi lavoratori e che la somma dei loro redditi arrivi a 90mila euro, con una casa di proprietà (680 euro di rendita catastale), la situazione patrimoniale potrebbe trovarsi davanti a un bivio. A fronte di 50mila euro di risparmi complessivi, se questi restassero fermi sul conto corrente l’Isee arriverebbe a 39.975 euro. Se, invece, i due coniugi investissero parte di questi risparmi in titoli di Stato – ipotizziamo 30mila euro – si otterrebbero due benefici:
- questi 30mila euro non verrebbero più conteggiati nel valore del patrimonio mobiliare posseduto;
- e determinerebbero, “uscendo” dai conti correnti per essere investiti, un abbattimento della giacenza media a 20mila euro, portando l’Isee a 37.719 euro.
In questo modo la famiglia del nostro esempio otterrebbe lo stesso Isee di un altro nucleo che, invece, quei 30mila euro non li ha mai avuti. Sollevando in questo modo anche non pochi problemi di compatibilità con le normative comunitarie (per il trattamento differenziato a parità di patrimonio di cui godrebbero titoli di Stato di diversi Paesi) e di concorrenza con altre forme di risparmio che non godrebbero di questo regime di favore.
Le reazioni
Le prime reazioni alla nuova norma contenuta nella legge di Bilancio sottolineano alcuni paradossi. «Il fatto che la prima casa verrà ancora conteggiata ai fini del calcolo dell’Isee e i Btp non più, sinceramente stride molto», commenta Adriano Bordignon presidente del Forum delle associazioni familiari. La prima casa, infatti, continuerebbe a pesare tra le voci che contribuiscono a determinare il patrimonio immobiliare del contribuente, seppur con una franchigia di abbattimento e con la possibilità di attutire l’impatto dell’abitazione di proprietà in presenza di un mutuo ancora attivo. Nel patrimonio mobiliare, che pesa appunto per il 20% sull’indicatore, verrebbero invece esclusi i titoli di Stato. «Quindi la casa dove vivi, che per definizione non può essere una rendita perché nessuna famiglia si vende la casa se è in difficoltà, peserà sull’Isee e i Btp invece, che una rendita lo sono, usciranno fuori? Ci sembra una discriminazione», chiosa Bordignon.
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