Tiziano Renzi, il babbo-prezzemolo che non riesce ad andare in pensione
di Riccardo Ferrazza
2' di lettura
«Chiedo cortesemente di non essere accostato a personaggi come il signor Antonio Di Maio» aveva scritto Tiziano Renzi quando esplose il caso del padre del capo politico del Movimento 5 Stelle e della sua azienda con dipendenti in nero e depositi abusivi. La verità è che, finito ieri agli arresti domiciliari insieme alla moglie, Renzi senior è diventato il protagonista principale della “saga dei padri”, effetto non previsto dell’ascesa di una classe politica giovane che ha portato alla ribalta la nuova figura del “padre imbarazzante”. Gli altri interpreti sono, oltre al genitore di Di Maio, quello di Alessandro Di Battista e, sul fronte Pd, di Maria Elena Boschi.
Ai Pm che lo interrogavano per l’intricato caso Consip (chiesta per lui l’archiviazione), Tiziano Renzi disse di ritenersi un «bersaglio facile» a causa del quel suo cognome, portato dal figlio nel giro di breve tempo prima al vertice del Pd e poi dritto a Palazzo Chigi. A tenere alta l’attenzione ha però contribuito lui stesso: ex consigliere comunale, un passato nella Democrazia cristiana («corrente Donat Cattin»), poi segretario comunale del Pd nella sua Rignano d’Arno, organizzatore insieme all’imprenditore Carlo Russo di pellegrinaggi a Medjugorje in Bosnia-Erzegovina (dagli atti spuntò fuori anche una sua richiesta all’ad Consip per la posa della statua della Madonna all’ospedale padiatrico Meyer di Firenze), Tiziano Renzi - 68 anni, barbetta bianca, sigaro fisso in bocca e cappello a falda larga - è sempre stato parecchio attivo e molto presente nella sua cittadina tanto da meritarsi tra i suoi concittadini il nomignolo di “prezzemolo”.
Una volta, quando Renzi junior stava cominciando a emergere, Renzi senior confessò, come in una profezia, che a dargli fastidio era soprattutto «chi attacca la famiglia e l’azienda». L’attenzione mediatica e giudiziaria deve aver sfiancato anche lui che, nelle interviste, si definiva «più fumantino» del figlio. Così, lo scorso ottobre, aveva acquistato una pagina sul Resto del Carlino per l’annuncio: «Mi arrendo, lascio ogni incarico, vado in pensione e tra un’udienza e l’altra farò il nonno». Il figlio aveva provato a convincerlo già nel 2012: in una chiacchierata fatta per il settimanale “Chi”, gli diceva che «la tua generazione si è impegnata molto per cambiare l’Italia. Avete avuto nel sangue la passione per la politica e tu stesso ci hai provato. Ma diciamo la verità: oggi dovete passare la mano».
Emblematico il reato per il quale Renzi senior risulta indagato, insieme all’amico imprenditore Carlo Russo e all’ex parlamentare e consulente dell’imprenditore Alfredo Romeo, Italo Bocchino (ex An), in uno dei filoni della maxi e intricata inchiesta Consip: traffico d’influenze. L’ipotesi dei magistrati era che Romeo abbia pagato Renzi senior e Russo perché facessero pressioni sui vertici Consip in modo da favorirlo negli appalti per la gara cosiddetta FM4 (Facility management), dall’importo complessivo di ben 2,7 miliardi di euro, definita la più ricca d’EuropaFM4. La procura di Roma ha in seguito chiesto l’archiviazione ma ha rilevato che, nel corso dell’interrogatorio del 7 marzo del 2017, Tiziano Renzi fece «affermazioni non credibili», fornendo una «inverosimile ricostruzione dei fatti». Tuttavia, «non è dato rinvenire alcun elemento» che faccia supporre un «accordo illecito con Russo».
loading...