Oltre l’influencer: perché Tod’s ha puntato su Chiara Ferragni e la sua creatività imprenditoriale
Il gruppo guidato da Diego Della Valle guarda da tempo oltre la pandemia, investendo sui giovani talenti globali e sui progetti con le scuole di moda
di Giulia Crivelli
6' di lettura
L’annuncio che ha avuto la maggior eco è arrivato venerdì 9 aprile, quando il gruppo Tod’s ha comunicato l’entrata di Chiara Ferragni nel consiglio di amministrazione della società, che è quotata alla Borsa di Milano dal 2000 e che quindi ha nel cda la massima espressione di indirizzo delle strategie aziendali, oltre che naturalmente di approvazione dei bilanci. L’eco è stata mediatica (sul web nel giorno dell’annuncio, su ogni altro mezzo d’informazione in quelli successivi) e borsistica, per così dire: venerdì 9 aprile il titolo Tod’s ha guadagnato il 14%, chiudendo a 32,74 euro. I rialzi sono proseguiti nelle due successive giornate di negoziazioni, lunedì 12 aprile e oggi.
Ma i numeri fotografano solo una parte del quadro. O meglio: illustrano ma non spiegano fino in fondo il successo dell’annuncio della cooptazione di Chiara Ferragni nel cda di uno dei principali gruppi del lusso italiani, che ha in portafoglio, oltre a Tod’s, i marchi Hogan, Fay e Roger Vivier. Più che una cooptazione, si tratta di un tassello della strategia del gruppo guidato da Diego Della Valle, che sembra già proiettato oltre la pandemia, grazie a molti progetti e iniziative, nei quali ben si inserisce la scelta del nuovo membro del cda.
Un nuovo mondo richiede nuove definizioni
Se per Tod’s non è difficile – ed è sufficientemente calzante – la definizione “gruppo del lusso”, molto più difficile è, oggi, raccontare in poche parole Chiara Ferragni. You’ve come a long way, girl, direbbe forse un americano: di strada questa giovane donna (compirà 34 anni il 7 maggio) ne ha fatta davvero tanta. Iniziando da un blog, The blonde salad, nel 2009: sono passati solo undici anni ma i blog si sono di fatto estinti. O evoluti, si potrebbe dire. La selezione della specie, nel mondo rivoluzionato da internet, è spietata e velocissima.
Chiara Ferragni è passata, nei tempi accelerati che il digitale esige – e che sono spesso inaffrontabili o comunque temibili per chi non è nativo digitale né millennial – dal dare consigli di stile come blogger di moda al vendere o promuovere prodotti. A quel punto è diventata una influencer, ovvero una persona che può, letteralmente, influenzare i comportamenti di acquisto, se non il gusto, di chi la “segue” sui social. Non semplice pubblicità, non endorsement, non apparizioni come testimonial: l’influencer dell’era digitale può contare su una misurazione scientifica di follower, contatti, passaggi diretti dalle sue pagine social ai siti dove si possono comprare i prodotti o servizi di cui parla.
L’influencer – ai livelli di Chiara Ferragni, 23,3 milioni di follower solo su Instagram – ha un potere contrattuale molto grande nei confronti dei brand. Ma lei non è già più un’influencer: a guardar bene una definizione ancora non c’è. Imprenditrice digitale non è sbagliato, naturalmente: come ha scritto Monica D’Ascenzo sul Sole 24 Ore di sabato 10 aprile, le società delle quali Chiara Ferragni è socia di maggioranza, The Crew (al 55%) e Sisterhood (al 99%) hanno chiuso il 2019 con utili, rispettivamente, di 450mila e 4,995 milioni di euro.
Il tocco da Regina Mida che può servire (anche) a Tod’s
A differenza di tante altre influencer, italiane e americane, Chiara Ferragni sceglie prodotti, aziende, marchi, eventi, cause, senza un apparente filo rosso. Spazia dalle borracce in alluminio alle uova di Pasqua e ai biscotti Oreo; dalla sfilata di una maison del lusso più autentico come Dior alla fine jewellery di Swarovski; dagli occhiali in edizione limitata per Salmoiraghi&Viganò (gruppo Luxottica), andati esauriti in pochi giorni dal lancio, alla collaborazione con Pomellato.
Il filo rosso probabilmente c’è, anche se solo Chiara Ferragni potrebbe confermarlo o spiegarlo: i suoi gusti, le sue passioni, il suo intuito, senza disdegnare alcuna fascia di consumatori o target. Fatto sta che ogni cosa che tocca (o quasi) diventa oro: oltre all’eco fuori e dentro al web ci sono le vendite, online o nei negozi (i biscotti Oreo e le uova di Pasqua a marchio Chiara Ferragni si trovavano anche nei supermercati). Imprenditrice digitale, dicevamo. Ma con una coscienza sociale, come forse dovrebbe avere qualunque imprenditore o imprenditrice, coscienza che lei ha però ormai integrato in moltissime delle sue scelte. Senza mai sentenziare o apertamente giudicare: uno dei doni di questa giovane donna è la leggerezza, nel senso che Italo Calvino dava al termine.
E l’educazione e correttezza, che traspaiono chiaramente dal documentario Unposted , presentato al festival del cinema di Venezia del settembre 2019. Invidiosi, leoni da tastiera e veri e propri haters di Chiara Ferragni se ne trovano a bizzeffe. Molto più difficile – anzi, impossibile – trovare qualcuno che abbia lavorato o collaborato con lei che ne parli male. Anche tra queste qualità e caratteristiche va cercata la spiegazione della cooptazione da parte di Tod’s.
Intuire i gusti dei consumatori e ideare progetti sostenibili
Diego Della Valle l’ha detto chiaramente: «La conoscenza di Chiara del mondo dei giovani sarà sicuramente preziosa. Inoltre, insieme, cercheremo di costruire progetti solidali e di sostegno per chi ha più bisogno, sensibilizzando e coinvolgendo sempre di più le nuove generazioni in operazioni di questo tipo». E torniamo al grande tema della sostenibilità sociale: all’inizio della pandemia, Chiara Ferragni e il marito Fedez promossero una raccolta fondi per l’ospedale San Raffaele, iniziando con una donazione di 100mila euro. Alla fine si arrivò a quasi 4 milioni, che permisero di potenziare il reparto di terapia intensiva dell’ospedale milanese.
Sempre per restare nell’emergenza sanitaria, qualche settimana fa Chiara Ferragni segnalò le inefficenze della campagna vaccinale in Lombardia e le falle nell’assicurare la copertura necessaria alle persone anziane. Partì da un caso personale (la nonna del marito), ma le sue stories su Instagram ebbero un’eco incredibile e si potrebbe arrivare a vedere un nesso tra la presa di posizione di Chiara Ferragni e l’oggettiva accelerazione delle vaccinazioni delle persone over 80 dei giorni seguenti alla sua denuncia.
Il precedente di Borsa con Aeffe
Far balzare le quotazioni di un titolo non è una assoluta novità per Chiara Ferragni: come segnalò il quotidiano americano Wwd, che dedicò un articolo il 25 novembre 2020 a quel che accadde nel giorno dell’annuncio di un accordo di licenza con Velmar per linee di abbigliamento intimo e costumi da bagno a marchio Chiara Ferragni. Il titolo di Aeffe, che controlla Velmar e ha in portafoglio Alberta Ferretti, Pollini, Moschino, Philosophy by Lorenzo Serafini, fece segnare un aumento del 18,93% . Per vedere le collezioni frutto dell’accordo di licenza pluriennale occorre però aspettare il prossimo autunno.
La necessità di capire i giovani
È forse la prima parte delle dichiarazione di Diego Della Valle, fondatore, presidente e amministratore delegato del gruppo Tod’s, ad avere maggior portata: Chiara Ferragni ha 34 anni, ma ha trasformato la sua passione per la moda in business da oltre dieci anni. In questo lasso di tempo la moda è cambiata moltissimo, spinta dalla rivoluzione digitale e dai tanti cambiamenti sociali, culturali ed economici che ha provocato o accelerato.
Chiara Ferragni è sempre rimasta al passo, come se avesse trovato il giusto “mix and match” di strumenti per non perdere il tocco da Regina Mida: passione, certo, ma anche determinazione, capacità di sopportare i ritmi sincopati della moda, correttezza, come dicevamo, e, last but not least, autoironia, come traspare chiaramente dalle stories e post online che coinvolgono il marito o i due figli.
La “gestione pubblica” della sfera personale è fondamentale (su Instagram sono apparse anche le ecografie della seconda gravidanza) e sicuramente parte integrante del suo successo. Questa esposizione ha portato a Chiara Ferragni molte critiche, ma la rende ancora più accessibile, in senso digitale, mostrandola come madre e moglie, oltre che giovane donna alla quale piace il lavoro che si è “inventata”. Una “cassetta degli attrezzi” che può essere molto utile al gruppo Tod’s: i coetanei di Chiara, in molti Paesi, sono già clienti del lusso. Quelli più giovani potranno diventarlo. I marchi di Della Valle devono sapere offrire a loro – come a tutti gli altri clienti – collezioni che si senta la voglia o il bisogno di acquistare.
Il sostegno alle scuole, in Italia e all’estero
È in questa ottica di aprirsi al mondo dei giovani che il gruppo Tod’s ha inanellato, anche in questo cupo periodo di pandemia, una serie di progetti a favore dei giovani talenti della moda e delle scuole italiane e non. Il 19 febbraio, in apertura della London Fashion Week, è stata presentata Tod’s Legacy, iniziativa coordinata da Fabio Piras , course director del Central Saint Martins fashion course e frutto della collaborazione con il noto art and design college, il Central Saint Martins, avviata nel luglio 2020 nell’ambito di Tod’s Academy.
Protagonisti del progetto Tod’s Legacy sono 35 giovani designer scelti direttamente dalla Saint Martins, provenienti da ogni angolo del globo: «Una selezione senza frontiere, che arricchisce il mondo Tod’s di ulteriori sfaccettature, di nuovi punti di vista, visioni e valori – aveva commentato Della Valle –. Attraverso questa collaborazione, in un’ottica di sostenibilità sociale, ciascuno di essi ha ricevuto una scholarship, ovvero un supporto concreto ai propri studi e al proprio sviluppo professionale».
La partnership con il Polimoda di Firenze
Un mese dopo la presentazione di Tod’s Legacy, nel marzo scorso, è arrivato l’annuncio della collaborazione con il Polimoda di Firenze per il lancio di un master destinato a formare i nuovi protagonisti del bag design: un percorso di specializzazione di nove mesi, tenuto in inglese e frequentato da giovani provenienti da tutto il mondo, che scelgono di Firenze anche per la sua tradizione artigianale nel settore. Polimoda si trova nel cuore del distretto fiorentino della pelle, dove ha sede la più grande filiera specializzata nell’alto di gamma.
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