Tod’s stravolge i classici con gusto, da Gucci severità borghese (in attesa di De Sarno)
Tra rigore ed erotismo, temi apicali della stagione, la moda sembra voler andare oltre la Generazione Z
di Angelo Flaccavento
3' di lettura
Rigore ed erotismo, combinati, sono il tema apicale della stagione. Al di là del ritorno ad una femminilità insieme più coperta e carnale, quel che conta è un significativo slittamento di immaginario, via dal pantano giovanilista e dall’ossessione Gen Z del recente passato. L’allungamento dell’età media e il definitivo sdoganamento dei 50 anni come i nuovi 40, e via scalando, non è certo da sottovalutare, anche se va avanti ormai da decenni. Forse, semplicemente, si è compreso che a mantener deste le volubili attenzioni del suddetto segmento generazionale non bastano le felpe e le cose facili. Ci vuole la moda, con la M maiuscola.
Walter Chiapponi, da Tod’s, usa più volte l’aggettivo algida per definire l’allure di una donna invero di ghiaccio, ma bollente. Con gusto e sapienza, e una ammirevole sottigliezza, lavora sui classici, che stravolge a colpi di proporzioni e sproporzioni, per cui blouson e gonne diventano microscopici, mentre i cappotti si allungano e i tailleur pantaloni si allargano, ma perdono i rever; il tutto in una palette neutra tra buon gusto senza tempo e scatola dei trucchi. Il corpo, nudo e tonico, è il vero protagonista: occhieggia di continuo, lo si percepisce evocato eroticamente nello spazio che lo separa dai vestiti.
Da Gucci la nudità è sfacciata, velata, ingioiellata, esacerbata dal contrasto, invero pradesco, con una certa severità borghese. In quanto opus di passaggio, collegamento tra la direzione creativa di Alessandro Michele e quella di Sabato De Sarno, la collezione non è di semplice valutazione, in primo luogo perché disegnata collegialmente. Nonostante l’indubbio talento dei singoli, l’assenza di un capitano si sente: manca il leader che decide il punto di vista, e magari lo difende dal dilagare di richieste da parte dei piani alti. In questo clima, la direzione scelta è in qualche modo conservativa: si opta per una curatela di pezzi d’archivio, inclinando verso la seduttività halstoniana di Tom Ford in una ovvia damnatio memoriae rispetto al pastiche eccentrico di Alessandro Michele, con qualche eco non necessario dell'altro marchio trainante di casa Kering, Balenciaga. Il risultato è una sorta di campionario di tipi e stili, con poco logo e tanto vintage: un riassunto e una ricapitolazione, prima del nuovo inizio.
La voglia di crescere porta a confrontarsi con una dimensione più seria del fare moda. Da GCDS, Giuliano Calza abbandona i deliri cartoon e i logo elettrici per esplorare il formale, finanche il perbene - abiti da sera, suit sartoriali, tailleurini da sciura. È il suo sentire, e si apprezza la testardaggine nel perseguirlo, ma l’esecuzione abbisogna di sostanziali affinamenti.
Andrea Adamo è solo alla terza sfilata, ma si sforza in ogni modo di non cadere nella trappola della formula. Al centro del suo racconto stanno sempre i capi che strizzano la figura, ma adesso si manifestano anche nuovi volumi, movimenti che creano allungamenti, aperture che generano sfaldature, con il tailoring dalle forme abbondanti a coprire tutto. Il risultato è un caos controllato che affascina, seppur a tratti pesante.
Da Sportmax si snuda e si semplifica per arrivare all’essenziale di forme che oscillano tra il corpo proiettato del tailoring mascolino e quello rivelato dei drappeggi, dei nodi e della lingerie squisitamente femminili. Lorenzo Serafini da Philosophy è ambivalente: ripropone i drappeggi alla Romeo Gigli della scorsa stagione per tagliarli con una iniezione decisa di sexy sartoriale, ma c’è poco sapore nell’operazione.
Da Moschino la gag di stagione è una liquefazione dei classici dal tono aristopunk: divertente, ma anche ennesima iterazione di una formula che ha perso smalto. Rompere lo schema, ormai prigione, farebbe bene anche ad Act N.1: il tulle, le stampe, il tailoring e gli show plumbei sono di certo un codice identitario, ma è troppo presto per renderlo cementizio. La sfilata in formato stage diving di Sunnei, in fine, è la riprova di come anche un piccolo budget possa generare un grande impatto. I vestiti sono quelli di sempre, modulari e colorati, ma l'energia è rinvigorente
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