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Tomasi di Lampedusa, il principe romanziere parla fra sé e sé

Casa Lampedusa è un romanzo di Steven Price per i tipi di Bompiani ed è una biografia dello scrittore

di Salvatore Silvano Nigro

4' di lettura

Casa Lampedusa è un romanzo di Steven Price. Ed è una biografia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il protagonista, che esce dai primi due capitoli ambientati nel 1955, viene incontro ai lettori grave e austero. Ha cinquantotto anni. Non è vecchio. È «antico».

I suoi passi sono come quelli di un fantasma. Il titolo nobiliare lo vuole principe di Lampedusa. Ma in quell’isola non ha mai messo piede. La definisce un’isola posta «ai confini del mondo», una figura araldica, azzurra, «fatta di nulla». Lui, Tomasi, abita un palazzo fatiscente. Non è la sua vera casa. Quella che ha sempre considerato sua, durante la guerra è stata cancellata da una bomba. Era il 1943. Tomasi tra i suoi antenati vanta santi e mistici. Ha viaggiato. Ha amato l’Inghilterra. Conserva buoni ricordi di Parigi. È andato nella boscosa Lettonia. Ha persino amato «come uno sconfitto i suoi patimenti nei campi di prigionia austriaci durante la Grande Guerra».

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Ora, nella sua Palermo polverosa, in una «abitazione» estranea, lo trafigge una «violenta desolazione». È incline alla solitudine e alla malinconia (come aveva immaginato Marguerite Yourcenar, dopo aver letto Il Gattopardo). E vive ricostruendo ricordi. Ha accanto la moglie, Alessandra Wolf, detta Licy, psicanalista: donna amata «per la sua intelligenza e per la solitudine». Anche Licy è «orfana» della casa sequestrata, con l’intera tenuta, dai russi a Stomersee in Lettonia. La moglie è l’unica a sapere che Giuseppe Tomasi sta scrivendo Il Gattopardo, nel quale un antenato, «il principe, Don Fabrizio, avrebbe assistito inquieto al tramonto del proprio mondo, del proprio ceto, e all’avvento del nuovo regno d’Italia».

Gioacchino Lanza

Attorno a Giuseppe Tomasi si riuniscono dei giovani, Gioacchino Lanza e la sua fidanzata Mirella, Francesco Orlando e Francesco Agnello. A loro il principe tiene dei corsi di letteratura. E a Orlando e a Mirella, improvvisatisi dattilografi, Tomasi detta il suo romanzo e, rileggendolo si rende conto dell’affinità che lo lega al protagonista dell’opera: «A volte aveva la sensazione di stare ad ascoltare il romanzo che parlava tra sé e sé. Il suo principe l’aveva sempre visto come un uomo svuotato per aver perduto la fede, e ora capiva che in realtà era l’ultimo dei devoti. Ma la sua era una fede nella tradizione, nelle sorti di una grande famiglia, e allora Giuseppe si rendeva conto di essere arrivato, attraverso la scrittura, alla propria amarezza, di essersi avvicinato all’uomo che avrebbe voluto essere. Il principe era solo, impassibile, non aveva bisogno di nessuno; e proprio per questo, poiché nell’isolamento non c’è sopravvivenza, la sua forza finiva per annientarlo».

Rapporto tra Lampedusa e la moglie

La biografia è costruita con puntigliosità. L’informazione è vasta (molto spesso inedita). E si scioglie in un racconto avvincente che porta dietro le quinte della storia. La prosa è collaudata dalla letteratura. Il romanzo inanella le vicende secondo una struttura annalistica. Riprende molti episodi noti, ma li rende nuovi con l’aggiunta di particolari prima sconosciuti o sottovalutati. Nessuna precedente biografia aveva dedicato molto spazio al rapporto tra Lampedusa e la moglie. Adesso Price analizza in profondità il rapporto tra i coniugi, figure complementari che si accompagnano nella malinconia di un mondo votato a un tramonto inarrestabile. E rivaluta il ruolo di Licy nella vita di Giuseppe Tomasi.

Molte volte il racconto si ferma su dei ritratti di gruppo. Ed è il caso dei cugini Piccolo di Tomasi, grandi esperti di spiritismo nel recinto incantato, fuori del tempo, del loro giardino frequentato dagli gnomi. Tomasi non guarda il gruppo con i suoi occhi assuefatti a scene simili. Fa suoi gli occhi più innocenti della giovane Mirella, che con meraviglia fotografano il terzetto dei cugini, uno pittore, l’altra esperta di botanica, il terzo poeta: «Casimiro con una camicia macchiata di pittura, fuori dai pantaloni e sgualcita, una figura allampanata che si stagliava contro le mura bianche e portava galosce inglesi alte fino al ginocchio, come un lord in attesa dei suoi ospiti; poco distante, Agata Giovanna, più vecchia, teneva in braccio un cagnolino e aveva i capelli intrecciati in un’acconciatura di squisito gusto celtico; e infine Lucio, con i suoi immancabili pantaloni alla zuava e i calzettoni di lana, più basso degli altri, i baffetti che si muovevano a seconda che sorridesse o si accigliasse, quasi indeciso su come considerare quei tre ospiti [Giuseppe Tomasi, Gioacchino e Mirella], arrivati in una nuvola di polvere come una replica misteriosa e spettrale della loro vera persona».

L’anno prima Tomasi aveva accompagnato Lucio Piccolo a San Pellegrino Terme, dove Eugenio Montale avrebbe incoronato d’alloro, durante una cerimonia pubblica, l’ancora inedito poeta da lui avventurosamente scoperto. Lì, i due cugini si erano misurati per la prima volta con la società letteraria, restandone delusi. Soprattutto sconcertato era rimasto Tomasi. E sarà Lucio, che nel frattempo ha pubblicato da Mondadori I canti barocchi, a tentare di aiutare Tomasi a pubblicare Il Gattopardo. E tra le pagine più divertenti del libro c’è l’episodio di Lucio a Milano nella veste goffa e impacciata di agente editoriale del cugino.

Come si sa, la spedizione di Lucio non riuscì.

In Casa Lampedusa, Price segue passo passo l’avvicinarsi alla morte dell’autore dell’inedito Gattopardo. Sono pagine intense sulle ultime tormentose sofferenze di Tomasi. Fra le più nuove, insieme a quelle che riguardano l’adozione come figlio di Gioacchino Lanza.

Un solo aspetto rimane in ombra nel romanzo, quello sulle idee politiche di Tomasi: che prima della promulgazione delle leggi razziali del 1938 aveva inneggiato a Mussolini e alle violenze fasciste. Il ravvedimento è importante per capire l’opera di Tomasi, dal racconto La Sirena al grande romanzo.

Casa Lampedusa, Steven Price, Traduzione di Piernicola D’Ortona e Maristella Notaristefano, Bompiani, Milano, pagg. 302, € 18

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