Toninelli, lo sconfitto della Tav che resta in bilico
Dopo il sì alla Tav annunciato dal premier Giuseppe Conte, sul ministro M5s Danilo Toninelli, da sempre contrario all’opera, si sono rincorse voci di dimissioni. La sua posizione risulta ulteriormente indebolita
di Andrea Gagliardi
3' di lettura
È un fulmine a ciel sereno, quello che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha lanciato sull’universo M5S con il sì alla Tav, motivato con il fatto che il no costerebbe di più. Un fulmine che rischia di far traballare seriamente anche il titolare del Mit Danilo Toninelli, da sempre contrario all'opera, come l'intero Movimento. Su Toninelli, nelle ultime ore, si sono rincorse voci di dimissioni, chieste a gran voce dalle opposizioni. Voci che, al momento, non trovano conferma , anche se la posizione del ministro, ulteriormente indebolito, resta in bilico.
Uno degli ultimi atti del ministro delle Infrastrutture e Trasporti era stato il licenziamento di Pierluigi Coppola, uno degli esperti dello stesso Mit, membro della commissione per l'analisi costi-benefici sulla Tav stessa. Coppola era finito sotto i riflettori dei media lo scorso mese di febbraio per essersi dissociato dai risultati – negativi – dell'analisi costi-benefici condotta dal team presieduto da Marco Ponti , ex docente del Politecnico di Milano, ora in pensione.
Toninelli, classe 1974, nato a Soresina (Cremona) è titolare del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti per conto del Movimento 5 Stelle, di cui è parlamentare al secondo e quindi, secondo le regole pentastellate, ultimo mandato. Laureato in giurisprudenza nel 1999, fino al 2002 è stato ufficiale di complemento nei Carabinieri.
Fiero avversario dell'Italicum, si ricorda che a ottobre 2013, pochi mesi dopo essere entrato in Parlamento, depositò come primo firmatario la proposta di legge elettorale grillina, il cosiddetto “Democratellum”, poi in parte rivisto: un proporzionale fortemente corretto, con le preferenze, in cui sono vietate le candidature plurime ed è previsto un doppio sbarramento.
Da Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del Governo Conte, pur condividendo la stretta sulle navi delle ONG, messa in atto con il Ministro dell'Interno Matteo Salvini per ridurre i flussi migratori dal Nord Africa, ha cercato di tenere un profilo più defilato rispetto all’hashtag #chiudiamoiporti, rilanciato dal titolare del Viminale, sapendo bene che chiudere i porti non si può, alla luce del diritto internazionale.
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Il 13 dicembre 2018 ha approvato la prosecuzione della realizzazione del cosiddetto Terzo valico, al termine della valutazione costi benefici avviata dal suo ministero. Da Ministro si è trovato anche ad affrontare il crollo del “Ponte Morandi” di Genova (14 agosto 2018), che causò 43 morti, oltre 600 sfollati e gravi problemi infrastrutturali nel capoluogo ligure. A seguito di ciò, Toninelli annunciò l’intenzione di revocare la concessione autostradale ad Autostrade per l'Italia, richiedendone anche le dimissioni dei vertici.
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Considerato un gaffeur seriale, si ricorda quando in Aula esultò per l'approvazione del decreto Genova alzando un pugno al cielo. Pioggia di critiche. Lui, un poco sorpreso, prova a rintuzzare gli attacchi: «L'esultanza? Ne sono orgoglioso, gli altri esultavano per i favori alle lobby». Il capolavoro resta, però, la gaffe sul Brennero. «Sapete quante delle merci italiane, quanti degli imprenditori italiani utilizzano con il trasporto principalmente ancora su gomma il tunnel del Brennero?» disse il ministro, ignorando però che l'opera ancora non esiste. «Era chiaro che si riferiva al valico del Brennero.
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Toninelli sarebbe diventato un problema non solo per la Lega, ma per lo stesso M5S. Luigi Di Maio vivrebbe le performance del suo ministro come un problema sempre meno gestibile («Cosa ha combinato stavolta?»). Sarà anche per questo che quando si parla di “rimpasto” di governo la prima casella a cui si guarda è stata in queste ultime settimane proprio quella delle Infrastutture e dei Trasporti.
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