Topi, amianto e malattie: benvenuti nella baraccopoli di Messina
di Nino Amadore
5' di lettura
Se volete vedere l’inferno fate un salto a Messina. Non troverete i gironi dei dannati ma gli ambiti, così la cruda burocrazia ha voluto chiamarli, di una delle più antiche e ancora esistente baraccopoli del nostro continente: la pesante eredità del terremoto del 1908 che ha distrutto il capoluogo peloritano.
Un reticolato di costruzioni piuttosto precarie, malsane, coperte da eternit, visitate da topi e animali di ogni tipo, senza alcun servizio o quasi: in totale 800 ettari, distribuiti in vari punti della città, abitati dai dannati di questo pezzo di Sicilia.
Ambiti spesso impenetrabili, altrettanto spesso controllati dalla criminalità organizzata in grado di piegare la gente perbene, che pure vi abita, e spessissimo diventati piazze di spaccio. E a tutto ciò si aggiunge oggi la preoccupazione per lo stato di salute degli ottomila abitanti della baraccopoli messinese: i casi di asma, bronchite e malattie delle vie respiratorie sono all’ordine del giorno così come le infezioni di vario tipo, ma lo spettro cui si guarda ora con apprensione è l’asbetosi, la malattia (terribile e mortale) provocata dall’eternit che si trova in grande quantità in queste aree.
Per anni la polvere di eternit è caduta, insinuante e velenosa, dentro le baracche: sui tavoli, sui letti, in bagno. E a poco sono serviti i controsoffitti in perlinato per evitare il peggio. Ed è questa la scena che si è trovato di fronte il ministro dell’Interno Matteo Salvini a metà agosto nel corso della sua visita istituzionale a Messina. Il ministro ha fatto tappa all’interno della baraccopoli scoprendo anche lui ciò che tutti sapevano e hanno sempre saputo: nel 2007 l’allora prefetto Alecci ha addirittura inviato una relazione dettagliata in particolare sull’ambito di Fondo Fucile (quello messo peggio) per le azioni del caso sia al sindaco che alla procura della Repubblica. Senza alcun risultato.
È stato il sindaco di Messina Cateno De Luca a pubblicare qualche giorno fa su Facebook il certificato medico di un baraccato ammalato di asbetosi. Una goccia che ha fatto traboccare il vaso stracolmo in una città indifferente, ormai rassegnata alla presenza delle baracche (molte “ristrutturate” nel corso degli anni) , distante da un problema cui la politica si è accostata spesso solo in campagna elettorale. Non si hanno dati sui possibili malati di asbetosi, non si hanno stime ma Comune e Azienda sanitaria sono all’opera per capire un fenomeno che, a sentire gli amministratori messinesi, si annuncia ampio: la prossima settimana è previsto l’avvio delle verifiche in tutte e le 2.200 famiglie della baraccopoli (ma il censimento del 2002 parlava di 3.336 nuclei).
«Una situazione indegna di un Paese civile», dice il sindaco che pare deciso ad andare fino in fondo. Una strategia che ha avviato ancor prima di essere eletto sindaco. Da deputato regionale si è “giocato” il suo voto determinate per la maggioranza di centrodestra per far approvare all’Assemblea una nuova norma sul risanamento di Messina per correggere le distorsioni della fallimentare legge del 1990. Una norma, oggi contenuta nella legge regionale 8/2018, che istituisce l’Agenzia per il risanamento e la riqualificazione urbana il cui statuto è stato votato dal consiglio comunale all’interno del quale il sindaco non ha alcun rappresentante: al vertice dell’Agenzia il sindaco ha nominato l’avvocato Marcello Scurria di fatto ispiratore e braccio operativo di questa operazione che, se realizzata, rappresenta una vera e propria rivoluzione. «Dobbiamo farcela - dice Scurria - è una questione di umanità ma non solo. Riuscire a farlo significa anche ridare fiducia ai messinesi, superare lo scetticismo, dimostrare che le cose possono cambiare. Dare alla città una grande opportunità che è sociale ma è anche economica».
Non è semplice: in passato, in molti casi, i nuclei trasferiti nelle abitazioni hanno venduto la baracca ad altri nuclei familiari oppure l’hanno banalmente ceduta ai parenti. Anche questa, se volete, è la sostanza di quello che la giornalista messinese Eleonora Iannelli ha definito «un terremoto infinito» in un libro pubblicato nel 2008 (“Messina 1908-2008, Un terremoto infinito”) ma che ancora oggi rimane di incredibile attualità. «E terremotati sono gli abitanti della baraccopoli», dice il sindaco di Messina che punta dritto allo stato di emergenza con una richiesta già all’ordine del giorno della giunta regionale e diretta a Roma per le determinazioni del caso: «Salvini si è impegnato a sostenerla», aggiunge il sindaco. Il quale ha già messo la firma su un paio di provvedimenti: una ordinanza in particolare stabilisce che entro il 31 ottobre l’intera baraccopoli va sgomberata e che entro il 31 dicembre rasa al suolo. Sono già state inviate le cartoline che avvisano gli abitanti della baraccopoli i quali hanno cominciato a preparare i bagagli.
Operazione complessa quella dello sgombero e del trasferimento dei baraccati di Messina in appartamento che passa, ovviamente, dal riconoscimento dello stato di emergenza. L’ordinanza del sindaco è chiara e si fonda sulla situazione di grave rischio per la salute e l’incolumità per gli occupanti. «Vanno trattati alla stregua dei terremotati di altre regioni» dice il sindaco che ha anche avviato il dialogo con i rappresentanti di agenzie immobiliari e proprietari di case : secondo stime a Messina sono almeno 7000 le abitazioni sfitte una parte di esse potrebbe essere impiegata per dare una casa agli sbaraccati (su un migliaio di alloggi c’è l’immediata disponibilità dei proprietari). «In affitto ovviamente - dice Marcello Scurria - in attesa che vengano costruite o acquistate nuove abitazioni».
E le risorse economiche? Non sembra esserci alcun problema. Almeno sulla carta. Con la legge regionale 10 del 1990 (28 anni fa) che prevedeva interventi ordinari la Regione ha stanziato 500 miliardi di lire pari a 258,228 milioni di euro (dicono dal Comune): di questi sono stati impegnati 177,244 milioni di euro di cui 118,338 milioni effettivamente spesi. Sono disponibili, secondo la ricognizione fatta dagli uffici del Comune di Messina, 139,9 milioni. A quest’ultima somma vanno aggiunti i 40 milioni di fondi Poc; altri 10,7 milioni a valere sui fondi del Pon Metro destinati ai servizi di inclusione sociale; 11,984 milioni sempre del Pon Metro destinabili per acquisto alloggi; altri 20 milioni sempre a valere sul Poc Metro per acquisto alloggi, sbaraccamento e riqualificazione delle aree; inseriti anche 11,2 milioni (destinati a sbaraccamento e acquisto alloggi) a valere sul progetto Capacity-Bando periferie. In totale, dunque, il Comune di Messina stima una disponibilità finanziaria di quasi 233,8 milioni. «Sia chiaro - dice De Luca - noi non vogliamo creare altri ghetti. L’obiettivo è chiudere questa pagina vergognosa della storia di Messina. Chiusa la prima fase penseremo alla seconda: riqualificare le aree liberate». E qui si innesta un altro progetto: quello di creare una grande area defiscalizzata con lo stesso criterio delle Zes. Michela Giuffrida, eurodeputato del Pd e responsabile nazionale del dipartimento Mezzogiorno e Fondi Ue, si è impegnata a portare la questione nelle prossime settimane a Bruxelles. Ma intanto è cominciato il conto alla rovescia per lo sgombero.
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