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Torna il Festival della Valle d’Itria, che promuove il bello e le pagine rare

Vicinissima ai 50 anni, la manifestazione ha avuto tra gli artefici Paolo Grassi che fu sovrintendente della Scala. Il 18 luglio l'inaugurazione con Gioacchino Rossini

di Domenico Palmiotti

4' di lettura

Torna dal 18 luglio a Martina Franca (Taranto) con la prima de “Il turco in Italia” di Gioacchino Rossini, il Festival della Valle d’Itria che alla soglia dei 50 anni (quest’anno é l’edizione numero 49) conferma tutte le caratteristiche che ne hanno fatto negli anni un evento internazionale. Il solco rimane quello di proporre pagine musicali rare o poco conosciute rispetto ai titoli più noti, ma via via si è arricchito con il lancio di artisti e di direttori d’orchestra che poi sono divenuti nomi affermati, la formazione, lo studio e le masterclass, l’attenzione ai giovanissimi affinché si avvicinino all’arte e alla musica, la valorizzazione dei luoghi iconici del territorio delle Valle d’Itria. A questi elementi ora si aggiunge la novità dello studio dell’operetta, genere che taglia il traguardo dei 100 anni in Italia. Un insieme di caratteristiche, dunque, che hanno premiato il Festival, riconosciuto tra gli appuntamenti di musica colta più importanti in Europa e nel mondo e apprezzato dal pubblico, considerato che a pochi giorni dalla prima il 60 per cento dei biglietti risultava già venduto in prevendita ad acquirenti provenienti da 9 Paesi europei oltre a Giappone, Canada e Stati Uniti. Tra gli artefici e fondatori dell’evento, va sicuramente annoverato Paolo Grassi, di origini pugliesi, che è stato presidente della Rai, sovrintendente del teatro La Scala di Milano e ideatore del Piccolo Teatro di Milano insieme a Giorgio Strehler. Grassi, scomparso nel 1981, è stato tra coloro che hanno impresso al Festival la matrice che lo ha poi contraddistinto in mezzo secolo. 

La cultura pesa per il 5 per cento sul Pil pugliese

“Negli ultimi 40 anni la Puglia si è profondamente trasformata, c’è stata una rivoluzione profonda, ma il Festival esiste da 50 anni, quindi in qualche maniera ha accompagnato la storia della regione e dell’evoluzione del sistema culturale e dell’industria culturale e creativa. Oggi il Festival rappresenta sicuramente una delle componenti fondamentali del sistema economico della cultura e della creatività che fa il 5 per cento del Pil in questa regione ed ha dunque un ruolo essenziale” commenta Aldo Patruno, direttore del dipartimento della Regione turismo ed economia della cultura. “Il Festival esprime la cultura della bellezza e dei luoghi del bello che Martina Franca rappresenta” sottolinea il sindaco Gianfranco Palmisano.

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Porte aperte alle prove generali agli under 25

L’attenzione ai giovani è una costante della manifestazione. Giovani da formare e da avvicinare alla musica, ma anche come talenti da lanciare. “Il progetto delle prove generali delle opere aperte agli under 25 si ripete perchè ci ha dato grandi soddisfazioni in passato e la Fondazione Paolo Grassi ha sempre avuto un occhio di riguardo per i giovani - dice Michele Punzi, presidente della fondazione, che ha raccolto il testimone dallo zio Franco, scomparso nei mesi scorsi, altra figura importante nella storia del Festival -. Noi crediamo molto al nuovo pubblico da formare e aspettiamo anche quest’anno tanti ragazzi che invadono l’atrio del Palazzo Ducale di Martina Franca”. “Il Festival ha l’obiettivo di formare nuovo pubblico - spiega Grazia Di Bari, consigliere delegata alla cultura della Regione Puglia -, obiettivo importante, visto che ne abbiamo perso tantissimo dopo la pandemia, ma anche i giovani artisti che vogliono avvicinarsi al mondo della musica, interloquendo con i grandi maestri. Questa è una opportunità enorme che viene data ai nostri ragazzi”.

I numeri: 25 spettacoli in 20 giorni

I numeri del Festival: 20 giorni complessivi di evento, 25 spettacoli, 2 giorni di conferenza internazionale sull’operetta, 2 talk di presentazione delle opere, 5 produzioni operistiche originali, 13 location diverse tra chiese, masserie, chiostri, palazzi e teatri a cui si aggiungono un’altra produzione e 4 luoghi di spettacolo. E poi, 403 persone coinvolte nell’organizzazione tra artisti, maestranze, personale amministrativo e di sala, mentre sono 12 i Paesi di provenienza degli artisti e 4 i complessi orchestrali coinvolti. Si apre il 18 con “Il Turco in Italia”di Rossini, nell’edizione critica di Margaret Bent, con la direzione di Michele Spotti per la regia di Silvia Paoli. A seguire, “Il paese dei campanelli” di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, con la direzione di Fabio Luisi per la regia di Alessandro Talevi. E ancora tre prime rappresentazioni: la prima in tempi moderni de “L’Orazio” di Pietro Auletta, con la direzione di Federico Maria Sardelli per la regia di Jean Renshaw, la prima italiana in tempi moderni de “Gli uccellatori” di Florian Leopold Gassmann, con la direzione di Enrico Saverio Pagano per la regia di Jean Renshaw, e, infine, la prima assoluta in Italia de “L’adorable Bel-Boul” di Jules Massenet su libretto di Paul Poirson, con la direzione di Francisco Soriano per la regia di Davide Garattini.

Schwarz: l’operetta ha 100 anni, genere da tutelare

Direttore artistico del Festival é Sebastian Schwarz, già sovrintendente e direttore artistico (sino allo scorso anno) del Regio di Torino. “Quest’edizione - annuncia Schwarz - avrà un momento dedicato allo studio dell’operetta a livello internazionale e quindi alla declinazione del buffo e della commedia sul palcoscenico. Rifletteremo quindi su questo genere che è un pò sparito dai cartelloni non solo italiani. Noi vogliamo proporlo e metterlo in scena come esempio di un grande patrimonio che ci è stato lasciato e che dobbiamo mantenere in vita”.

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