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Tornare a casa nella natura selvaggia

John Muir ci invita a immergerci nei silenzi delle montagne per poter essere laddove la vita è sempre all’opera

di Maria Luisa Colledani

(Afp)

2' di lettura

Prima che la natura perda la pazienza e aggrotti la fronte sotto forma di cataclismi, meglio ascoltarla e immergersi nel suo essere immenso e selvaggio: «Le montagne sono fonti, non solo di fiumi e terreni fertili, ma anche di uomini. Perciò noi tutti, in un certo senso, siamo montanari, e andare in montagna è tornare a casa. Eppure, quanti fra noi sono condannati a faticare nelle ombre delle città, sebbene le candide montagne ci chiamino lungo l’orizzonte». John Muir, padre della wilderness e dei parchi naturali, filosofo ambientale e scrittore, sa che le stelle sono gigli del cielo e le montagne uno spettacolo glorioso. Per tutta la vita (era nato in Scozia nel 1838 e morì in California nel 1914), ha saputo dimenticare se stesso nelle foreste e farsi devoto della natura; ha scritto lettere, diari, saggi senza requie, è stato il primo scienziato a documentare il cambiamento climatico e ne Le montagne mi chiamano. Meditazioni sulla natura selvaggia c’è la filosofia di una vita e del nostro presente: conta l’essere più che l’arrivare da qualche parte.

Essere parte della Natura

Il volume, che propone il meglio degli scritti di Muir, è l’atto di amore di un mistico verso la natura e proclama l’unità indivisibile fra uomo e ambiente: «ci sentiamo parte della Natura selvaggia, consanguinei di tutto l’esistente». E in questa simbiosi la bellezza di una goccia di pioggia o delle campanelle di Cassiope sono la ragione del nostro andare per montagne e boschi. Il padre dell’ambientalismo, che avrebbe potuto vivere da milionario ma preferì essere vagabondo, attraversa una prima fase dell’esistenza più concentrata sulla contemplazione del mondo naturale, che culmina con la creazione del parco di Sequoia (1890) e dello Yosemite (1906), e una seconda più battagliera e “politica”, il suo vero lascito fino a noi che sfocia nella certezza di una nuova vita: «Non cieca opposizione al progresso, ma opposizione a un progresso cieco».

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In viaggio fra Alaska, Golfo del Messico e Canada

Una volta lasciata la cabin nel parco dello Yosemite, Muir si stabilisce a Oakland, California, per dedicarsi alla scrittura, senza dimenticare però la fonte delle sue riflessioni, e cioè viaggi ed esplorazioni. In Alaska studia il modo in cui le glaciazioni hanno creato paesaggi e modificato clima, fauna e flora; esplora l’East Coast dell’America centro-settentrionale, dal Golfo del Messico fino al Canada; raggiunge l’Europa, poi Russia, India, Corea, Cina, Giappone e Australia. Nel 1892, fonda il Sierra Club perché si rende conto che, senza azione politica, il suo spirito non avrebbe raggiunto mai l’opinione pubblica e il suo credo, così contemporaneo, non avrebbe camminato: «Ovunque la vita è all’opera e cancella ogni ricordo della confusione umana».

Le montagne mi chiamano. Meditazioni sulla natura selvaggia

John Muir

Piano B, pagg. 246, € 15

Riproduzione riservata ©

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