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Torre piloti di Genova, in appello tutti assolti

Nuova sentenza relativa alla collocazione e alla costruzione della struttura, crollata nel 2013 per l’urto della nave Jolly Nero

di Raoul de Forcade

Genova, torre piloti crollata nel maggio del 2013 (Ansa)

3' di lettura

Tutti assolti in appello gli imputati del processo relativo alla collocazione e alla costruzione della Torre piloti di Genova, crollata la notte del 7 maggio 2013, dopo essere stata urtata dalla nave cargo Jolly Nero che era in manovra nel porto.

Mentre il filone principale dell’inchiesta sull’incidente, che ha provocato nove vittime, è già arrivato da tempo alla sentenza definitiva, il processo sul posizionamento della torre è nato a latere, su iniziativa di Adele Chiello, madre di Giuseppe Tusa, militare delle capitaneria deceduto la notte del crollo, che si era opposta alla richiesta di archiviazione. La donna, infatti, ha sempre sostenuto la pericolosità dell’ubicazione della torre.

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Come per Rigopiano, il dolore dei parenti

Proprio la Chiello, alla lettura della sentenza, ha urlato: «Sono tutti colpevoli, quanto vale la vita di un morto? I potenti non si toccano! Il porto di Genova non si tocca. I giudici non avevano un figlio lì sotto».

Parole che ricordano quelle, altrettanto disperate, pronunciate, 15 giorni fa, dai parenti delle 29 vittime della tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola (travolto e distrutto, il 18 gennaio del 2017, da una valanga), al cospetto della sentenza di primo grado, con 25 assoluzioni e cinque condanne.

Il risultato del processo di appello per la torre, che azzera le condanne comminate in primo grado, è frutto di avvenimenti ovviamente ben diversi da quelli che hanno colpito l’Hotel Rigopiano. Tuttavia, in entrambi i casi, e a distanza di pochi giorni, si registra la forte reazione dei parenti delle vittime, che si sentono traditi dal sistema giudiziario italiano.

E, in effetti, una delegazione di familiari della strage ferroviaria di Viareggio (Lucca), del 29 giugno 2009, con le onlus Il Mondo che vorrei ed Assemblea 29 giugno, è stata presente alla sentenza d’appello bis a Genova, in segno di solidarietà ai familiari delle nove vittime e per sostenere Adele Chiello. Rappresentanti della delegazione hanno definito «vergognosa» la sentenza genovese.

Assolti l’ammiraglio e i tecnici

Nel dibattimento sulla collocazione della Torre piloti, è stato assolto, in primis, l’ammiraglio Felicio Angrisano, già comandante della Capitaneria di porto di Genova (lo era nel momento del crollo), ed ex comandante generale (successivamente) delle Capitanerie.

Angrisano, al pari degli altri imputati, è stato assolto con la formula «perché il fatto non costituisce reato». Invece il sostituto procuratore generale, Enrico Zucca, aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi per l’ammiraglio; ma anche la condanna a un anno per Angelo Spaggiari, strutturista (che in primo grado era stato condannnato un anno e sei mesi), Paolo Grimaldi (due anni in primo grado ) e Mario Como, strutturista (1 anno e 6 mesi).

Zucca aveva chiesto anche la conferma della condanna a un anno per Giovanni Lettich, della Corporazione piloti, e l’assoluzione per Fabio Capocaccia, ex commissario del Comitato autonomo portuale (cha aveva avuto una condanna a due anni in primo grado).

Le accuse erano omicidio colposo e disastro colposo. Gli imputati sono stati difesi, tra gli altri, dagli avvocati Enrico Scopesi, Sabrina Franzone, Giuseppe e Chiara Sciacchitano, Andrea Vernazza, Ernesto Monteverde, Emanuele Olcese e Pietro Bogliolo.

Il filone principale

Per quanto riguarda, invece, il filone principale, relativo al crollo della torre, la sentenza è ormai definitiva. È stato assolto il pilota del porto Antonio Anfossi (quattro anni in primo grado ) e confermate le assoluzioni per Giampaolo Olmetti, comandante d’armamento della compagnia Messina, cui la Jolly Nero faceva capo, e per il terzo ufficiale, Cristina Vaccaro.

La Cassazione aveva ordinato la riduzione delle pene per il comandante della Jolly Nero, Roberto Paoloni, per il primo ufficiale della nave, Lorenzo Repetto, e per il direttore di macchina Franco Giammoro. I tre hanno concordato la pena con il pg Zucca: Paoloni sette anni (da nove anni e 11 mesi), Repetto cinque anni (da otto anni e sei mesi) e Giammoro quattro anni (da sette anni).

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