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Tour de France, a Pidcock l’Alpe d’Huez. Froome terzo, Pogacar attacca

Il duello tra Vingegaard e lo sloveno partorisce un nulla di fatto: i dominatori della corsa a tappe francese arrivano insieme

di Dario Ceccarelli

Thomas Pidcock (EPA/GUILLAUME HORCAJUELO)

4' di lettura

Ci si aspettava il botto, un altro colpo di teatro degno dell'Alpe d'Huez, invece la mitica Montagna Sacra del Tour ha partorito un topolino. I due duellanti, la maglia gialla Jonas Vingegaard e lo sloveno Tadej Pogacar (reduce dalla batosta di mercoledì sul Col Granon), questa volta hanno preferito non darsele troppo. Meglio: a quattro chilometri dalla vetta, Pogacar ci ha provato. Ci ha provato una volta, due volte, tre volte. Con quella sua spensierata baldanza che, di solito, non ammette repliche. Ma anche in questa tappa, lo sloveno ha trovato pane per i suoi denti. Vingegaard infatti non ha battuto ciglio.

E a ogni allungo del rivale, immediatamente gli ha risposto seguendolo come un'ombra. Alla fine i due dominatori del Tour, nonostante un ultimo guizzo dello sloveno, sono arrivati praticamente insieme. Quinto Pogacar, in sesta posizione la maglia gialla, Vingegaard. Un pareggio che lascia quasi immutata la classica generale. Tra i due rivali rimangono infatti 2 minuti e 22”. L'unica differenza rispetto al giorno prima è che il francese Romain Bardet, il campione di casa, scivola al quarto posto preceduto da Geraint Thomas.

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Abbiamo parlato subito dei big, perchè c'era molta curiosità di capire come avrebbe reagito Pogacar dopo il ribaltone di Briancon. Se avrebbe subito replicato al danese, per fargli capire che il padrone del Tour è ancora lui, oppure se sarebbe rimasto al coperto per leccarsi le ferite. Diciamo che Pogacar, dopo aver imparato che non sempre si può vincere, ha tenuto dignitosamente la scena senza però forzare. I Pirenei devono ancora arrivare, ha pensato lo sloveno. Il Tour è a metà. C'è tempo per riprovarci. Magari quando la maglia gialla, sarà meno pimpante e Pogacar avrà capito meglio cosa gli è successo sul Col Granon.

Prima di tornare sull’elettrico duello che incatena gli appassionati del Tour, merita una menzione particolare il vincitore della tappa, il 22enne inglese Tom Piddock, campione olimpico di mountain bike, protagonista di una lunghissima fuga cominciata già sul Galibier insieme a una decina di corridori, tra i quali anche il nostro Giulio Ciccone e quella vecchia pellaccia di Chris Froome, il 36 enne keniano bianco già vincitore di quattro Tour de France, rimasto ai margini dopo un gravissimo incidente nel 2019 al Giro del Delfinato. Froome, preceduto dal sud africano Luis Meintjes, ha comunque conquistato un dignitosissimo terzo posto che lo ripaga parzialmente di quel lungo calvario che ha dovuto sopportare per ritornare a livelli competitivi.

Giulio Ciccone ha avuto invece meno fortuna. Quando il gruppetto dei fuggitivi, ormai assottigliatosi a cinque elementi, è arrivato sui primi tornanti dell'Alpe d'Huez, l'abruzzese è andato quasi subito in crisi sotto gli attacchi dello scatenato Tom Pidcock. Peccato perché poteva essere, per Ciccone, una buona occasione per uscire dall'anonimato. Una prova di cuore e di coraggio che però, pare, sia stata compromessa da un problema intestinale.

Tornando alla lotta dei big, tutto resta aperto. Quello che si può dire è che l'exploit di Vingegaard a Briancon non è stato frutto del caso o di un particolare incrocio degli astri. Il danese, 25 anni, come si è visto anche sulla salita dell'Alpe d'Huez, è un talento di prim'ordine che può decisamente puntare al successo finale. Ha una forte personalità, non si lascia intimorire dalla giuliva baldanza di Pogacar e in più ha al suo servizio uno squadrone-la Jumbo Visma - decisamente superiore alla formazione dello sloveno, ormai decimata dal covid e dagli infortuni. Poter disporre di fuoriclasse come Van Aert, Roglic (oltre a Sepp Kuss) dà un vantaggio enorme. Pogacar nei momenti decisivi si ritrova solo. E' un fuoriclasse, certo. Ma questo non basta. E lo si è visto proprio quando è crollato sul Granon. Non puoi stare sempre all'attacco. Come non puoi rispondere sempre colpo su colpo agli affondi dei luogotenenti di Vingegaard. Lo sloveno, forte del suo talento e del suo carisma, lo ha fatto. E lo ha fatto facendoci anche divertire. Perchè è uno spettacolo vedere un campione che tenta sempre l'allungo e che non lesina le energie. Ma alla fine questi sforzi si pagano. Li ha pagati perfino Eddy Merckx, che di Tour ne ha vinti cinque (a parte tutto il resto), figuriamoci un giovane come Pogacar.

A volte ce lo dimentichiamo perchè ha già conquistato due Tour, ma lo sloveno è praticamente un ragazzo. Un ragazzo che, a volte, si diverte a giocare col topo. A stuzzicare gli avversari. In questo senso i suoi direttori sportivi avrebbero dovuto tenerlo più a freno. Resta comunque ancora in corsa perchè i limiti di Pogcar non li conosce neppure l'interessato. Qualcuno ha detto che fa un po' troppo il bulletto. I campioni, soprattutto quando sono giovani, sono spavaldi per definizione. Il ragazzo però oltre che a vincere sa anche perdere, come ha dimostrato a Briancon andando, subito dopo la batosta, a complimentarsi con Vingegaard. Non era facile, non era scontato. Pogacar l'ha fatto. Quando uno sa vincere, e anche perdere, il più è fatto.

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