Tour de France al via, riflettori su Ganna. Ma l’uomo da battere è sempre Pogacar
Partenza a Copenaghen con una cronometro: il verbanese punta subito alla maglia gialla
di Dario Ceccarelli
5' di lettura
Tocchiamo ferro e incrociamo le dita. Sia per il Covid che pende come una spada di Damocle sulla carovana (già registrati sei casi, Matteo Trentin, il fido luogotenente di Pogacar è dovuto tornare a casa,) sia perchè un italiano ha finalmente delle ottime chances per vestire subito la maglia gialla al Tour de France che parte questo venerdì primo luglio e si conclude a Parigi dopo 21 tappe.
L’attesa per Ganna
L'italiano di cui parliamo, lo avete già capito, è Filippo Ganna, specialista delle prove a cronometro, come ha ribadito neanche un mese fa vincendo la crono al Giro del Delfinato. L'occasione è ghiotta perchè la prima tappa della Grande Boucle, una crono di 13,2 km che si svolge a Copenaghen, la prima delle tre frazioni danesi, sembra propizia per il verbanese che da mesi si sta preparando per questa sfida.
Sarebbe un bel colpo. Per Ganna, che per la prima volta andrebbe in giallo, e anche per il ciclismo italiano rimasto finora ai margini, a parte qualche fiammata al Giro d'Italia. Fiammate di giornata che non hanno comunque inciso nella classifica finale dominata dagli stranieri con l'australiano Hindley in rosa seguito dall'ecuadoriano Carapaz e dallo spagnolo Landa. Solo l'inossidabile Vincenzo Nibali (quarto a quasi 10 minuti) ha tenuto alta la bandiera. Ma già questo aggrapparsi al siciliano, ormai prossimo al ritiro, la dice lunga sulle condizioni di salute del nostro movimento, che al Tour non potrà presentarsi con nessun team italiano.
Il meglio del ciclismo mondiale
Ma lasciamo perdere. Lamentarsi serve a poco se non si cambia rotta. Meglio ora godersi quanto di buono, covid permettendo, può offrire questo Tour. Tanto si può dire quello che si vuole su questa manifestazione (la terza dopo le Olimpiadi e i mondiali di calcio), ma è indubbio che sia il palcoscenico più prestigioso di un ciclismo ormai globalizzato. Noi italiani purtroppo siamo piccoli, molto piccoli, figli di un glorioso passato che nel tempo ha perso uomini e mezzi. Il Giro d'Italia sarà spettacolare, combattuto, ma non richiama quel parterre de rois che invec, per ragioni di lustro e di ingaggi, partecipa alla Grande Boucle.
Qui ci sono le grandi squadre del World Tour che costano decine di milioni e che si possono permettere campioni come Tadej Pogacar (UAE Emirates), Primoz Roglic, Jonas Vingegaard, Wout Wan Aert (Jumbo Visma). Specialisti di classiche come Mathieu Van Der Pole (Alpecifenix) e Greg Van Avermaet (AG2R Citroen). Senza dimenticare la Ineos, il Super Team di Filippo Ganna, che oltre all'azzurro può contare sul colombiano Daniel Martinez e sul Gallese Geraint Thomas, fresco vincitore del Giro della Svizzera.
Il Tour e la Francia
Il Tour è la corsa più seguita del mondo. Non solo perchè vi partecipano i migliori, ma perchè la stessa Francia ama il Tour come la più importante istituzione sportiva del Paese. Ne ha un rispetto quasi sacro. E non c'è presidente che il 14 luglio, festa della Bastiglia, non si faccia trovare sulle strade della Grande Boucle. E non a caso quest'anno il 14 luglio coincide con l'arrivo sull'Alpe d'Huez, cima storica e molto ambita della corsa francese.
Il fenomeno Pogacar
Che Tour sarà? Al di là della minaccia incombente del Covid, (basterà un tampone a mandare tutto a gambe all'aria, anche se sei maglia gialla), la domanda principale cui rispondere è se Tadej Pogacar, nuovo fenomeno del ciclismo moderno, riuscirà a centrare la tripletta dopo aver dominato le ultime due edizioni. Lo sloveno, blindassimo e in “bolla” come tutti i corridori, è infatti il favorito assoluto, il faro della corsa. A soli 23 anni, potrebbe già eguagliare l'impresa compiuta di recente da Chris Froome, quattro volte in giallo a Parigi, e per tre volte consecutivamente (2015-15-17).
Indipendentemente dalle statistiche, Pogacar ha già dimostrato di essere un talento assoluto. Un talento capace di affermarsi sia nelle corse a tappe sia in quelle di un giorno. Colpisce dello sloveno la non comune facilità di recupero e l'invidiabile capacità di non patire la pressione degli avversari. Data la giovane età, è difficile porgli dei limiti. non avendo finora trovato un vero rivale in grado di tenergli testa. Forte in salita e a cronometro, e dotato anche nello spunto veloce, Pogacar primeggia su tutti i terreni.
Cannibale tranquillo
Solo apparentemente è meno feroce di Merckx. Rispetto al “Cannibale” (cinque volte maglia gialla), lo sloveno corre con maggior leggerezza. Merckx per un secondo posto diventava matto. Pogacar invece non ne fa un dramma, ben consapevole che la prossima volta a vincere sarà lui. Proprio questa sua solidità psicologica demoralizza gli avversari. Che non vedono in lui delle crepe, ma solo un campione sempre sul pezzo.
Bisognerebbe riesaminarlo sotto stress, messo più volte all'angolo da una pesante sconfitta o da un infortunio. Per sua fortuna non gli è mai successo. Vedremo se capiterà in questo Tour che presenta, oltre ai tamponi di controllo, non poche trappole. A partire, quinta tappa, dalle pietre della Parigi-Roubaix . Un omaggio alla foresta di Aremberg, che può provocare molte sorprese. Fu proprio su queste pietre che nel 2014 Vincenzo Nibali cominciò a costruire il suo primato. Dopo si andrà nei Vosgi alla Super Planche des Belles Files, salita impegnativa con un arrivo su uno sterrato che invita ai colpi di mano e ad attacchi che possono lasciare il segno.
Un percorso classico
Come percorso, è un Tour molto “classico.” Un format ormai consolidato. Che passa prima dalle Alpi e poi va sui Pirenei con cinque arrivi ad alta quota (in totale) e due tappe a cronometro, l'ultima delle quali di 40,7 km prima dell'arrivo a Parigi.
Gli avversari di Pogacar sono i soliti. I più minacciosi sono quelli della Jumbo Visma, capitanati da Roglic, ma con due alternative come Vingegaard e Van Aert. In chiave di classifica, allo stesso livello, i big della Ineos, Thomas e Martinez, supportati da Filippo Ganna, che all'avvio per la maglia gialla dovrà vedersela con Pedersen e Mathieu Van Der Poel.
E i francesi? Anche loro, come gli italiani, sono messi male. Oltre a non sfilare in maglia gialla a Parigi dai tempi di Fignon e Hinault (1984), non riescono a trovare una figura emergente per il futuro. Thibaut Pinot e Romain Bardet, pur combattivi, non sono dei big di prima fila. L'idolo di casa, Julian Alaphilippe, campione del mondo, per i postumi di un grave incidente alla Liegi, non sarà al via.
Concludiamo con due auspici, il primo, poco rassicurante, è che il Tour non venga mutilato dai contagi del Covid. Giustamente le regole (chi è positivo va a casa) sono severe e non ammettono eccezioni, però questa precarietà sicuramente peserà. Il secondo auspicio è per Damiano Caruso, nobile luogotenente delle cause altrui. Speriamo che questa sia la volta buona e che Damiano corra soprattutto per se stesso. Il siciliano ha già dimostrato d'avere le carte in regola per finire tra i primi cinque. Sarebbe una bella impresa.
In totale gli italiani al via sono 14. Alcuni, come Moscon, Ciccone e Bettiol, non sono dei pivelli. Ma al Tour, dovendo occuparsi dei loro capitani, non avranno molte chances.
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