Tra Disney e Fox di Murdoch il deal è cosa fatta. Via libera dalla Cina
Dal nostro corrispondente Riccardo Barlaam
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Il finale non era affatto scontato. Come nei migliori film. Ieri è arrivato il via libera dell’Antitrust cinese alla maxi acquisizione di The Walt Disney Company sulla 21st Century Fox di Rupert Murdoch. Operazione da 71,3 miliardi di dollari. Era l’ultimo grande scoglio da superare dopo il via libera degli azionisti delle due società e il semaforo verde del Dipartimento di Giustizia Usa e della Ue. Il matrimonio ha richiesto l’approvazione di numerose autorità regolamentari nel mondo, in tutti i paesi dove è presente Disney (praticamente ovunque) dove l’operazione pone questioni legate alla concorrenza.
Alcune autorizzazioni, minori, devono ancora arrivare. Ma quella cinese era la più delicata, perché il procedimento si è incrociato alla war trade scatenata da Trump contro la Cina. Era delicata anche in ragione delle quote di mercato Disney nel paese asiatico, che è il secondo più grande per i ricavi nel box office dopo, appunto, gli States. Per questo motivo più di un analista, prima della notizia del via libera dell'Antitrust cinese arrivata ieri, ipotizzava una bocciatura del deal.
Non è andata così. Disney è una società davvero globale e in questo momento la Cina è la superpotenza campione della globalizzazione, ha fatto notare qualcuno. Il ceo Bob Iger, peraltro, vanta delle relazione personali molto buone con il presidente cinese Xi Jinping: nel 2016 in occasione dell'inaugurazione del Disney Resort di Shanghai fu invitato dal presidente Xi in una cerimonia nella Grande casa del Popolo, la sede dell'Assemblea nazionale cinese, onore da cerimoniale molto raro per un “non capo di stato”. Eppoi va detto anche che i film Disney, tutti i personaggi dei cartoon e il loro immaginario piacciono tanto ai cinesi: l'ultimo film della casa Avengers: Infinity War è stato campione d'incassi, al primo posto nei cinema cinesi nel 2018 con 360 milioni di dollari di biglietti staccati.
Dal 2005 il gruppo Disney è guidato da Iger, che ricopre le cariche di presidente e ceo. Manager con il tocco del re Mida. Perché ogni volta che compra qualcosa spende e spande, ma poi, come per magia, in un classico cartone Disney tipo Fantasia, con un tocco di bacchetta riesce subito dopo ad aumentare il giro d'affari, dando un senso anche finanziario all'allargamento del perimetro della società che è cresciuta enormemente sotto la sua gestione.
Con Iger al timone, nonostante le tante acquisizioni, i ricavi del gruppo Disney sono passati dai 31,9 miliardi di dollari del 2005, ai 55,7 miliardi del 2017. Nello stesso periodo, la capitalizzazione di Borsa è salita da 48 a 150,6 miliardi di dollari, con un aumento del valore del titolo di circa il 350 per cento e utili sempre in crescita.
The Walt Disney Company prima dell'ultima maxi acquisizione del gruppo di Murdoch era già il più grande conglomerato globale nei media. Con asset in cinema, televisione, editoria, merchandising, parchi a tema. Gli Studios producono film con i marchi Walt Disney Pictures, Disney Animation e Pixar.
Pixar, la società di animazione fondata da Steve Jobs, la prima a realizzare film interamente in digitale, è stata comprata da Disney, sotto la gestione Iger, nel 2006 per 7,4 miliardi di dollari.
Nel 2009 Disney poi ha acquisito Marvel per 4,3 miliardi (i film dell'Uomo Ragno, Captain America, Ironman). Nel 2012 ha aggiunto al ricco catalogo anche Lucasfilm per 4 miliardi (Indiana Jones e la saga di Guerre Stellari).
L'ultima scommessa di Iger era la quota di maggioranza di Fox in mano all'87enne Rupert Murdoch, che controlla la 21st Century Fox e la pay tv europea Sky (finita invece a Comcast). Ed è quasi giunta anch'essa al termine. L'operazione si prevede verrà definitivamente perfezionata nella prima metà del 2019 con le ultime approvazioni delle varie autorità regolamentari, meno importanti tuttavia del via libera cinese che era, come detto, lo scoglio maggiore da superare.
Bisognerà vedere se anche questa volta Iger riuscirà nella sua magia di far aumentare il fatturato di Disney Company l'anno dopo, nonostante i 71,3 miliardi da pagare, prezzo ritenuto da alcuni analisti elevato, di certo non a buon mercato, per conquistare il controllo del gruppo del tycoon australiano, che forse ora può pensare alla pensione, sistemate le cose.
Avatar, X-Men e The Simpsons entrano a far parte della grande famiglia Disney oltre allo sterminato catalogo di film 21th Century Fox. Entrano tra gli asset Disney inoltre circa 300 canali televisivi di Fox, tra cui Abc, Espn, National Geographic, e il 60% del servizio streaming di Hulu. Tutti mattoni importanti in quella che sarà la nuova sfida di Disney Company nello streaming video con il lancio il prossimo anno della sua piattaforma di streaming online direct-to-consumer, denominata Disney+ con la quale cercherà di contrastare il dominio di Netflix che solo negli Stati Uniti può contare su oltre 50 milioni di abbonati.
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