Tra scandali e scommesse l’Italia di Bonaventura cerca il suo riscatto domani a Wembley
di Dario Ceccarelli
4' di lettura
E’ un sentimento strano e contrastante quello che prevale dopo il 4-0 con Malta che ci porta a Londra con la schiena più dritta e la mente più sgombra. Certo i ragazzi di Spalletti, dopo la tempesta degli avvisi di garanzia piombati su Coverciano, potevano andare definitivamente a fondo. O incistarsi in una di quelle serate dove tutto va storto e il pallone scotta tra i piedi. Le giustificazioni non sarebbero mancate dopo aver visto Zaniolo e Tonali ritornare a casa con le facce stravolte di chi per la prima volta vede l’abisso in cui può precipitare.
Invece, grazie anche a Spalletti, capace come un buon padre di schermare la squadra ma senza fare sconti (“molti giovani vorrebbero vivere come viviamo noi, e non possono; noi siamo privilegiati, e se qualcuno non sa riconoscere questo dono, deve metterci mano, chi sbaglia deve pagare…”), grazie anche a Spalletti l’Italia ha reagito bene. Con entusiasmo e passione. Vero che ci sono volute le invenzioni di Jack Bonaventura e Domenico Berardi per uscire dall’impasse di un primo tempo impacciato e nervoso.
Però i talenti servono anche a questo: ad accendere la luce quando intorno c’è buio. Nella ripresa, sciolto il grumo della tensione, gli azzurri hanno giocato con maggiore disinvoltura arrotondando il risultato con la seconda perla di Berardi e il guizzo di Frattesi, confermatosi mediano con licenza di segnare (3 gol nelle ultime 4 partite). Da segnalare la splendida prestazione di Bonaventura, talento dimenticato del nostro calcio, ripescato con tempismo da Spalletti.
Qualcuno dice: comodo con Malta… Meglio lasciare perdere questi discorsi visto che ci siamo fatti soffiare un Mondiale proprio incespicando con una squadra come la Macedonia.
L’Inghilterra non è imbattibile
Comunque, domani sera a Londra ce la possiamo giocare. Oltre a Zaniolo e Tonali, mancherà anche Chiesa, ma questo ormai l’abbiamo metabolizzato. Il problema del centravanti resta ancora insoluto, ma questo gruppo si è guadagnato la fiducia di Spalletti dimostrando che al gol ci può arrivare in tanti modi. L’Inghilterra è forte, guida il gruppo C con 3 punti più di noi, ma non deve spaventarci. Anche se sono gli inventori del calcio, a Wembley li abbiamo già battuti. Possiamo farlo ancora, anche se sarà dura.
E comunque, per l’Italia, questo di Londra non è un passaggio decisivo. Il nostro “competitor” è l’Ucraina (10 punti come l’Italia) che incontreremo il 20 novembre a Leverkusen dopo aver ospitato tre giorni prima la Macedonia a Roma. Ecco, è in questi tre giorni che giochiamo il pass per la Germania. Ovvio che battere gli inglesi a Londra ci alzerebbe l’autostima e il buon umore. Che son cose che fanno bene, e non solo al calcio. L’importante è che gli azzurri vadano il campo a testa alta. Soprattutto con la determinazione di chi è ancora campione d’Europa, cosa quest’ultima che, tra una bufera e l’altra, ci siamo dimenticati.
L’ennesimo calcio scommesse
Anche se la Nazionale, finora, ha reagito bene, non si può fingere che tutto vada bene. Vedere questi ragazzi, che come dice Spalletti sono dei “privilegiati”, annaspare nel nuovo gorgo del calcio italiano, non aiuta a simpatizzare per uno sport che, invariabilmente, ricade negli stessi vizi. Inutile far qui il triste elenco dei precedenti a partire da quell’incredibile domenica (13 marzo 1980) in cui le camionette della polizia entrarono all’Olimpico e anche nelle case degli italiane con la cronaca in diretta televisiva di Paolo Valenti, conduttore di tutto “Novantesimo minuto”.
Per quello scandalo furono arrestati 13 giocatori. E tra gli squalificati anche Paolo Rossi che tornò in Nazionale due anni dopo grazie a Enzo Bearzot che lottò contro tutto e tutti per portarlo ai Mondiali del 1982 con i risultati che sappiamo (Italia Campione del Mondo e Rossi capocannoniere con 6 gol).
Purtroppo il gioco illegale, come un fiume carsico, è andato avanti. Solo che nelle successive inchieste (1986 e 2010) molto più gravi rispetto all’attuale, gli accusati erano quasi sempre calciatori a fine carriera o figure improbabile di categorie minori.
Questa volta invece i primi ad essere coinvolti sono giocatori di prima fila, ricchi e ancora giovanissimi. Con un grande futuro davanti, insomma.
Perchè? Che bisogno hanno di scommettere su piattaforme illegali? Qual è la molla? Una prima risposta è stata data dallo stesso Spalletti quando li ha chiamati “privilegiati” che non si rendono conto della fortuna che hanno tra i piedi.
Un’altra risposta l’ha fornita Giuseppe Marotta, dirigente dell’Inter, ricordando che questi calciatori, anche se importanti, “restano dei ragazzi” con le tante fragilità di chi si trova subito ricco e famoso e con tanto tempo vuoto da riempire.
Ricchi, famosi e poco strutturati
E qui viene fuori il resto. E il resto riguarda le famiglie e tutto l’ambiente in cui questi ragazzi sono cresciuti. Un ambiente che li ha viziati, troppo protetti e non educati ai valori più importanti della vita. Non c’è solo il calcio, non c’è solo la playstation. Tonali, tornato a casa, si è messo a piangere. Ha avuto bisogno di un supporto psicologico.
Lo stesso Zaniolo, cresciuto in una famiglia tutta proiettata nel suo futuro di campione, nel passato è incappato in un sacco di guai, guai più comportamentali che di sostanza. Non come Balotelli, ma insomma, poco ci manca. Fagioli, per rimediare, sta patteggiando ammettendo tutto. Sono ragazzi poco strutturati, non in grado di gestire il lato oscuro della popolarità e dell’enorme ricchezza che piove loro addosso.
Pensiamo alla differenza con campioni come Paolo Maldini o Gianluca Vialli. Grandi giocatori, di enorme talento, indubbiamente ricchi, ma anche uomini, capaci di capire la differenza tra bene e male.
La ludopatia, certo, può colpire tutti. E’ una malattia trasversale come dimostrano i 25 miliardi all’anno che frutta il gioco illegale. Gioco che partorisce migliaia di piattaforme clandestine. Però nel calcio questo vizio trova terreno fertile. Sarebbe ora di rifletterci. L’ex procuratore Roberto Di Martino, in prima linea in un’indagine del 2011, ha rivelato in una intervista alla Gazzetta dello Sport che un calciatore, coinvolto nell’inchiesta di Cremona, gli aveva detto che “scommetteva ll 70 per cento dei suoi colleghi”
Un pozzo troppo nero? Forse le proporzioni sono esagerate, però il dato è inquietante. E non va messo sotto il tappeto. Anche per non dare sempre la soddisfazione a gente come Fabrizio Corona, disinvolto frequentatore di San Vittore, di farsi bello scoperchiando il marciume del calcio.
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