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Transizione energetica, il tempo è contro di noi

Se oggi è chiaro perché bisogna attuare in fretta la transizione energetica e quando il processo avrebbe dovuto prendere corpo (anni fa), rimangono dubbi sul come.

di Nick Stansbury*

(Adobe Stock)

3' di lettura

Se oggi è chiaro perché bisogna attuare in fretta la transizione energetica e quando il processo avrebbe dovuto prendere corpo (anni fa), rimangono dubbi sul come. Riteniamo che la misura più efficace per abbattere le emissioni è quella di stabilirne un prezzo efficiente e anche ingente. Ad oggi, circa il 23% delle emissioni sono soggette a un “carbon price”, ma spesso questo è settato su livelli troppo bassi per fare davvero la differenza. Per contestualizzare, si consideri che in media si pagano 6 dollari per ogni tonnellata di CO2 e solamente al 4% delle emissioni è applicata una tassazione in linea con gli obiettivi stabiliti dagli Accordi di Parigi. Introdurre un carbon price significativo a livello globale, mediante una tassazione esplicita o un meccanismo di cap-and-trade, è più che mai urgente al fine di incentivare una massiva allocazione di capitale volta alla realizzazione di un sistema energetico a basse emissioni.
Tuttavia, se si osserva obiettivamente lo scenario politico odierno, si può capire come l'attuazione di un provvedimento simile sia poco probabile, almeno in tempi brevi, con i più che sembrano preferire la prolungata procrastinazione del problema alle azioni concrete. Sfortunatamente, quando si parla di cambiamenti climatici, questa strategia presenta dei costi elevatissimi e la nostra maggiore preoccupazione è che i mercati stiano pesantemente sottostimando gli effetti finanziari che questo continuo rimandare potrebbe avere.
In particolare, riteniamo che questi non abbiano capito che il futuro peggiore che potremmo trovarci ad affrontare non rientra nel “business as usual”, con le imprese che nei prossimi 20 o 30 anni potranno continuare a generare emissioni come fatto finora. Piuttosto, è molto più probabile che il peggioramento delle condizioni attuali obbligherà i governi ad attuare politiche drastiche nel corso dei prossimi anni ‘30.
Più tardi arriverà la reazione ai cambiamenti climatici e più questa sarà impattante dal punto di vista economico, e quella che doveva essere una transizione armonica, guidata dal mercato, in un arco temporale di 25 anni, rischia di trasformarsi un processo caotico di transizioni in ordine sparso, con il grosso degli sforzi per la decarbonizzazione che dovranno essere dispiegati nella prossima decade.
Qualora questo scenario dovesse effettivamente realizzarsi, le spese che dovremo affrontare saranno circa il 10% del Pil mondiale, con i nostri modelli che suggeriscono come questa stima tenda a sottostimare, piuttosto che a sovrastimare, la realtà. Inoltre, si prevede che anche la pressione inflazionistica che il sistema si troverà a dover riassorbire sarà molto alta; una pressione che, sfortunatamente, sarà redistribuita in modo molto disomogeneo. In particolare, prevediamo che questa avrà un impatto maggiore nelle economie emergenti dell'Asia del Sud e dell'Africa Subsahariana, dato che le conseguenze di questi ritardi saranno percepite principalmente dai comparti del food e della produzione di beni con scarso valore aggiunto.
Spesso si può essere tentati di non prestare attenzione a questo tipo di analisi, consolati dal fatto che ci sono fattori che possono effettivamente mitigare questi rischi. Tuttavia, esistono anche fattori che questi rischi li possono peggiorare e sono anche più numerosi. Infatti, quando si conduce queste ricerche, spesso si dà per scontato che l’azione politica globale sarà ben coordinata e che il capitale fluirà in modo naturale e senza grandi problematiche. In realtà, sappiamo che può benissimo non essere così e che questo tipo di assunti porta più a sottovalutare che a sopravvalutare il potenziale costo finanziario. Questi shock, che si dovranno concentrare nell'arco di 10 anni, avranno conseguenze sulla redditività delle imprese e porteranno sicuramente a un impatto negativo anche dal punto di vista geopolitico.
Sebbene alcuni aspetti potrebbero essere stati già scontati, considerando l'orizzonte temporale molto lungo e l'incertezza che circonda tutto il percorso della transizione, è molto probabile che siamo ancora ben lontani da una valutazione completa della questione. Purtroppo, a meno che non si assista a un radicale cambiamento della policy che porti a un efficiente sistema di prezzi delle emissioni, riteniamo che il giorno in cui i mercati saranno costretti a confrontarsi con quello che potrebbe essere un pessimo futuro sia sempre più vicino e che, a quel punto, ci troveremo a dover fare i conti con una transizione molto più costosa, impattante e, sfortunatamente, anche ingiusta, di quello che poteva e doveva essere, con conseguenze anche drammatiche per i mercati finanziari.

(*) Head of Climate Solutions di LGIM

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