Trasporti internazionali, lo spedizioniere attesta l’incarico diretto al vettore
Il regime di non imponibilità dell’Iva è inapplicabile «a catena» nei sub-rapporti. Il trasportatore deve essere certo del legame tra il suo committente e l’esportatore
di Matteo Balzanelli, Massimo Sirri, Riccardo Zavatta
3' di lettura
Trasporti internazionali sempre al centro dell’attenzione. Diversi interventi di prassi hanno infatti delineato l’effettiva portata della modifica dell’articolo 9 del Dpr 633/72. La modifica – che, ricordiamo, ha effetto dalle operazioni eseguite dal 1° gennaio 2022 – restringe l’ambito della non imponibilità Iva alle sole prestazioni di trasporto relative a beni in esportazione, transito, importazione temporanea o definitiva (se il corrispettivo del servizio, in tal caso, è incluso nella base imponibile in dogana) che siano rese all’esportatore, al titolare del regime di transito, all’importatore, al destinatario dei beni o al prestatore dei servizi di cui al n. 4 dello stesso articolo 9.
Oltre alla circolare 5/E/2022, che ha fornito le prime indicazioni sulle novità della disciplina, si segnalano alcune risposte a interpello. Ultima in ordine di tempo e particolarmente significativa è la risposta 392 del 26 luglio scorso.
Il nodo dell’applicazione a catena
La norma prevede ora – in linea con le conclusioni della corte di Giustizia Ue (sentenza C-288/16) – che l’esenzione (nella terminologia comunitaria) spetta solo alle prestazioni fornite “direttamente” ai soggetti sopra individuati. La non imponibilità è invece esclusa per gli eventuali sub-rapporti posti in essere dal vettore principale, compreso il caso dei consorzi e delle cooperative che affidano, in tutto o in parte, il trasporto ai consorziati/soci. I sub-vettori, pertanto, ove si tratti di soggetti nazionali, devono fatturare la prestazione al vettore/appaltante con applicazione dell’imposta.
Secondo la citata risposta 392/22, ciò vale anche qualora il soggetto che affida in tutto o in parte il trasporto sia uno spedizioniere/operatore doganale, ossia uno dei soggetti ai quali il nuovo comma 3, articolo 9, del Dpr 633/72 (letteralmente) consentirebbe di ricevere fatture non imponibili. E questo perché, nella fattispecie esaminata, tale operatore in realtà non agisce in veste di spedizioniere, bensì quale soggetto che, a sua volta, ha ricevuto l’incarico da un altro spedizioniere che (egli sì) è in diretto contatto con l’esportatore.
La soluzione adottata appare concettualmente corretta, mirando a evitare – come sostiene la risposta dell’Agenzia – che trovi spazio un’applicazione “a catena” del regime di non imponibilità: proprio l’effetto che la sentenza C-288/16 e la conseguente modifica dell’articolo 9 puntano a evitare.
L’attestazione del committente
Per quanto legittima, l’impostazione fatta propria dalle Entrate rischia però di creare qualche complicazione. Si pensi al trasportatore residente che, come nel caso dell’interpello, riceve da uno spedizioniere anch’egli residente in Italia l’incarico di eseguire la singola tratta di un trasporto internazionale di merce destinata all’esportazione.
Per essere certo di emettere correttamente fattura non imponibile Iva, il trasportatore non solo deve intervenire in un trasporto di beni che sono effettivamente trasportati in vista di un’esportazione (operazione che, peraltro, può avvenire anche a partire da un altro Stato Ue e non necessariamente dall’Italia, come confermato dalla circolare 37/E/2011); ma dovrebbe altresì essere in grado di far constare che il proprio committente è lo spedizioniere che ha ricevuto, direttamente dall’esportatore, l’incarico di stipulare il contratto di trasporto. Tale circostanza, nella prospettiva del vettore, si ritiene non possa che essere “attestata” dallo spedizioniere/committente, ossia dalla propria controparte contrattuale, mediante rilascio di un’apposita dichiarazione.
In mancanza di diverse indicazioni, non si vede infatti come il trasportatore potrebbe altrimenti giustificare di non essere parte di una “catena” e quindi di aver correttamente applicato il regime di non imponibilità.
Analoga è l’impostazione seguita anche nella precedente risposta a interpello 370/22. Esaminando il caso dei trasporti relativi a beni in regime di transito doganale (merci che viaggiano scortate da documento T1), le Entrate affermano espressamente che, per poter beneficiare della non imponibilità Iva di cui all’articolo 9, comma 1, n. 2, Dpr 633/72, occorre che il servizio sia “diretto”: con ciò intendendo non solo che deve trattarsi di un trasporto relativo a beni che si trovano allo “stato estero” e quindi “in transito” (condizione di tipo oggettivo), ma anche che la prestazione dev’essere resa – come chiede la norma – nei confronti del titolare di tale regime (condizione soggettiva).
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