Tre fronti aperti dalle fake news sull’immigrazione
di Antonino Vaccaro
3' di lettura
Negli ultimi quattro mesi ho condotto un semplice esperimento all’interno dei corsi e seminari che ho offerto in Europa, negli Stati Uniti e in America Latina. Per dovere di cronaca, la maggior parte dei partecipanti sono persone di età compresa tra i 27 e i 70 anni, manager di multinazionali o aziende pubbliche, distribuiti molto approssimativamente tra una metà europea (pochissimi gli italiani) e l’altra extra-europea.
L’esperimento consisteva nel menzionare Sei paesi europei (Francia, Inghilterra, Italia, Polonia, Spagna e Ungheria) e chiedere a ciascuna persona di indicare quello che aveva negato nel 2018 l’accesso al proprio territorio al più alto numero di cittadini non europei.
Non vi stupirà che il Paese segnalato dalla stragrande maggioranza, oltre l’80%, su un campione di oltre cinquecento persone, è stato l’Italia. Ho appuntato decine di frasi assai offensive nei confronti del nostro Paese, espresse da persone genuinamente preoccupate per la sorte di centinaia di migliaia di emigranti. La fine dell’esperimento consisteva nell’esposizione di un estratto e di una figura dall’ultimo rapporto Eurostat “Enforcement of immigration legislation statistics. Statistics Explained”, pubblicato nel luglio del 2019:
«Nel 2018, a circa 471.200 cittadini non europei è stata rifiutata l’entrata nella Ue 28 presso uno dei suoi confini. Circa metà del numero totale dei dinieghi è stato registrato in Spagna (230.500; 48,9%), con i numeri più alti a seguire in Francia (70.400) e Polonia (53.700); questi tre Paesi insieme contano per tre quarti (75,3%) del numero totale di cittadini non europei a cui è stato rifiutato l’accesso nei territori dei paesi Ue a 28 nel 2018».
La figura riportava invece le percentuali per Paese del numero di immigranti, rispetto al totale sopra menzionato, a cui è stato negato l’accesso alla frontiera: Spagna 48,9%, Francia 15,0%, Polonia 11,4%, Regno Unito 3,5%, etc. L’Italia figura solo come ottavo paese con l’1,7%.
Credo che i risultati di questo piccolo esperimento ben evidenzino un esemplare caso di disinformazione che ci può suggerire almeno un paio di riflessioni.
La prima, il mondo delle fake news, un termine che adesso va tanto di moda, è talvolta ben più lineare di quanto si possa immaginare. Non c’è mica bisogno di oscuri sistemi di intelligenza artificiale o chissà quali agenzie di servizi segreti per immettere nel sistema informativo globale informazione falsa e tendenziosa. La manipolazione dell’informazione avviene per esempio quando il presidente francese Emmanuel Macron, si affretta a criticare pubblicamente la politica migratoria dell’Italia, dimenticando le responsabilità del proprio Paese. La manipolazione dell’informazione avviene analogamente quando quelle stesse nazioni, che sono in cima alla lista dei respingimenti, conferiscono fior di medaglie e distinzioni alla capitana della Sea Watch Carola Rackete. Tecnicamente parlando, questi due esempi rappresentano azioni simboliche che occultano delle strategie sostanziali opposte. Ricordiamo facilmente le dichiarazioni dei leader politici europei contro l’Italia, l’approdo hollywoodiano di Richard Gere alla Open Arms, i conferimenti delle medaglie a Carola Rackete, ma purtroppo disconosciamo importanti dati oggettivi e realtà inumane come il muro di Melilla.
La seconda riflessione riguarda la gestione dell’immagine nazionale. È evidente che nel complesso e turbolento sistema di precari equilibri europei, un’azione denigratoria contro il nostro Paese fa comodo a molti. L’Italia è il luogo dei paradossi: tanta corruzione e disorganizzazione da un lato, eccellenza industriale e innovazione dall’altra. Non c’è alcun dubbio che la questione migratoria sia un tema morale e sociale che divide l’Italia, ma non dobbiamo mai dimenticare la strumentalizzazione di alcuni Paesi stranieri a nostro scapito per perseguire fini che certamente non sono umanitari. Che sia chiaro che così il danno è triplo, quello all’immagine del nostro Paese, quello commerciale che ne segue e quello umanitario.
Forse è arrivato il caso di chiedere ai tre Paesi europei che oggi respingono il 75% degli emigranti, rispettivamente Spagna, Francia e Polonia, di prendere seriamente le proprie responsabilità e non riversarle sulle nostre spalle.
Iese Business School - Università di Navarra
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