Tre, il numero imperfetto
I legami familiari (in tutte le loro possibili combinazioni di età, generi e ruoli) sono l'accordo maggiore delle nostre vite. Non sempre magico né capace di rispondere ai desideri, ma dove gli anni si contano secondo un tempo sincronico e reciproco
di Gigi Spina
2' di lettura
Jimmy Doyle (Robert De Niro), sassofonista, e Francine Evans (Liza Minnelli), cantante: si conoscono, si amano, hanno un figlio, Jimmy Doyle Jr. (Adam Winkler), si lasciano. Tre, un numero che passava per perfetto, una volta. Il film è New York, New York (Martin Scorsese, Usa 1977): in una delle scene iniziali, Jimmy corteggia Francine in un taxi. Le spiega che tre cose valgono per lui. Nell'ordine: musica, denaro e… – il terzo elemento viene mimato: amore.
Quando si trova, questo terzo elemento passa al primo posto, il primo al terzo e il secondo dovrebbe rimanere lì dov'era, ma qui inizia una sequenza esilarante per stabilire il nuovo ordine, nella confusione degli spostamenti. Quando c'è tutto questo, allora c'è il “magico accordo”, conclude Jimmy. «Cos'è il magico accordo?», chiede Francine.
Nella versione originale (quindi per la maggior parte degli spettatori nel mondo) la risposta di Jimmy è: «When everything works out perfectly, when you have everything you want». Ma se facciamo un passo, o qualche frame indietro, ancora nella versione originale, il magico accordo è in realtà «the major chord», nell'ordine: la donna che vuoi, la musica che vuoi, i soldi che vuoi. Il terzo elemento è diventato primo e viceversa. Così come “l'accordo in maggiore” è diventato “il magico accordo”, per semplici motivi di adattamento del labiale nel doppiaggio.
La stessa formula serve a Francine, alla fine del film, per dedicare la celebre canzone a Jimmy, divenuto ormai un amico che amava «the major chords». L'accordo in maggiore (tonica, terza e quinta di una scala) non ha nulla di magico che lo caratterizzi in quanto tale; magico forse è il passaggio da maggiore a minore, con relativa percezione di slittamento da lieto a triste, in genere. È invece una metafora musicale molto più esplicita e concreta dell'accordo (per quanto magico), che può essere inteso, certo, come armonia, ma anche come intesa, patto, consenso, complicità.
Allora forziamo la metafora, complichiamola con una sinestesia. Riusciamo a “vedere” un accordo in maggiore? Come si dispongono i tre elementi? Che non saranno più note, ma i volti noti di un nucleo, quello che, secondo Cicerone, nel De officiis, è l'ultimo grado della societas umana, che da immensa si restringe in uno spazio più piccolo e ridotto: la famiglia.
Tre elementi base, tre diverse età, magari, senza ruoli fissi di genere; e non, come nell'enigma della Sfinge per Edipo, tre età in sequenza diacronica, bensì in accordo sincronico, appunto. Libero, ciascuno, di scegliersi il ruolo principale di amore, musica o denaro, ma disposti tutti a influenzarsi reciprocamente e alternativamente. Con la capacità, ciascuno, di saper interpretare tutti e tre i ruoli, ma con l'accento diverso dell'età e, qui sì, con il punto di vista diverso del genere.
Un accordo in maggiore può estendersi fino a cinque note, riproponendo la tonica nell'ottava successiva. Nuove funzioni, nuove complicazioni o un ulteriore arricchimento? Forse tutto dipende dalla voce distinguibile delle tonalità diverse e insieme armoniche. Musica, denaro e amore, per quanto fondamentali, non saturano le ambizioni umane.
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