Trend di stagione, per un cambio di look basta un paio di calze
Collant, gambaletti e parigine rimettono le gambe al centro del guardaroba. Con focus sulle fibre naturali, le cromie e gli abbinamenti con le scarpe.
di Silvia Paoli
3' di lettura
Furono il minimalismo e una certa dose di eroismo gli eccipienti che si catalizzarono intorno al trend della gamba nuda e che lo trasformarono da un'uscita di stagione in un modo di essere. Trasversale e intergenerazionale. Non era una questione di età o valoriale quella della rinuncia alla calza a fine anni Novanta del Novecento (dopo un boom mastodontico negli anni Ottanta, in cui l'Italia è stato il primo produttore mondiale di collant), ma una libertà in più, sì: da elastici che – all'epoca – segnavano e – ahimè – prudevano, da una spesa, da una perdita di tempo. Una libertà comunque, perché quel che riguarda le gambe ha sempre avuto una connotazione di auto determinazione: con le gambe si va, con le gambe si “scappa”, con le gambe si resta. Si manifesta la propria libertà sessuale; sotto una minigonna, si esprime femminilità e seduzione, indirizzata prima di tutto a se stesse, in una sorta di riconquista personale.
Hanno soprattutto questa valenza le calze della capsule collection Carine Roitfeld per Pierre Mantoux: sette calze (nere), dei fili più fini, con dettagli curatissimi, come la piccola Tour Eiffel in velluto che decora la caviglia nel retro del modello Fierce. Sette pezzi da 90, come 90 sono gli anni dell'azienda di Mantova. Per il suo amministratore unico, Patrizia Giangrossi, ora come allora, sono tre le qualità imprescindibili di una calza: «Deve essere femminile, avvolgente e confortevole, in fibre naturali o tecniche, e deve rendere seducenti le gambe di una donna, valorizzandole». Qualcosa è cambiato, però. Se l'acquisto delle calze era spesso un gesto di emergenza (si è sfilata!) e last minute, oggi anche i tempi e i modi di acquisto sono diversi. «Il ciclo di vita della calza», continua Patrizia Giangrossi, «si è allungato grazie all'innovazione tecnologica; le calze sono resistenti e non durano più solo una stagione. L'attenzione alla qualità da parte del cliente, all'aspetto moda di questo prodotto, fa sì che le calze non siano un acquisto last minute, ma di inizio stagione».
Va da sé che se è la moda, con le sue tendenze, a influire sull'acquisto, la calza si trovi a giocare un ruolo diverso nella costruzione di un outfit, che «può ruotare proprio intorno a un paio di collant, fantasia o jacquard. Le calze possono essere paragonate a un bel paio di scarpe, ovvero un accessorio che contraddistingue un look». Ma quali sono le favorite delle donne più giovani? In azienda Patrizia Giangrossi collabora con le due figlie, Chiara e Costanza Ferraris, e dunque sa cosa le generazioni più giovani prediligono in questo campo: «Non solo collant, ma gambaletti, parigine e calzini che si indossano più facilmente con sneaker e con pantaloni e si abbinano a un abbigliamento più informale. C'è anche molta attenzione alle fibre naturali e alla gamma colori».
Da 90 a quattro, anni. Sono quattro quelli di un'azienda come Maison Soksi, prodotto Made in Italy, creata nel 2018 da Andrea Giorgini, che condivide il concetto di calze come accessorio cruciale nel guardaroba femminile, per la presenza di modelli, design e palette di colori mai visti prima: «Non bisogna parlare in termini di “osare”, ma di “esprimersi”. Abbiamo modernizzato un accessorio classico e lo abbiamo trasformato in uno statement. L'introduzione delle calze colorate con design moderni è stata la nostra strategia: tantissime donne che prima vedevano la calza solo come qualcosa che copriva la gamba ora invece, grazie anche ai colori, la vedono come qualcosa che permette di essere notate». Ovviamente lo studio sui materiali e sui disegni è parte centrale del
successo del brand: «Le nostre fabbriche producono dal 1950 un prodotto Made in Italy di altissima qualità e, negli ultimi anni, abbiamo implementato la ricerca per introdurre design con materiali più particolari come denim e faux fur».
Ed è sul materiale che si gioca la sfida più ardua del collant: per farne un paio servono 14 chilometri di nylon, ogni anno se ne producono otto miliardi di pezzi, indossati una volta e poi gettati in discarica. Una soluzione? I filati di riciclo, come il nylon stretch usato da Wolford. Perché libertà vuol dire anche avere collant longevi, comodi, sostenibili. E che si lavano a 30 gradi in lavatrice.
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