3' di lettura
Un attacco informatico che va a segno è sinonimo di costi potenzialmente molto alti, perché ai danni legati all’interruzione delle normali attività, o persino della continuità aziendale, si sommano quelli alla reputazione. UNIS&F, la società di servizi e formazione del Sistema Confindustria che opera nelle province di Treviso e Pordenone, ha ideato con il patrocinio di Clusit e del Club Bit (Associazione di IT Manager del territorio) il primo Executive Master in Cybersecurity dedicato alle aziende del sistema Confindustria Veneto Est. Pasquale Costanzo, direttore generale UNIS&F, osserva: «I mezzi per difenderci esistono. Ciò che manca sono le competenze per adottare gli approcci tecnologici e metodologici più adatti per proteggerci. Le aziende devono cogliere l’opportunità per ripensare e riorganizzare la propria sicurezza informatica a difesa dell’asset immateriale più importante: i propri dati».
La prima edizione del master, articolato in 50 ore di lezione prevalentemente da remoto, si è svolta tra marzo e aprile, e ha coperto tutti e 15 i posti disponibili, spingendo UNIS&F a offrirne una seconda edizione il prossimo ottobre. «Verranno declinati i diversi ambiti della cybersecurity, con particolare attenzione agli attacchi e alla protezione dei propri dati e dei propri account, oltre al tema della compliance privacy, in modo particolare relativa alle misure di sicurezza informatica e data breach, rispetto ai quali UNIS&F ha maturato esperienze e competenze significative che vengono messe a disposizione delle nostre aziende» segnala Costanzo. Con un costo di 2.400 euro per le aziende associate (2.900 per le non associate), il master è rivolto agli IT manager e ai consulenti ICT delle aziende, ea chiunque gestisca la sicurezza delle informazioni.
Manuel Roccon, IT e security manager di TAKA-WPR, gruppo vicentino specializzato in macchinari e adesivi industriali per il rivestimento di profili e pannelli, ha frequentato la prima edizione. Nel campo della tecnologia operativa, osserva, la cybersecurity è sempre più importante. «Basti pensare alla diffusione dell’intelligenza artificiale e alla crescita di alcuni settori, come IoT e robotica. Queste tecnologie avranno ovviamente un impatto sulla cybersecurity e noi vogliamo essere pronti a gestirlo. Tenersi aggiornati è fondamentale, come pure sensibilizzare i colleghi affinché riconoscano i segnali di pericolo».
Anche Galdi, azienda del trevigiano specializzata in macchine confezionatrici per alimenti e bevande, ha iscritto un suo collaboratore alla prima edizione del master UNIS&F. «Nell’estate del 2018 siamo stati attaccati da degli hacker russi che ci hanno criptato i dati di alcuni server e i backup. Fortunatamente le repliche dei backup offline ci hanno permesso di ripartire senza perdita di dati, in tempi relativamente brevi – racconta Andrea Mattiuzzo, IT manager dell’azienda – Tutte le imprese dovrebbero sentirsi in pericolo, indipendentemente dalle dimensioni. È una minaccia da cui nessuno può considerarsi immune».
Conferma Giorgio Sbaraglia, consulente in materia di Cyber Security e GDPR, membro del comitato scientifico di Clusit, e relatore del master di UNIS&F. «Spesso ci si immagina attacchi informatici sofisticati e complessi, ma nella maggior parte dei casi vedo i pericoli arrivare dai computer aziendali o dai cellulari. Il 90% degli hacker fa leva sull’errore umano, basta che un dipendente clicchi sulla mail sbagliata per aprire le porte ai pirati informatici» dice. «Un grande problema è che le Pmi fanno spesso un ragionamento pericoloso secondo il quale loro non subiranno mai un attacco informatico perché poco allettanti». Sbaraglia rileva comunque una certa sensibilità sul tema fra le aziende del NordEst, e in particolare in Veneto, «tra le regioni italiane in cui il tema della cybersecurity è molto considerato».
Oltre a esperti di sicurezza informatica di rilievo nazionale, i relatori includono anche appassionati di tecnologie digitali, testimoni di casi aziendali concreti, e Andrea Urbani, hacker etico che collabora con Unis&f per portare la cultura della cybersecurity alle aziende. «Opero dal 1996 e sono stato uno dei membri più giovani delle comunità Open Source, GNU/LINUX e Underground Informatico» dice.
A differenza degli hacker malintenzionati, un hacker etico agisce con il permesso dell’organizzazione per cui sta lavorando e nel rispetto della legge. Ad esempio, spiega Urbani, per la valutazione della vulnerabilità: «Si esegue la scansione e si testano la rete e i sistemi informatici di un’organizzazione per scoprire e documentare le vulnerabilità, aumentando il livello di consapevolezza aziendale e fornendo strumenti efficaci per prevenire e rimediare eventuali problematiche».
Inoltre, nel caso di una violazione della sicurezza, «l’hacker etico aiuta a determinare come è avvenuta la violazione, cosa è stato compromesso, come agire a seguito della compromissione o perdita dei dati e infine come prevenire violazioni future».
loading...