Discoteche

Restrizioni e timori frenano la ripartenza del business della notte

Nel lungo week-end riaprono solo un migliaio di locali rispetto agli oltre 3mila pre pandemia. Imprenditori alle prese con gli incassi dimezzati e linee guida bizantine mentre i fornitori dell’Ho.re.ca. tentano di sostenere il comparto

di Enrico Netti

Si torna in pista: le discoteche aprono dopo la lunga serrata

3' di lettura

«Si riparte ma con una gamba azzoppata, siamo imprenditori azzoppati», avverte Luciano Zanchi, presidente Assointrattenimento che aderisce a Federturismo - Confindustria. Oggi dovrebbe essere il Disco Day per il mondo della notte ma all’appello mancano ben 2mila tra discoteche e sale da ballo. Un migliaio di locali hanno cessato l’attività mentre molti imprenditori sono alle strette e faticano a riavviare l’attività perché non sono in grado di assumere il personale e rifornire il bar. Non apriranno inoltre i locali all’aperto. Così in questo lungo week-end si riaccendono le luci solo per un migliaio di locali da ballo.

«In Emilia-Romagna aprirà solo il 30-40% dei locali - conferma Gianni Indino, presidente Silb-Fipe della regione - e le aspettative non sono rosee. Si spera che le restrizioni vengano gradualmente ma velocemente eliminate». «Non è una ripartenza a pieno regime perché in molti hanno paura ad investire per aprire e poi chiudere dopo qualche settimana come è successo lo scorso 24 dicembre - rimarca Zanchi -. Siamo confusi e si sta perdendo la fiducia nelle scelte del ministro Speranza che in alcuni casi non riusciamo a comprendere».

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Capienza al 50%, green pass rafforzato, percorsi distinti per l’entrata e l’uscita, obbligo di indossare la mascherina tranne quando si balla e di garantire almeno 2 metri di distanza tra le persone in pista sono la nuova normalità. C’è da chiedersi come si può ballare il liscio o latino-americano. «C’è soddisfazione per la ripartenza dopo due anni di stop ma non c’è euforia perché le linee guida sono penalizzanti e i costi troppo elevati, così si finisce per lavorare in perdita - aggiunge Maurizio Pasca, presidente Silb-Fipe -. Al Governo chiedo di rivedere le linee guida, fortemente penalizzanti, emanate per il nostro comparto che ha già perso un terzo delle attività. Solo così potremo sopravvivere». In questo lungo week end diventa facile fare il tutto esaurito con l’incognita incassi e la certezza dei costi in forte crescita. «Costi ieri sopportabili come la bolletta elettrica oggi sono diventati proibitivi - ricorda Pasca -. Dopo il fermo non si trovano più le figure specializzate come tecnici, camerieri, manutentori e addetti alla sicurezza».

Alla riapertura gli imprenditori delle sale da ballo arrivano con le tasche vuote dopo due anni di fermo. «Il ragionamento da affrontare non è su quante discoteche apriranno, bensì su quanti operatori della notte sono sopravvissuti alle chiusure determinate dalla pandemia, e soprattutto quanti e in che condizioni ripartiranno – dice Antonio Portaccio, presidente di Italgrob, la Federazione italiana distributori ho.re.ca. -. Nel 2019 erano circa 3.200 gli imprenditori del mondo della notte. La pandemia ha causato la chiusura del 30% dei locali. I restanti sono sopravvissuti nell’arco temporale giugno-settembre nonostante le numerose limitazioni imposte. Oggi, con la decisione governativa che dispone le riaperture delle discoteche, a riaprire i battenti saranno solo un migliaio di queste, giacchè, il resto è costituito da operatori estivi e da timorosi delle restrizioni e della paura degli italiani a frequentare questi luoghi in un momento storico ancora incerto».

Il nodo liquidità pesa moltissimo sulla ripartenza del settore. «La difficoltà maggiore da fronteggiare è la scarsa liquidità economica di questi operatori, visti i pochi aiuti ricevuti dal Governo. Purtroppo dobbiamo ancora fare la nostra parte, sostenendo queste strutture con le forniture come già fatto con bar, ristoranti negli ultimi due anni - continua Portaccio che aggiunge -. Ancora una volta è necessario richiamare l’attenzione sull’argomento “perdite su crediti”. Infatti in tutte le nostre interlocuzioni con la politica, stiamo chiedendo un fondo ad hoc esclusivamente dedicato al comparto della distribuzione Ho.re.ca. Ricordo che negli ultimi due anni, nostro malgrado, ci siamo trovati a sostituire le banche finanziando con le nostre forniture la miriade bar, ristoranti, pizzerie in difficoltà, e con le chiusure subite e con quelle che ci saranno, risulta davvero complicato per noi sostenere il comparto dei consumi fuori casa, vitale per la nostra economia».

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