Troppe sanzioni in un mondo globalizzato
di Zeno Poggi
3' di lettura
Il commercio internazionale vive in un mondo di sanzioni: sanzioni economiche e finanziarie, barriere commerciali, dazi, embarghi, restrizioni, blacklist, controlli sulle esportazioni e sugli investimenti. Il ricorso sempre più diffuso di questi strumenti da parte degli Stati e delle autorità sta mettendo in crisi il modello di globalizzazione degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, caratterizzati da una continua crescita dell'integrazione del commercio su scala mondiale.
In una prima fase, in realtà, le sanzioni erano in certo senso un mezzo per alimentare il processo di globalizzazione, attraverso la diffusione dei valori delle democrazie occidentali, per lo meno agli occhi dell'opinione pubblica. Venivano infatti impiegate come alternativa al conflitto bellico e per far rispettare una serie di diritti: diritti umani, leggi sul settore nucleare e contro l'uso di armi di distruzioni di massa, per la prevenzione dei traffici illegali, del riciclaggio e per la lotta al terrorismo.
Negli ultimi anni si è aperta una nuova fase nello sviluppo delle sanzioni, che sta invece inceppando l'ingranaggio del mercato globale. Alle motivazioni di carattere umanitario, di sicurezza e valoriale, si sono aggiunte ragioni apertamente protezioniste e di guerra commerciale, in primis lo scontro tra Usa e Cina, dettate dalle strategie delle super potenze per conquistare l'egemonia geopolitica del pianeta.
L'amministrazione Trump ha senza dubbio accelerato sul protezionismo e sull'impiego di misure restrittive per scopi geopolitici. Basti pensare - oltre alla guerra dei dazi con Europa e Cina e al fronte tecnologico con Pechino - che tra il 2016 e il 2019 il solo Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha inserito nella propria blacklist più di 3.900 nuovi soggetti ed entità di svariati paesi e settori economici. L'effetto è un sensibile aumento del rischio sanzioni per chi intrattiene rapporti commerciali e finanziari con questi soggetti, un rischio che riguarda non solo aziende e banche americane, ma anche quelle europee per la valenza extraterritoriale delle così dette secondary sanction.
Il protezionismo è tuttavia una prassi non solo statunitense. Secondo uno studio della Banca Mondiale, tra il 2008 e il 2017 i 60 paesi più sviluppati hanno introdotto oltre 7.000 misure restrittive, per un valore complessivo di tariffe imposte superiore ai 400 miliardi di dollari. Anche l'Europa è attiva nella definizione di programmi sanzionatori, ne sono in vigore 37, ma allo stesso tempo subisce le politiche protezionistiche dai paesi extra UE. Secondo il rapporto annuale della Commissione europea sulle barriere al commercio, nel 2019 sono sorte 43 nuove misure restrittive verso gli scambi commerciali europei, per un valore di 35,1 miliardi di euro, arrivando al numero record di 438 barriere (38 Cina, 31 Russia, 25 Indonesia, 24 USA, 23 India e Turchia).
Ad ulteriore dimostrazione del proliferare di misure restrittive, le blacklist internazionali sono molteplici ed in continuo aggiornamento, non solo quelle americane. Ad oggi sono circa 41.000 i soggetti, le entità e le società inserite nelle diverse liste di controllo di Stati Uniti, Unione Europea e ONU, mentre i principali regimi sanzionatori riguardano Iran, Russia, Venezuela, Cuba e Corea del Nord, con effetti di vasta portata su tutto il sistema del commercio internazionale.
L'ormai capillare sistema di restrizioni impatta sempre più sull'operatività quotidiana di imprese e banche, alzando i livelli di rischio di incorrere in sanzioni (amministrative e penali), danni reputazionali e imponendo approfonditi controlli e attività di compliance alle normative internazionali. Per gli operatori è fondamentale anzitutto conoscere e saper leggere la nuova grammatica delle sanzioni economiche e finanziarie internazionali, un compito di cui l'associazione AWOS - A World of Sanctions si fa carico diffondendo cultura d'impresa su questi temi.
Avremo occasione di discutere dell'ampio mondo delle sanzioni il 15 ottobre al Senato della Repubblica, durante la presentazione del rapporto AWOS “Geopolitica e commercio estero” (Rubbettino), con la partecipazione di due relatori istituzionali: il Senatore Adolfo Urso, Vicepresidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, e l'Onorevole Ivan Scalfarotto, Sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri e cooperazione internazionale.
Una partecipazione che evidenzia come il nesso tra regimi sanzionatori, restrizioni, dinamiche geopolitiche, sicurezza economica e commercio internazionale sia di rilevante interesse per un paese come l'Italia fortemente orientato all'export. In uno scenario in cui il Covid sta imprimendo repentini cambiamenti ai rapporti commerciali, agli approvvigionamenti delle filiere produttive globali e alla geografia del rischio paese, e in cui la rivoluzione digitale rappresenta un fattore competitivo sempre più decisivo.
Presidente Awos
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