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Troppo Napoli per tutti: la Serie A finisce qui

Il 3-0 alla Cremonese e il +16 sull’Inter restituiscono l’immagine di una campionato dominato dagli uomini di Spalletti. Che ora pensano alla Champions

di Dario Ceccarelli

Calcio, Careca: "Il Napoli può arrivare in finale di Champions League"

6' di lettura

È una domenica così. Piuttosto grigia. Senza sussulti. Senza sorprese. Rintronati dall’overdose sanremese, piovra tentacolare che avvolge tutto, anche il calcio finisce in un cono d’ombra cui non è abituato. Ma la colpa non è di Mengoni e di Amadeus, o delle baruffe politiche per Fedez o Rosa Chemical che quasi fanno ridere. O piangere a seconda dei gusti. No il vero colpevole è un altro, e bisogna pur dirlo: il vero colpevole è il Napoli, troppo superiore alle altre concorrenti che, miseramente, si arrabattano per stargli dietro. Una sforzo pietoso, degno di miglior causa.

Troppo Napoli per tutti

E non veniteci a dire che la lotta per un posto in Champions ci appassiona e non ci fa dormire di notte. Sì, va bene, meglio tra i primi quattro che ancora più indietro, ma alla fine chi se ne frega di dove stai se tanto il Napoli è sedici punti più avanti dell’Inter, impegnata lunedì sera a Genova contro la Sampdoria. Se i nerazzurri vincessero andrebbero a meno tredici: e allora? Cambierebbe qualcosa? Dopo aver visto come il Napoli ha «scherzato» con la Cremonese, rifilandole tre gol che avrebbero potuto essere anche sei, tutto perde consistenza. A parte le lunghe dittature juventine, mai visto un divario così impietoso.

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Kvara lanciatore di coltelli

Il Napoli è una forza della natura che gioca divertendosi, aspettando che prima o poi gli avversari, per stanchezza, aprano una crepa. Vero che la Cremonese è l’ultima in classifica, però un mese fa in Coppa Italia, eliminando i partenopei, era riuscita nel miracolo. Questa volta invece è una mattanza, l’agguato del serial killer alla sua vittima. Non c’è scampo, non c’è rifugio. Basti vedere il primo gol, quello di Kvaratskhelia al 21esimo del primo tempo. La palla stava uscendo in calcio d’angolo. Chiunque l’avrebbe lasciata andare per poi battere il corner, ma non il georgiano: che la riprende, entra in area e in un groviglio di gambe trafigge il portiere Carnasecchi con un destro velenoso.

Dopo questa numero da lanciatore di coltelli tutto va in discesa perché nulla può la Cremonese contro lame così affilate come quella d Kvara e Osimhen. Il nigeriano nella ripresa firmerà il raddoppio seguito dal terzo gol di Elmas nel finale. In mezzo però c’è di tutto: un rigore non assegnato al Napoli (per fallo sul georgiano) e uno stillicidio infinito di altre conclusioni. Volete dei numeri? Bene, Osimhen è capocannoniere con 17 reti. Kvara segue con 9. Poi ci sono gli assist, la rapidità degli scambi, quell’insostenibile leggerezza dei migliori che toglie il fiato agli inseguitori. In tutto questo, c’è anche una strana umiltà poco da capolista, come quando Spalletti alla vigilia chiede ai suoi «vendetta» contro la Cremonese, rea d’aver battuto il Napoli ai rigori in Coppa Italia. Bravi e umili, questi del Napoli. Che non si concedono neppure quei piccoli peccati di vanità tipici dei primi della classe. Ecco perché il divario con gli inseguitori è incolmabile. Davanti un gigante, dietro dei nanetti con l’ansia di non farcela. E neppure l’Europa sembra un ostacolo. I partenopei saranno impegnati negli ottavi contro l’Eintracht di Francoforte. I tedeschi non scherzano, ma il Napoli, il migliore nella fase a gironi, fa molta più paura. È un killer anche in Europa.

La cura del Diavolo

E il Milan? È davvero guarito o la striminzita vittoria (1-0) sul Torino è solo un modesto gradino per risalire dagli abissi? Mai come in questi casi, nel calcio, bisogna stare sul pratico. E cioè prendersi i tre punti. E finalmente andare a letto tranquilli. Dopo aver preso così tanti schiaffoni (18 gol in 7 partite), un successo con un avversario tignoso come il Toro, è già una bella boccata d’ossigeno che permette ai rossoneri di restare al terzo posto (con Roma e Atalanta) e di non perdere altri treni per la Champions. Certo, non è un Milan esaltante, anzi. Sembra ancora uno di quei vecchi macinini a vapore che ripartono sbuffando e sfrigolando da una stazioncina del Far West, però alla fine in qualche modo va avanti. Pioli, in gennaio invecchiato di dieci anni, vista la mal parata ha fatto la cosa più sensata che si può fare quando picchia la tramontana: alzare il bavero, coprirsi bene. Lasciando perdere quella cosa che gli piaceva tanto: il bel gioco e la spregiudicatezza offensiva. Con una difesa che imbarca gol come se piovesse, era necessario correre ai ripari.

«Primum vivere». Prima pensi al vivere, poi a fare della filosofia, ammonivano i latini. Ecco, Pioli, come quei monaci amanuensi che prima della stampa ricopiavano i vecchi manoscritti, ha preso esempio dai classici: difesa coperta, poche fughe in avanti, prudenza e ancor prudenza. Soprattutto a centrocampo dove s’imbucava chiunque passasse da quelle parti. E così in due partite (Inter e Torino) il Milan ha incassato solo un gol. Rispetto alle secchiate precedenti, già grasso che cola. Un Milan diverso con un uomo in più a centrocampo per fare barriera prima che sia troppo tardi. Addirittura copiando lo schema (3-4-2-1) di chi ha davanti: come col Torino. Non è un bel vedere, ma in attesa che il bell’addormentato si risvegli, è già qualcosa. Come il colpo di testa vincente di Olivier Giroud su appoggio di Teo Hernandez. Uno squillo di tromba da riverificare, però il sussulto c’è stato.

Se poi tornasse Maignan, e Leao uscisse dalla sua personalissima ipnosi, sarebbe già un bel passo avanti. Col Tottenham, prossimo avversario di Champions, il Diavolo rischia molto. Vero che i londinesi hanno perso (4-1) col Leicester, finendo fuori dalla zona Champions, però sono sempre una squadra da Premier League che vale almeno 300 milioni in più dei rossoneri. Una squadra di stelle (Kane, Perisic, Kulusevski) che può far male a un diavoletto convalescente. L’unica buona notizia è che Bentancur si è infortunato e che nel Milan dovrebbero tornare Bennacer e Tomori.

L’Atalanta torna Dea

Non fai tempo a criticare Gasperini, per il passo falso con il Sassuolo, che subito il tecnico bergamasco ti rivolta la frittata. All’Olimpico l’Atalanta ha tagliato la Lazio a fettine, come un bel salame piacentino. Uno spettacolo. Come ai tempi d’oro. Pressing feroce, gioco spumeggiante, bellezza unita alla concretezza. La squadra di Sarri, davanti a questa onda anomala, è stata subito spiaggiata. Colpisce dell’Atalanta la capacità di inserire nuovi acquisti, come Lookman, Ederson e Hojlund, senza aver contraccolpi. I contraccolpi, anzi, li hanno gli avversari schiacciati dalla loro potenza offensiva. Di Lookman si sapeva, ma il danese Hojlund è una rivelazione da tener d’occhio. Ha solo 20 anni, però è una furia fotonica che ha realizzato il primo gol nel 2-0 contro la Lazio. Il club bergamasco sa lavorare bene sui giovani talenti. Ci investe, li valorizza. In un calcio impazzito, di spese folli non sopportabili, l’Atalanta è un modello virtuoso che produce vere plus valenze, facendo cioè realmente crescere il valore dei suoi giocatori. Morale della favola: nella lotta per la Champions, l’Atalanta si pone in pole position. Tra l’altro, fatto non irrilevante, ora non ha impegni europei che la distraggono. Se non si distrae da sola, specchiandosi come faceva Narciso, per le altre ci sarà da sudare.

Roma non far la stupida…

Oltre alla Lazio, anche la Roma sbanda. Nulla di grave, certo, però il pareggio (1-1) a Lecce suona come un fastidioso scricchiolio, una frenata che si poteva evitare. Rimane terza, nel gruppo che insegue l’Inter e il Napoli, lasciando qualche ombra da verificare più avanti. Mourinho, questa volta, non si è lamentato, ricordando che il portiere avversario, Falcone, è stato il migliore dei leccesi. Tutto vero, come è vero che Dybala, oltre al rigore del pareggio giallorosso, ha fatto vedere le cose migliori. In evidenza anche Abraham, anche se è stato sempre neutralizzato da Falcone. Resta un dubbio: il fatto che dopo il divorzio da Zaniolo la panchina si sia ristretta. Anche mentalmente.La Juve punta al settimo posto….Come i salmoni, i bianconeri risalgono la corrente. Battendo la Fiorentina (1-0) con un gol di Rabiot, in una partita non memorabile, gli uomini di Allegri si portano a un punto dal settimo posto. L’esperimento dei tre frontman (Vlahovic, Di Maria, Chiesa) ha funzionato, finché il trio delle meraviglie non è andato in riserva. Poi in qualche modo, e con qualche brivido finale (come la rete annullata per fuorigioco a Castrovilli), la Juve ha retto. Ora, a parte un battibecco tra Chiesa e Allegri per la sostituzione dell’attacante azzurro, tutto è già proiettato al prossimo debutto in Europa League contro il Nantes.


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