Trump scommette sul nuovo Nafta e apre al dialogo con Lopez Obrador
Mini vertice a Washington tra il presidente degli Stati Uniti e quello messicano. Il nuovo trattato (Usmca) prevede maggiori quote di produzione nazionale
di Roberto Da Rin
3' di lettura
Due populisti capaci di costruire i rispettivi successi elettorali sull’ostilità nei confronti dell’altro. Stati Uniti contro Messico e viceversa. I due presidenti, Donald Trump e Andrés Manuel Lopez Obrador (Amlo), incarnano similitudini di leadership e potrebbero rappresentare una vera distopia orwelliana.
L’incontro tra i due, avvenuto ieri sera a Washington, avviene sette giorni dopo l’entrata in vigore nuovo accordo commerciale trilaterale. Si chiama Usmca, siglato da Stati Uniti, Canada e Messico, e sostituisce il Nafta. L’intesa Usmca (United States-Mexico-Canada Agreement) vorrebbe rafforzare, nell’ottica statunitense, la posizione di Trump all’interno di una area commerciale di 490 milioni di abitanti.
Un successo di Trump, per ora solo millantato, che al al netto delle nubi finanziarie legate all’emergenza sanitaria, è atteso nel settore dell’automotive e in quello biomedicale: nelle intenzioni degli sherpa di Trump che lo hanno riformulato, ridisegnato, dovrebbe arrivare un impulso alla produzione nazionale, superando quella garantita dal “vecchio” Nafta (North American Free Trade Agreement).
Le condizioni del nuovo accordo sono queste: affinché le automobili possano essere esenti dai dazi, sarà necessario che il 75% dei componenti sia prodotto nel continente, contro il 62,5% fissato dal Nafta, in un processo che si svilupperà gradualmente da qui al 2023. Un altro aspetto cruciale del trattato è questo: almeno il 40% dei pezzi sia prodotto in aree nelle quali il salario minimo sia di 16 dollari l’ora, passaggio destinato ad abbattere la competitività della filiera messicana. Un “paletto” che rimodula le scelte delle case automobilistiche di tutto il mondo presenti in Messico: elimina, de facto, uno dei principali incentivi che le imprese statunitensi avevano nel trasferire la produzione oltre la frontiera sud.
Il Messico ne ha approfittato per dare un primo aumento ai salari, ma il percorso è ancora in salita. Non solo per elevare il livello della paga, ma anche per garantire quei diritti di rappresentanza sindacale e contrattazione collettiva che il Congresso Usa - soprattutto per insistenza dei Democratici - ha voluto porre come condizione ineludibile. Nel caso di mancato rispetto delle norme sul lavoro, il nuovo trattato istituisce controlli affidati a supervisori che sanzionino con dazi le imprese irregolari.
L’ambasciatore statunitense a Città del Messico, Christopher Landau, è stato chiaro: «Sul tema del lavoro c’è stato un grande cambiamento perché, dal nostro punto di vista, non stiamo giocando su un terreno in eguali condizioni, se sugli stipendi in Messico e sui diritti del lavoro non ci sono misure basiche di protezione».
Un altro punto chiave dell’accordo è questo: la necessità di prevedere - anche se in tempi diluiti - che il 70% di acciaio e alluminio sia prodotto nella regione; ciò costringe il Messico a ripensare il tradizionale approvvigionamento da paesi come Brasile, Germania o Giappone.
Impossibile prevedere, a causa della pandemia in corso, quali saranno, a regime, i costi e i benefici del nuovo Nafta.
Il Fondo monetario internazionale stima che il Messico perderà il 10,5% del Pil entro il 2020; ma sono molti gli analisti che guardano al nuovo accordo come a una opportunità, per il Messico, di riposizionarsi in una modalità di minore dipendenza nei confronti degli Stati Uniti, nella “global value chain”, la grande divisione internazionale del lavoro. Josè Luis Rhi Sausi, segretario socio economico dell’Iila, Istituto italo-latinoamericano intravvede delle opportunità nel superamento dello schema bilaterale finora in vigore: manodopera economica al Sud del Rio Bravo, tecnologia e valore aggiunto, a Nord.
L’analisi di Simone Lucatello - ricercatore al Conacyt di Città del Messico, e membro del Consiglio di esperti Onu sui cambiamenti climatici - rileva inoltre «l’aspetto di politica internazionale del nuovo Nafta, che travalica i rapporti bilaterali tra Stati Uniti e Messico e riguarda la Cina, da cui Amlo potrà acquistare meno acciaio di prima. Un’altra tessera del mosaico che raffigura un disegno di maggiore autarchia continentale, a svantaggio di Pechino».
Gli aspetti di politica internazionale sono comunque affiancati da quelli di politica interna, soprattutto in vista delle elezioni americane di novembre. Trump, agli occhi dei suoi elettori, ha siglato l'Usmca archiviando il Nafta che definì il “peggior accordo commerciale” per gli interessi Usa.
Un altro tema caldo è quello migratorio: Amlo ha avviato una linea conciliante con Trump inviando truppe armate al confine meridionale del Messico per bloccare i migranti centroamericani, e cooperando con la sua politica remain-in-Mexico (restate in Messico). In maggio gli Stati Uniti hanno arrestato 23mila migranti al confine, un sesto rispetto ai numeri del 2019.
Al di là delle strette di mano e degli annunci ufficiali, l’incontro tra Trump e Amlo potrebbe riscrivere davvero i rapporti bilaterali. Il Messico, con l’elezione di “The Donald” pareva il Paese sconfitto. Chissà. Il grande scrittore messicano Octavio Paz, scrive «Svegliare la storia significa prendere coscienza della nostra singolarità».
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