Tullio De Mauro e il limite sociale dell'analfabetismo funzionale
Novant’anni fa nasceva il grande linguista e semiologo
di Marco Onnembo
2' di lettura
“La lingua italiana, per chi la sa usare leggendo, scrivendo e parlando, sta bene. Stanno male gli italiani che la sanno usare poco”. Così diceva Tullio De Mauro, studioso della lingua italiana, semiologo, esponente di quella scuola linguistica romana che vedrà in Antonino Pagliaro, suo maestro, il più eminente rappresentante e in De Mauro stesso il prosecutore più importante, in una intervista alla Rai di qualche anno fa.
Cresciuto a Roma, figlio di un chimico e di un'insegnante di matematica, De Mauro nacque novant'anni fa – il 31 marzo del 1932 – a Torre Annunziata in provincia di Napoli. Fratello minore del giornalista Mauro De Mauro, sequestrato e ucciso da Cosa Nostra in una vicenda mai del tutto chiarita, è stato ministro della pubblica istruzione nel secondo governo Amato (da aprile 2001 a giugno 2001).
“Storia linguistica dell'Italia unita”
Il suo “Storia linguistica dell'Italia unita” è da decenni il testo di riferimento per gli studiosi della nostra lingua, parimenti a quel “Corso di Linguistica generale” del semiologo strutturalista svizzero Fernand de Saussure, che tanta influenza avrà su di lui e che proprio De Mauro tradusse e contribuì a diffondere nel nostro paese.Un autentico caposcuola De Mauro (politicamente fu sempre legato al mondo della sinistra, tanto da venire eletto, a metà degli anni Settanta, consigliere regionale nel Lazio nelle fila del PCI e poi assessore alla pubblica istruzione), ha diretto per anni i dipartimenti di Scienze del linguaggio nella Facoltà di Lettere e Filosofia, prima, e quello di Studi filologici, linguistici e letterari nella Facoltà di Scienze umanistiche dell’Università la Sapienza di Roma, poi, che aveva contribuito a fondare insieme ad Alberto Asor Rosa.
Presidente della Società di Linguistica Italiana, aveva più volte richiamato l'attenzione sul fenomeno dell'analfabetismo funzionale, quell'incapacità di comprendere e usare la lingua scritta e parlata che si traduce nell'incapacità di comprendere a fondo i fenomeni della nostra società. “La cattiva conoscenza dell'italiano scritto e il cattivo rapporto con la lettura – sosteneva De Mauro con lungimiranza - è un pesante limite per tutta la nostra vita sociale che ci trasciniamo dietro da molti anni e che diventa sempre più grave perché man mano che le tecnologie si sviluppano, si alza sempre più la richiesta di competenze. Non possiamo più permetterci il lusso dell'ignoranza che ci siamo concessi per molto tempo”. Socio ordinario dell'Accademia della Crusca, ha anche presieduto il comitato direttivo del Premio Strega.
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