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Tunisia, Banca mondiale sospende il suo programma dopo le violenze razziste scatenate da Saied

La World Bank sospende le missioni in risposta all’escalation contro gli africani subsahariani, scatenate dalle uscite razziste del presidente

di Alberto Magnani

Costa d'Avorio, rimpatriati cittadini che vogliono lasciare la Tunisia

3' di lettura

La Banca mondiale sospende «temporaneamente» alcuni dei suoi programmi in Tunisia, dopo l’escalation di violenze contro i migranti dell’Africa subsahariana scatenate dalle parole del presidente in carica Kais Saied. La sicurezza e l’inclusione di migranti e minoranze, scrive in una nota l’istituto di Washington, sono «parte dei nostri valori di inclusione, rispetto, anti-razzismo in tutte le sue forme». Almeno 300 persone sono state rimpatriate d’urgenza in Costa d’Avorio e Mali per sfuggire alle aggressioni fomentate dalla retorica dello stesso Saied, dopo che un’operazione analoga ha evacuato 50 gambiani nel paese d’origine.

Il presidente, bersagliato da critiche per una deriva autoritaria e gestione della crisi economica, ha accusato i migranti irregolari di rientrare in una «impresa criminale» per alterare la «composizione demografica» di Tunisi e farne un «paese solo africano». L’Unione africana, l’organizzazione che riunisce i 55 paesi del Continente, ha condannato il «discorso d’odio razzializzato» di Saied e annullato una riunione prevista verso metà marzo 2023, mentre Ue e Usa si sono dette preoccupate per la china xenofoba dell’esecutivo tunisino.

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L’offensiva di Saied e la crisi tunisina

Le esternazioni di Saied hanno innescato violenze indiscriminate contro la popolazione subsahariana. Testimonianze raccolte dall’agenzia Reuters e video diffusi sui social network mostrano assalti e accerchiamenti, in una climax che ha fatto scattare richieste di soccorso alle ambasciate ed evacuazioni lampo nei paesi d’origine. Il governo di Tunisi ha tentato di rassicurare gli alleati occidentali e africani con un pacchetto di misure che dovrebbero tutelare i cittadini subsahariani residenti nel Paese, come una linea telefonica per segnalare abusi, servizi di assistenza psicologica per i migranti e tessere di residenza per «facilitare» la permanenza degli studenti in arrivo da altri paesi africani. In aggiunta, scrive l’agenzia Associated Press, Tunisi è intenzionata a condonare le sanzioni per i migranti subsahariani che hanno violato i termini del permesso di soggiorno, a condizione che i titolari aderiscano «volontariamente» a un programma di rientro. I risultati faticano a essere percepiti, mentre le brutalità continuano e gli africani subsahariani vivono in un «clima di paura» che non risparmia i tunisini dalla carnagione più scura. Il Tunisian Forum for Economic and Social Rights, si contano circa 21mila migranti dall’Africa subsahariana in tutta la Tunisia, su una popolazione che ha superato i 12 milioni.

L’offensiva di Saied è arrivata nel vivo di una crisi economica e politica sempre più soffocante, con proteste della popolazione contro lo stesso presidente in carica. Saied è contestato sia per la stretta anti-democratica impressa alle istituzioni del paese nordafricano sia per la gestione del tracollo economico del Paese, ora ancora più isolato fra le critiche dei partner e il congelamento di alcune missioni della World Bank. L’inflazione corre al ritmo del 10,3% registrato a febbraio 2023 e la fame è in aumento, con un tasso di disoccupazione superiore al 15% (soglia mai migliorata in un decennio) e deficit al 7,7% nel 2022. Il paese è in trattative con il Fondo monetario internazionale per un salvataggio da quasi 2 miliardi di dollari, dopo aver strappato un accordo preliminare per un programma da 48 mesi, ma deve soddisfare alcuni condizioni per aggiudicarselo.

La lista stilata dal Fondo include eliminazione graduale dei sussidi pubblici, aumento della tassazione progressiva, sostegno sociale ai gruppi «vulnerabili», compensazioni per le famiglie a basso reddito travolto dall’inflazione, sostegno a pratiche di buona governance e trasparenza nel settore pubblico, oltre a riforme strutturali sul versante economico. L’agenda è ostica e le violenze razziste della Tunisia non agevolano le trattative, a maggior ragione dopo il passo indietro esplicito della Banca mondiale. Ma anche in caso di successo, il bail-out concordato rischia di essere poco più di un palliativo per le finanze pubbliche di Tunisi. «Il finanziamento è magro rispetto alle spese pubbliche del 2022, stimate a 7 miliardi di dollari - ha scritto in una sua analisi per il centro studi Washington Institute il ricercatore Maher Latif - In aggiunta, è difficile che la ristrutturazione dell’economia venga accelerata, visto che eventi come la guerra in Ucraina hanno complicato le cose, rendendo i numeri del budget tunisino obsoleti e bisognosi di revisione».

Riproduzione riservata ©
  • Alberto MagnaniRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: inglese, tedesco

    Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa

    Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation"

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