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Turchia al ballottaggio. Due settimane di fuoco per la sfida Erdogan-Kilicdaroglu

Riconteggi e voti contestati in una notte elettorale molto tesa. Erdogan scende sotto al 50%: sfida finale il 28 maggio con Kilicdaroglu

dal nostro inviato Roberto Bongiorni

Aggiornato il 15 maggio alle 07:51

Elezioni in Turchia, il voto di Erdogan e Kilicdaroglu

6' di lettura

ISTANBUL - Due settimane. I turchi dovranno aspettare fino al 28 maggio per sapere se l'era di Recep Tayyip Erdogan, l'uomo al potere da 20 anni in Turchia è finita oppure se il “Rais” continuerà a governare per altri cinque anni. Il presidente in carica si è fermato al 49,24 per cento di voti dopo che è stato completato lo spoglio del cento per cento dei voti. Lo sfidante numero uno, il leader drell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, ha invece ottenuto il 45,06 per cento delle preferenze. Nessuno dei due ha quindi superato la soglia del 50 per cento necessaria per vincere le elezioni al primo turno. Il 28 maggio si terrà il ballottaggio tra i due sfidanti. Kilicdaroglu era dato in testa nei sondaggi fino al giorno prima delle elezioni.
Dopo una lunga notte, con le operazioni rallentate a causa di riconteggi e contestazioni un po' dappertutto, Kilicdaroglu, che aveva prima dichiarato vittoria, ha annunciato che vincerà al ballottaggio. Erdogan, stranamente più cauto, dopo aver sottolineato di essere in testa lanciando accuse agli avversari, ha poi promesso di rispettare l'esito del ballottaggio.

Le altre elezioni, quelle parlamentari, hanno invece offerto un quadro più chiaro. Qui, pur con dati parziali, la coalizione di maggioranza, guidata dall'Akp (37%) di Erdogan, avrebbe superato il 50% seggi, la coalizione di opposizione, sarebbe invece finita sotto al 35% per cento, con il partito di Kilicdaroglu, il Ghp, sotto il 25 per cento . Ma si tratta di risultati non ancora ufficiali.

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La turbolenta notte, con tutte le sue contestazioni ed i riconteggi delle schede avvenuto nei seggi di tutto il Paese sembra un antipasto di quello che potrebbe accadere nelle prossime due settimane. Se la campagna elettorale è stata finora bollente e fatta di accuse e colpi bassi, quella che di fatto inizia oggi sarà incendiaria.

Affluenza record

Di sicuro per ora c'è il record dell'affluenza. Appena sotto al 90%. Nella storia moderna della Turchia (qui lo spoglio in tempo reale) non si era mai vista una partecipazione popolare al voto così imponente. Lo si vedeva sin da subito, girando per i seggi di Istanbul, una città dalle tante anime, che si è svegliata in una mattina finalmente soleggiate in un silenzio inusuale. Sin dalle prime ore, ma anche all'ora di pranzo, gli elettori attendevano pazientemente in piedi il loro turno in file davvero lunghe. Fino all'ultimo giorno i sondaggi davano in vantaggio di qualche punto percentuale il candidato dell'opposizione. Fino all'ultimo giorno Erdogan si è speso di persona, con tutte le sue forze, alzando ulteriormente i toni di una campagna elettorale già incendiaria. Ha utilizzato le risorse statali, e la sua preponderante influenza sui media, per corteggiare gli elettori.

Erdogan si gioca il tutto per tutto

Ha accusato i membri dell'opposizione di essere collusi con i “terroristi”, tema estremamente sensibile in Turchia. Di essere “ubriaconi”. Di difendere i diritti LGBTQ+. Diversità che lui vede come il fumo negli occhi, e considera una grave minaccia ai valori tradizionali della famiglia, in una nazione a maggioranza musulmana che deve ispirarsi ai valori musulmani. Non ha mancato di tentare gli indecisi ed i cittadini più colpiti dall'inflazione con il più convincente degli argomenti: i benefici economici. Per riguadagnare consensi, durante la campagna elettorale ha di fatto rimosso l'età pensionabile. Ha aumentato i salari, quasi raddoppiando quelli pubblici quattro giorni prima del volto, ha sovvenzionato le bollette di elettricità e gas. Ha promesso grandi infrastrutture. I risultati finali diranno se questa incendiaria campagna elettorale, se il pacchetto di aumenti salariale e di sovvenzioni, ha funzionato. Sembra di sì.

Paese polarizzato

Ma chiunque guiderà la Turchia si troverà davanti un Paese ancor più polarizzato di quanto già non lo fosse. Girando per i i seggi sparsi per Istanbul si toccava con mano un senso di grande diffidenza, sovente un rancore reciproco tra i sostenitori dei due schieramenti. Quartieri laici e quartieri conservatori, le due anime di Istanbul. Il quartiere di Carsamba si affaccia sulle acque del Corno D'Oro, appena sopra Balat, oggi in una zona considerata quasi centrale. In pochi minuti sembra di essere catapultati in una città mediorientale in cui vige un'osservanza rigida ai principi dell'Islam. In questo quartiere Erdogan ha vita facile. Votano praticamente tutti per lui.

Davanti ai seggi, come grandi macchie di inchiostro, gruppi di donne coperte interamente di nero da capo a piedi attendono pazientemente il loro turno con i documenti. Molte sono accompagnate da uomini. Qualcuna indossa pure i guanti e il Niqab, il velo che copre il viso lasciando scoperti solo gli occhi. Tutte si rifiutano di parlare, sono schive. Hussein, 65 anni, è un uomo. Si mostra cordiale.

“Ho votato Erdogan perché l'alternativa è un gruppo di sei partiti che non ha un senso di continuità. Non si può avere giustizia se non c'è prima una buona organizzazione. Con Erdogan si può avere. Con quel gruppo di sei partiti ci sarebbe solo il caos”. Nazim 41 anni, ha votato Erdogan per una questione semplice: l'identità religiosa. Lui, che ha studiato alla madrassa di Erzorum, dedica la vita alla religione. “In questi 20 anni la Turchia ha rafforzato le sue radici religiose. Spero che con queste elezioni ci sia una continuità con questa politica.Poi la solita stoccata all'Occidente. “Se vincesse l'opposizione, si diffonderebbe un sistema laico. Con il rischio che irromperebbero sulla scena alcune organizzazioni terroristiche appoggiate dagli americani”.Si scende calla collina di questo quartiere che ricorda una città palestinese, si prende il grande vaporetto, si attraversa il Bosforo e si approda , nella parte asiatica.

Turchia al voto, Erdogan rischia

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Nel quartiere laico di Kakikoy, roccaforte dell'opposizione. Sembra di essere in un altro modo. Quasi nessun velo, ragazzine tatuate con le gambe scoperte, musica e baretti. Anche qui le urne sono colme. Si fa fatica a immaginare come possano contenere altre schede elettorali. Beril e Berfin sono amiche per la pelle. Giovani. Beril, un paio di pantaloncini attillati, il corpo ricoperto di tatuaggi, quasi balbetta dall'emozione quando parla. “Sono nata con Erdogan, e sono vissuta finora con Erdogan. Non ho mai votato prima. Sono qua perché voglio sbarazzarmi di questo regime. Ma sono in ansia, sono così nervosa. Sono convinta che ce la faremo”. Berfin, capelli rossi, un viso coperto di lentiggini, il piercing al naso, è un fiume in piena. “Dobbiamo credere in noi stessi, Se l'opposizione andrà al Governo sono sicura ci sarà un grande cambiamento. Cosa ha fatto il regime prima, in venti anni? Si possono fare un sacco di cose, e non hanno fatto nulla” Poi. cerca altre parole , ma la voce si rompe e gli occhi si inumidiscono. Cihan, un quarantenne dall'aspetto intellettuale, è stato troppe volte deluso per essere entusiasta.

Lui e la sua fidanzata sembrano più cauti. “Io penso che ce la faremo, al primo turno. Ma so che questa è la nostra ultima chance per vincere”.Kasimpasa, il quartiere del presidente.

Ritornando sull'altra sponda del Bosforo, proprio sotto Boyul si distende il quartiere di Kasimpasa. Tra le sue strette viette, dove è sopravvissuta qualche antica casa in legno, è nato ed ha trascorso la sua infanzia il presidente Erdogan. Il seggio allestito nella scuola elementare dove ha studiato è gremito “Erdogan è come un membro della sua famiglia. Ho votato per lui. L'economia è il problema più urgente. Parlo dei salari e dei costi dell'affitto, che nel mio caso sono saliti del 100% Ma Erdogan li risolverà. “, spiega Hedefe, trent'anni madre di due figli. Alla domanda su cosa accadrebbe se vincesse l'opposizione il suo viso si rabbuia. Sarebbe finita. I miei figli vanno alle imam hatip (le scuole religiose, parificate da Erdogan ndr). Non potrò più mandarli li. Non voglio pensarci”.

Istanbul non è la Turchia

Per quanto grande, per quanto l'intera città metropolitana superi i 15 milioni di persone, Istanbul resta solo una parte di un grande Paese abitato da 85 milioni di persone. Un Paese travolto in febbraio da un gravissimo terremoto che ha provocato la morte di oltre 55mila persone ed ha costretto tre milioni di persone ad abbandonare le case distrutte per recarsi in altre province. DI loro soltanto 133 mila si sarebbero registrate per votare nelle loro nuove sedi.. Persone, secondo l'opposizione, amareggiate e arrabbiate con il Governo per i ritardi nei soccorsi e per la controversa e criticata gestione dell'emergenza. Non si sa quante siano riuscite a tornare nelle loro città con i bus allestiti dal Governo. Non si sanno ancora molte cose di queste importantissime elezioni i cui risultati avranno comunque degli importanti riflessi sulla geopolitica mediorientale, e non solo. Oggi, quando saranno terminati gli scrutini di tutti i voti, si saprà ufficialmente se l'Era di Recep Tayyip Erdogan durerà altri cinque anni. Oppure se si dovranno attendere ancora due settimane per conoscere il futuro della Turchia. Due caldissime settimane.

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