Turismo, il covid investe anche i campeggi: -35% la stagione, si salva solo agosto
Un terremoto per questo comparto che conta 150mila addetti mentre in una stagione normale realizza un fatturato intorno ai 5 miliardi incluso l’indotto a cui si deve aggiungere più di 3 miliardi per la ristorazione
di Enrico Netti
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Circa 3,5 milioni di arrivi in meno (-35%) con la perdita di 23 milioni di pernottamenti. A fine stagione saranno questi danni causati dal Covid a campeggi e villaggi turistici nella stagione 2020 secondo Monica Saielli, presidente Assocamping Confesercenti, che prevede, in base alle rilevazioni di fine agosto, 6,5 milioni di arrivi e circa 44 milioni di presenze.
Un terremoto per questo comparto che conta 150mila addetti mentre in una stagione normale realizza un fatturato intorno ai 5 miliardi incluso l’indotto a cui si deve aggiungere più di 3 miliardi per la ristorazione. «In quest’anno così particolare il calo dei ricavi si potrebbe attestare intorno al 35-40% mentre è stato perso un posto di lavoro su cinque», rimarca la presidente.
Il turismo open air nei mesi primaverili, secondo le rilevazioni Assocamping, ha perso oltre 10 milioni di pernottamenti, a giugno il deficit è stato tra il 50 e il 60% rispetto al 2019 e grazie al miglioramento di luglio si è arrivati intorno a un -30, -40%. Solo ad agosto si sono rivisti numeri in linea con il 2019 e si spera in un trend analogo anche per settembre.
A pesare è la quasi totale assenza dei turisti stranieri, principalmente da Germania, Olanda e Svizzera, che rappresentano circa la metà della clientela dei camping d’Italia. Le massicce assenze dall’estero sono state solo in parte compensate da un aumento dei clienti italiani, con molti ospiti che per la prima volta si sono avvicinati alla vacanza open air.
Un modello di vacanza che si è radicalmente evoluta nel corso degli anni. La tenda si è trasformata in camper e caravan mentre guadagna consensi il glamping, con attrezzate tende di lusso e case mobili per 5-6 persone che non fanno rimpiangere il classico miniappartamento o la seconda casa. Il tutto immerso in ampi spazi verdi come, per esempio, le pinete.
Resta il fatto che l’attuale stagione scuoterà i conti delle imprese. «Dall’inizio dell’anno a oggi abbiamo registrato un calo complessivo delle presenze di oltre il 50%, con una differenziazione - spiega Luca Belenghi, Ceo di Human Company, gruppo fiorentino leader in Italia nell’ospitalità open air con 9 grandi strutture open air, ricavi per 117 milioni nel 2019 grazie a 4,3 milioni di presenze -. Minore nei villaggi e resort e più marcato nelle città d’arte. Il calo dei clienti dall’estero è stato rimpiazzato da un +70% degli italiani anche grazie al bonus vacanza introdotto dal Governo».
Ora si prenota “last second” una modalità che rende più difficile fare previsioni. «I village chiuderanno nella seconda metà di settembre - continua Belenghi - puntando sui weekend lunghi di italiani polacchi e tedeschi. Inoltre i camping in town di Firenze, Roma e Venezia e le altre strutture resteranno aperte come in passato anche nei mesi autunnali e invernali». L’ad conferma inoltre il piano di investimenti quinquennale da 300 milioni che prevede l’apertura di tre grandi villaggi open air.
Anche Valerio Vezzola, amministratore delegato di Baia Holiday Travels & Leisure, realtà che fa capo alla holding Baia Silvella con un fatturato consolidato 2019 di 36,5 milioni, oltre 1,1 milioni di presenze e uno staff tra diretti e stagionali di 550 addetti, conferma le presenze dimezzate fino alla fine di luglio. «Siamo abbastanza soddisfatti invece di agosto che, nonostante la riduzione dei flussi stranieri, registra un calo complessivo del 15%», aggiunge.
Nelle due strutture chiave della società, il Camping Village Cavallino, nel Nord Adriatico vicino a Venezia, e il Concept Village Piccola Gardiola, sul lago di Garda, «la flessione delle presenze di agosto è stata in parte compensata da una maggior spesa pro capite degli ospiti italiani che fruiscono maggiormente dei servizi ancillari interni alle strutture», sottolinea Vezzola. Rispetto ai clienti stranieri quello italiano spende in media il 20% in più, circa 50 euro al giorno per famiglia che si somma quella per il soggiorno un importo variabile in relazione alla sistemazione scelta.
«È andata bene l’altissima stagione ma il 2020 si potrebbe chiudere con un -35, -40% di ricavi», avverte Paolo Bertolini, presidente di Marina di Venezia, camping village 5 stelle che si estende su una superficie di 70 ettari e che giornalmente può accogliere fino a 11.600 ospiti. Il fatturato di questo camping in un anno normale si aggira intorno ai 22 milioni mentre i dipendenti inclusi quelli dell’indotto sono 550.
Prima di Ferragosto la struttura ha lavorato a circa il 70% delle sue potenzialità per arrivare, alla fine del mese, al 90%. «Da adesso fino alla chiusura della stagione non ci saranno perdite di presenze: chiuderemo l’anno con calo del 45% delle presenze». Il Covid ha scombinato flussi e permanenze. Marina di Venezia generalmente conta sul 75-80% di presenze estere ma quest’anno il mix vede arrivare gli italiani al 30%.
«Sono leggermente calati i clienti da Germania, Danimarca e Olanda - continua Bertolini - mentre la permanenza media è passata da 9 giorni a 5-6 giorni, cambiamento che comporta un maggiore impegno del personale». Rispetto al passato le procedure di sanificazione anti Covid di Marina di Venezia comportano un aumento dei costi del 20%. «È diventato difficile pianificare e si lavora di settimana in settimana, con la speranza che per le prossime due il tasso di occupazione arrivi al 60-70%», aggiunge il presidente.
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