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Turismo, la primavera perduta vale 10 miliardi

La fase 2 non riaccende i motori di un'industria che vale il 13% del Pil. Solo nei tre mesi primaverili perduto un terzo della spesa potenziale di viaggiatori stranieri. Per il “dopo-crisi” strategico l'accordo tra Eurostat, Airbnb, Booking, Expedia e Tripadvisor per l'accesso a dati unici e affidabili sul turismo

di Davide Colombo

Turismo, crollo stranieri, operatori: 'Stato si muova'

3' di lettura

La fase 2 non riaccende i motori del turismo e dei viaggi, settore relegato dal decreto del 25 marzo tra i “non essenziali” e, dunque, costretto al blocco anti-contagio da cui sono stati esclusi solo gli alberghi. Si tratta, come ricordato a più riprese nelle settimane della crisi, di un sistema che esprime il 6% del valore aggiunto nazionale (88 miliardi), e consumi interni per oltre 146 miliardi secondo i dati più recenti del Conto satellite del Turismo (CST) di Istat. Il comparto occupa quasi 283mila addetti, di cui 220mila dipendenti.

In un focus pubblicato nei giorni scorsi l'Istituto di statistica Istat, incrociando dati del CST con l'Indagine sul turismo internazionale della Banca d'Italia, ha rivelato che nel 2019 tra marzo e maggio i soli viaggiatori stranieri avevano speso in Italia circa 10 miliardi. Incassi che quest'anno si sono azzerati.

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Una primavera senza viaggiatori stranieri
Nei mesi primaverili, secondo Istat, si registrano il 21,4% degli arrivi annui di viaggiatori stranieri, mentre il flusso turistico nazionale in periodi normali si ferma tra marzo e maggio attorno al 16%. L'anno scorso la spesa complessiva dei viaggiatori stranieri in Italia è stata di circa 44,3 miliardi, per metà destinata ai servizi per l'alloggio, seguita dalla ristorazione per oltre un quinto del totale, lo shopping e il trasporto. Bankitalia considerando anche gli effetti indiretti di attivazione e quelli indotti, relativi ai consumi dei lavoratori del comparto, ha attributo all'industria turistica un peso che salirebbe al 13,2% del Pil (al 14,9% per gli occupati), comparabile con quello della Spagna (14,6 per cento) e superiore a quello di Francia (9,5 per cento) e Germania (8,6 per cento).

PRESENZE NEGLI ESERCIZI RICETTIVI DEI PRIMI 10 PAESI UE PER NUMERO DI PRESENZE

Quota percentuale sul totale 2019 * e variazione percentuale 2019/2018. (Fonte: Eurostat, Occupancy in accommodation establishments - * dati provvisori)

PRESENZE NEGLI ESERCIZI RICETTIVI DEI PRIMI 10 PAESI UE PER NUMERO DI PRESENZE

L'incognita del dopo-crisi e il riavvio dei trasporti
Su numeri di questo tipo è inevitabile che gli scenari sull'uscita dalla crisi cambino molto a seconda della ripresa (o meno) attribuita ai viaggi e le vacanze. Attualmente il Pil “acquisito” dopo il crollo del primo trimestre segna un -4,9% per l'anno. Ma le valutazioni di osservatori di mercato o istituzionali sono assai più cupe: si va da un -9,1% del Fondo monetario internazionale al -11,6% di Goldman Sachs. Su questi esiti pesa il ritorno o meno di almeno una parte di quei 44 miliardi di spesa potenziale dei soli turisti stranieri. E le attese sono pessimistiche: anche una volta decisa la ripresa dei trasporti e la riapertura delle attività extra-alberghiera bisogna capire quanti vorranno davvero passare in Italia qualche settimana di svago quest'anno.

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Il peso delle attività extra-alberghiere
Secondo il CST di Istat la composizione della domanda di turismo in Italia indica che nella stagione primaverile la clientela estera è (con il 56% delle presenze) più rappresentata che nel resto dell'anno. In primavera le strutture alberghiere risultavano, l'anno scorso, di gran lunga le preferite, con una quota significativamente superiore a quella annua (70,6%). Nel complesso, in questo periodo si concentra il 20,3% delle presenze annuali nelle strutture alberghiere e circa il 23% delle presenze di clienti stranieri, a conferma dell'importanza di questo trimestre per il settore alberghiero e turistico. Gli alberghi a 4 e 5 stelle sono gli esercizi ricettivi nei quali le presenze del trimestre raggiungono la quota più elevata rispetto al totale annuo (22,3%): contrariamente alle strutture extra-alberghiere che, tra marzo e maggio, non vanno oltre l'11% delle strutture open air e il 19% di B&B e altri extra-alberghieri.

La ripresa dei B&B
Un risultato importante per il dopo-crisi è arrivato a marzo, in conincidenza con il Dpcm del lockdown, con l'accordo siglato tra Eurostat (l'istituto di statistica dell'Unione Europea) e Airbnb, Booking, Expedia e Tripadvisor per l'accesso a dati unici e affidabili sul turismo. Al tempo del Covid-19, queste iniziative di collaborazione dovrebbero essere non solo rafforzate, ma anche estese alle altre piattaforme tecnologiche più diffuse per capire in tempo reale come cambia la risposta dei consumatori in un contesto che non ha precedenti. Un sondaggio condotto da Eurostat l'anno scorso ha mostrato che il 21% dei cittadini dell'Unione Europea ha utilizzato un sito Web o un'app per organizzare un alloggio da un'altra persona e l'8% ha fatto lo stesso per i servizi di trasporto. Nel settore turistico, l'economia collaborativa ha offerto negli ultimi anni nuove opportunità ai cittadini come consumatori, nonché ai microimprenditori e alle Pmi. L'interrogativo oggi è: dopo Covid-19 sarà ancora così? Ci sarà ancora fiducia per l'offerta di alloggio assicurata da questa modalità di sharing economy?

Per approfondire:
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