Sicurezza

Tutor spenti, vittime invariate. Il problema ora è il cellulare

In 15 anni i rilevatori di velocità hanno contributo a ridurre del 70% il tasso di mortalità. Dopo la disattivazione, dati peggiorati solo su alcuni tratti - Il nuovo pericolo è la distrazione

di Maurizio Caprino

Per i Tutor riattivazione graduale su 1.000 Km

3' di lettura

Certo, in 15 anni il Tutor ha contribuito a ridurre del 70% il tasso di mortalità sulla rete di Autostrade per l’Italia (Aspi). Ma cosa è successo dalla primavera 2018, quando il sistema di controllo della velocità media è stato spento, prima interamente e poi parzialmente, per il contenzioso sul suo brevetto? I dati raccontano una verità più complessa, tale da far dubitare che la prossima riattivazione completa possa fare miracoli.

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Sulla rete a pedaggio, nel 2018 la mortalità è rimasta invariata e gli incidenti con danni a persone sono addirittura diminuiti. Anche in rapporto ai volumi di traffico.

Questi dati non dicono tutto. Il Tutor è stato spento il 20 aprile 2018, la notizia è stata resa pubblica dal Sole 24 Ore il 29 maggio e una prima riattivazione (su appena un centinaio di chilometri, contro i 2.500 precedenti) c’è stata il successivo 27 luglio. Dunque, bisogna guardare le singole tratte e i periodi dell’anno. Gli unici dati pubblici che lo consentono (e non del tutto) sono quelli Aiscat (l’associazione dei gestori) sulla rete a pedaggio.

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Anche qui pare ininfluente che il Tutor fosse attivo o no. Prendiamo l’Autosole, che aveva due tratte lunghe coperte quasi per intero dal sistema. Sulla Milano-Bologna, da luglio a settembre 2018 gli incidenti con danni a persone sono crollati a 79, dai 125 di un anno prima e quelli mortali sono rimasti a quota due. Sulla Roma-Napoli, invece, sono aumentati da 95 a 115 e quelli mortali da due a otto. Situazione quasi invertita nel trimestre successivo.

In assenza di dati più precisi (per esempio, su situazioni locali particolari o su quanti incidenti sono avvenuti nelle ore notturne, le uniche in cui sulle autostrade principali la velocità non è condizionata dal traffico), si deve dedurre che - in quasi 15 anni passati tra Tutor, successo delle suv e crisi economica - molti italiani hanno perso l’abitudine di correre in autostrada. Inoltre, come fanno notare da Aspi, la sola presenza dei portali Tutor funge da deterrente (in effetti la segnaletica non è mai stata smantellata). Neanche la guida di chi ha mezzi con targa estera poteva tanto cambiare: l’Italia non è ancora in grado di notificare verbali all’estero per le violazioni autostradali.

E quindi, non c’è più una correlazione così stretta fra velocità e incidenti: la causa principale d’incidente è ormai la distrazione. È così da una decina d’anni, cioè dall’avvento degli smartphone e dei sistemi multimediali di bordo. Usare i primi è vietato, i secondi sono perfettamente leciti. Ma le conseguenze possono essere analoghe.

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In ogni caso, l’emergenza-smartphone è stata rilanciata più volte da media e politici. Essendo difficile organizzare controlli efficaci, l’unica contromisura fattibile è l’inasprimento delle sanzioni, prevedendo la sospensione della patente già dalla prima infrazione (attualmente c’è solo per i recidivi). E infatti tutti ne hanno parlato. Ma, quando si tratta di passare ai fatti, la politica resta ferma, come Il Sole 24 Ore del Lunedì denunciò l’8 ottobre 2018. Da allora sono arrivate solo conferme: il Codice della strada è stato cambiato per contrastare i furbetti delle targhe estere e l’abbandono dei bambini in auto. Il giro di vite sugli smartphone è stato messo solo nel calderone della mini-riforma del Codice, che doveva essere approvata dalla Camera in settembre per poi passare al Senato. Ma, con la crisi politica, potrebbe arrivare un altro stop.

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