L'arte e il “lockdown”

Tutti all’opening della galleria che non esiste

Alle sue quattro sedi “tangibili”, Massimo De Carlo ha affiancato da pochi giorni un’architettura espositiva virtuale per mostre inedite, visitabili come nella realtà. Si chiama VSpace, e smuove un panorama sempre più ricco di iniziative on line che spesso deludono

di Stefano Castelli

Foto in alto e nel pezzo: The Rob Pruitt and John Armleder Show - Massimo De Carlo, V Space Courtesy Massimo De Carlo, Milan/London/Hong Kong

2' di lettura

Annunciato come quinta sede che si affianca alle quattro “reali”, anticipato on line da un conto alla rovescia con grafica psichedelica, il VSpace della galleria Massimo De Carlo inaugurato il 14 aprile è uno spazio espositivo virtuale che propone mostre realizzate ad hoc. Il fenomeno delle viewing room si sta espandendo in questo periodo di serrata di musei e gallerie; ma, se altri big come David Zwirner e Pace propongono mostre online che permettono di visionare solo le immagini delle opere, De Carlo sceglie una strada più realistica. Ci si registra con nome, cognome e indirizzo mail e, guidati da una mappa dettagliata come quelle che si trovano normalmente in galleria (in questo caso completa di prezzi), si visualizza la mostra con la tecnologia real-time. La visione ottimale è concepita per chi possiede gli occhiali Oculus quest, ma basta anche un computer (con qualche problema nella gestione del mouse).

La prima mostra del VSpace punta su due quotati e vivaci protagonisti del contemporaneo. Di John Armleder (Ginevra, 1948) vengono proposti un wall painting e un grande dipinto caratterizzato dal suo tipico stile, dove il gesto pittorico tradizionale viene vivificato e allo stesso tempo congelato dalla presenza dei lustrini. Rob Pruitt (Washington, 1964) propone invece nuovi lavori, tele dall'irriverente sapore digital-pop e sedie recuperate dall'artista e ricoperte di nastro dorato. Il tono generale è piuttosto giocoso, «gioviale e concettuale» dice la presentazione della mostra, come a voler scongiurare l'atmosfera plumbea che ci circonda.

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Mantenere il contatto con pubblico e collezionisti, creare continuità tra le iniziative precedenti e quelle che seguiranno la crisi, soddisfare un bisogno d'arte che in questo momento è anche lenitivo: esigenze a cui risponde un'iniziativa come il VSpace, che prova a smuovere un panorama di iniziative online non sempre entusiasmanti. Con un'avvertenza: l'importante per lo spettatore è non abituarsi, non pensare che la visione virtuale dell'arte possa sostituire quella dal vivo. Non solo per questioni percettive, spaziali ed emotive, ma anche per la necessità di mantenere viva, quando sarà possibile, una pratica che è un gesto di partecipazione sociale.

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