Tutti gli squilibri che il mercato deve affrontare entro fine anno
di I. Bufacchi
3' di lettura
Le riserve bancarie in eccesso nell'Eurozona hanno raggiunto quota 1.600 miliardi, in linea con l'importo del QE sui titoli di Stato, mette bene in evidenza un rapporto pubblicato ieri dal colosso del patrimonio gestito Amundi. Questa liquidità costa al sistema bancario svariati miliardi di euro l'anno – c'è chi ne calcola addirittura 10 – per colpa del tasso negativo fissato a -0,40% sui depositi parcheggiati overnight presso la Bce. Sul fronte del risparmio, anche gli investitori retail hanno un eccesso di liquidità parcheggiata in contanti, pari al 60% della loro disponibilità finanziaria e oltre, hanno paura di perdere il capitale e non volendo correre rischi non trovano remunerazioni adeguate, stanno fermi. Le banche centrali di Usa, Eurozona, Giappone e Regno Unito hanno gonfiato a dismisura i loro bilanci acquistando titoli di Stato in moltissimi casi ben oltre le emissioni nette (al netto dei rimborsi), favorendo la sostenibilità dei conti pubblici in Stati ultraindebitati che continuano a indebitarsi pagando tassi d'interesse estremamente bassi(le aste italiane di questa settimana ne sono un esempio). L'inflazione stenta a salire, la normalizzazione delle politiche monetarie va al rallentatore, il pericolo di bolle sul mercato azionario e obbligazionario invece monta.
Sono questi soltanto alcuni degli squilibri che i mercati hanno fronteggiato nel primo semestre 2017 e continueranno a farlo nel secondo semestre, in un anno tutto sommato segnato in chiave positiva da un buon livello di crescita in Usa ed Europa. Nel breve, medio e lungo termine, le incognite più diverse e l'imprevedibilità di alcuni fenomeni senza precedenti manterranno alta la pressione sui mercati, sempre più rassegnati a dover rinunciare alla normalizzazione intesa come ritorno alla normalità del passato.
Sul breve termine, guardando ai prossimi sei mesi, i mercati sperano di poter costruire scenari su fatti concreti, dall'entità dei tagli sulle tasse agli investimenti in infrastrutture promessi da Donald Trump, dalla tempistica della riduzione del bilancio della Federal Reserve alla modalità del tapering sul QE della Bce. Portare a casa questo sarebbe già tanto. Sullo sfondo, però, i mercati cercheranno di prevedere con maggiore precisione dove va l'inflazione, se veramente riuscirà a toccare il target del 2% e a farlo in maniera sostenibile nel medio-lungo periodo: i tassi sulla parte lunga della curva dei rendimenti si alzeranno soltanto se il tasso inflazionistico darà segnale di poter fare altrettanto. Ma se invece l'inflazione dovesse fermarsi e stabilizzarsi dove si trova adesso, per i mercati – e non solo - molte equazioni andrebbero riscritte.
I prossimi sei mesi, inoltre, serviranno ad anticipare gli andamenti del 2018. Se la Bce dovesse decidere di tagliare il QE di 10 miliardi al mese dal prossimo gennaio, per giugno del prossimo anno potrebbe già arrivare il primo rialzo dei tassi anche se le deposit facilities devono salire di 40 centesimi per conquistare quota zero per cento. Tassi bassi ancora a lungo restano uno scenario base per molti gestori, strategist ed economisti che invece si interrogano invano su quanto tempo occorrerà per prosciugare l'eccesso di liquidità, e se mai sarà opportuno farlo nell'Eurozona in mancanza di una crescita molto vigorosa.
I mercati sono abituati allo scoppio periodico delle bolle speculative, che ora temono per alcuni mercati di bond e per l'azionario Usa (la capitalizzazione di Borsa di alcuni colossi tecnologici equivale al Pil di un Paese avanzato). E i mercati sanno convivere con le correzioni, gli alti e bassi degli andamenti ciclici dell'economia. Tuttavia, guardando al medio-lungo termine, la lista dei fattori e degli eventi di forte portata destabilizzante è inedita, e come questa ha gravato sul primo semestre 2017 continuerà a farlo nel secondo: Trump e Brexit; il progresso digitale e la bassa produttività; il QE e i tassi negativi; il populismo e impennata delle disuguaglianze in sistemi sociali obsoleti; le oscurità dello shadow banking cinese e l'inadeguatezza del business model delle banche europee; il fenomeno epocale degli investitori istituzionali che vanno a caccia di rendimenti e si riversano in titoli illiquidi, prestiti alle aziende, finanziamento di progetti infrastrutturali; gli eccessi della regolamentazione finanziaria (BRRD, Solvency II, Mifid II, requisiti Tlac/Mrel e IFR9 per menzionarne alcune); l'attrito tra globalizzazione e protezionismo. Il tutto in un contesto che va ridisegnato per via della crescita demografica e dell'invecchiamento della popolazione galoppante, per via delle tensioni geopolitiche inasprite in Medio Oriente e in Estremo Oriente.
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