3' di lettura
Iptv illegale, o più semplicemente Sky “pezzotto”: è uno dei tormentoni estivi degli ultimi anni. Con la stagione calcistica alle porte, migliaia di tifosi sono tentati dallo spettro della tv pirata che consente di vedere Sky, Dazn e Netflix con pochi euro al mese. Un sistema illegale che viaggia su banda larga, e che – secondo un'indagine firmata Fapav-Ipsos – accomuna circa due milioni di italiani, generando perdite per circa 700milioni di euro per gli operatori del settore.
Un paio di giorni fa, a Palermo, le forze dell’ordine hanno scovato le macchine di Zsat, uno dei server più noti. Un 35enne aveva installato il tutto nella sua camera da letto: 57 decoder di Sky e tutto l'occorrente (hardware e software) per trasmettere il segnale in Rete. Con 11mila affezionati clienti, l'uomo aveva in casa 186mila euro, qualche lingotto d'oro e un paio di wallet con all'interno un po' di criptomonete. Un piccolo impero.
Cos’è Sky “pezzotto”
Il nome “pezzotto” è di origine partenopea. In Campania, dove il sistema pirata pare avere grande seguito, gli hanno dato questo nome. E oggi lo chiamano così un po’ in tutta Italia. Tutto nasce dalla tecnologia Iptv, un sistema di trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche. Esiste da una decina d'anni, ma la sua diffusione è direttamente proporzionale alla crescita della banda larga.
Affinché la qualità dell'Iptv sia accettabile, infatti, serve una connessione di almeno 8/10 megabyte per secondo. Ed è per questo che con la copertura sempre più capillare della rete in fibra, sta trovando sempre più spazio. Chiariamolo subito: l'Iptv è una tecnologia del tutto legale, nata come innovazione che potrebbe presto spostare la trasmissione dei canali televisivi coinvolgendo il flusso dei dati. Da qualche anno, però, Iptv è diventato sinonimo di questo fenomeno illecito che consente la visione di canali a pagamento in modo fraudolento: tutti i palinsesti Sky (Cinema, Sport, Calcio e finanche Primafila), Mediaset Premium e Dazn, a una manciata di euro. E b asta digitare “Iptv Italia” su un qualsiasi store online (che sia eBay, Amazon o Aliexpress poco cambia) per affacciarsi su un macrocosmo di offerte e soluzioni che, nonostante la palese illegalità, fa poco per rimanere sotto traccia.
Come funziona
Affinché una trasmissione Iptv funzioni sono necessari tre elementi chiave: una connessione a Internet, un dispositivo connesso (smart Tv, ma anche tablet, pc, smartphone o Android Box) sul quale installare una banale applicazione, e infine un codice (un file di testo con estensione m3u). La connessione a Internet, preferibilmente in fibra, è necessaria per far partire lo streaming. Il dispositivo è l'oggetto finale dove vengono visualizzati i canali, dopo aver installato software o app gratuite e legali, rintracciabili sugli store di Google o Apple. Il codice, invece, è la parte più importante (ed anche quella illegale): una stringa di qualche decina di pagine contenente migliaia di link con estensione TS o MP4. Un file con estensione m3u contenente la lista di canali che, una volta inserita tramite upload nel software per Iptv, diventa visibile sul proprio dispositivo.
Gli abbonamenti
Il vero segreto, dunque, sta nel codice m3u. È questo che fa la differenza. Una banale stringa di pochi caratteri determina la qualità del segnale. E un po' anche il prezzo. Su Internet, per chi decide di optare per il fai da te, si trovano abbonamenti semestrali a meno di 30 euro su siti come Aliexpress o eBay. Ma i sistemi più diffusi in Italia sono quelli in mano a vere e proprie organizzazioni, che muovono i loro tentacoli attraverso persone insospettabili. Il vicino di casa, l'amico, il conoscente che ti propone un abbonamento a tutta la Tv a pagamento per 8/10 euro al mese. Il pagamento, in questo caso, avviene spesso attraverso ricariche Poste Pay. E la qualità del servizio è più che sufficiente.
Cosa si rischia
Ma siamo nel mondo dell'illegalità. E i rischi, per quanto spesso sottovalutati, sono enormi. Chiaramente la posizione più grave è quella di chi ha in mano il sistema: chi trasmettere il segnale in modo fraudolento e incassa i soldi degli “abbonamenti”. Ma anche chi usufruisce del servizio sta commettendo un reato. E non sempre l'anonimato della rete può salvarlo. Se ci sono di mezzo ricariche Poste Pay, infatti, la polizia postale può risalire a tutti i clienti di un'organizzazione. E del resto, qualche volta è già successo. Una sentenza della Corte di Cassazione, la numero 46443/2017, ha inflitto una pena a quattro mesi di reclusione e 2.000 euro di multa per un utente che vedeva Sky in modo illegale. La legge vigente prevede che chi si rende colpevole della visione di Sky, Dazn e Netflix in modo illegale rischia da 2.582,29 a 25.822,26 euro di multa e da sei mesi a tre anni di reclusione.
loading...