La guerra in Europa

Mosca all’Italia: basta sanzioni, dimenticate gli aiuti per il Covid. Draghi: «Paragone odioso»

Il presidente ucraino Zelensky in pressing per un vertice con Putin, ma la Russia vuole prima garanzie scritte. Fumata nera dalla telefonata Biden-Xi

Zelensky: "Non volevamo questa guerra, vogliamo la pace"

6' di lettura

C’è la guerra guerreggiata e la guerra asimmetrica che si combatte con le sanzioni. Mosca mette in guardia l’Occidente dall’assumere un atteggiamento ancora più duro sul piano delle sanzioni e minaccia «conseguenze irreversibili». È quanto afferma all’agenzia Ria Novosti Alexei Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo. Mosca, ha detto Paramonov senza però fornire dettagli, sta lavorando a una risposta alle sanzioni «illegittime» degli Stati Uniti e dell’Unione europea.

Citando la dichiarazione del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire sui piani dell’Ue per lanciare una «guerra economica e finanziaria totale» contro la Russia, Paramonov ha affermato: «Non vorremmo che la logica delle dichiarazioni del ministro trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili». Secondo Paramonov, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini sarebbe «un falco».

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Paramonov ha anche accusato l’Italia di essersi dimenticata degli aiuti ricevuti da Mosca durante la pandemia di Covid-19 e delle storiche relazioni bilaterali esistenti tra i due Paesi, in preda a «un’isteria anti-russa» che ha contagiato l’Occidente.

Minacce respinte con fermezza dal ministero degli Esteri e, in serata, dal premier italiano Mario Draghi. «Esprimo piena solidarietà al Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, vittima di attacchi da parte del Governo russo. Il paragone tra l’invasione dell’Ucraina e la crisi pandemica in Italia è particolarmente odioso e inaccettabile. Il Ministro Guerini e le forze armate sono in prima linea per difendere la sicurezza e la libertà degli italiani. A loro va il più sentito ringraziamento del Governo e mio personale».

Lavrov: Usa vietano a Kiev di accettare le richieste di Mosca

Dal versante russo arrivano ancora una volta le parole del ministro degli esteri Sergej Lavrov. Gli Stati Uniti «tengono per mano» la delegazione ucraina nei negoziati di pace con la Russia, «impedendo a Kiev di accettare le richieste minime di Mosca», dichiara. «Abbiamo sempre favorito una soluzione diplomatica di ogni problema quando Zelensky propose colloqui nel pieno delle ostilità, alle quali il nostro presidente» Putin «ha acconsentito. E sono così iniziati i colloqui. Questo è accaduto malgrado la delegazione ucraina abbia iniziato a prendervi parte per lo più in modo, per così dire, solo formale», dice Lavrov.

Tuttavia, ha continuato il capo della diplomazia russa, «un dialogo è stato stabilito nel tempo, anche se noi abbiamo costantemente l’impressione che la delegazione ucraina venga tenuta per mano da qualcuno, probabilmente dagli americani, e le venga impedito di essere d’accordo con le (nostre) richieste, che giudico assolutamente minime». Il processo, ha concluso Lavrov «va avanti, ciò nonostante». Lavrov ha manifestato anche il proposito di rafforzare la cooperazione con la Cina. «La richiesta di inviare peacekeeper della Nato in Ucraina è demagogica. È possibile - ha sostenuto Lavrov - che tale richiesta implichi il controllo polacco sulla parte occidentale dell’Ucraina».

Zelensky: è l’ora di parlarsi

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede colloqui significativi di pace e sicurezza «senza indugio» con Mosca che invece vuole prima un testo su cui discutere come condizione essenziale per un vertice con Putin. Durante il colloqui di venerdì tra il presidente Usa Biden e quello cinese Xi non si sono raggiunti i risultati sperati. A Xi si rivolge il governo di Kiev: la Cina può essere l’elemento importante del sistema di sicurezza globale se prende la decisione giusta sostenendo la coalizione dei paesi civili e se condanna le barbarie russe. Il leader russo Putin ha continuato a parlare di colpe ucraine all’origine dell’invasione russa. E le truppe di Mosca hanno praticamente occupato la città di Mariupol e tagliato fuori l’Ucraina dall’accesso al Mar d’Azov.

La Russia afferma di aver usato missili ipersonici Kinzhal per colpire un magazzino sotterraneo di armi nella regione di Ivano Frankivsk. L’esercito di Putin avrebbe anche distrutto un centro radio e di intelligence a Osessa. Ma non si perde d’occhio la via diplomatica. Un incontro, per il presidente ucraino, «è l’unica possibilità per la Russia di ridurre i danni causati dai propri errori». Per il capo negoziatore russo, Vladimir Medinsky, le delegazioni dei due Paesi, però, devono prima preparare e concordare il testo di un trattato. Successivamente, il testo dovrebbe essere siglato dai ministri degli Esteri e approvato dai governi. «Soltanto dopo - conclude Medinsky - si potrà discutere la possibilità di un vertice».

La giornata di venerdì è stata caratterizzata da due eventi: lo show di Vladimir Putin per l’ottavo anniversario dell’annessione della Crimea nello stadio Luzhniki di Mosca, da dove ha annunciato: «Attueremo tutti i nostri piani». E il colloqui tra il presidente Usa Joe Biden e quello cinese Xi Jinping. Ma da quest’ultimo non è arrivata una netta presa di posizione contro l’invasione russa.

Bosch lascia la Russia

Continuano le uscite illustri di aziende occidentali dal mercato russo. Il principale produttore europeo di componenti per auto, la tedesca Bosch, interrompe per esempio la produzione negli stabilimenti della Federazione. A causa di problemi della catena di approvvigionamento e le interruzioni nelle consegne, il colosso tedesco ha ammesso che potrebbe dover interrompere definitivamente le sue operazioni nel Paese. Ma l’annuncio del ritiro dal mercato russo giunge dopo la denuncia dell’Ucraina di aver scoperto che «uno dei componenti principali che alimentano» i veicoli della fanteria russa è fornito da Bosch. Il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, ha dichiarato ai media tedeschi che Bosch fornisce questi componenti all’esercito russo «da anni». In Germania sarebbe ora in corso un’indagine per scoprire se l’uso di componenti Bosch da parte dell’esercito russo violi le sanzioni imposte a Mosca dall’Unione Europea. La società da parte sua afferma di aver avviato una propria indagine sulla questione e di prendere le accuse «molto sul serio».

Sul campo

L’esercito ucraino rivendica di aver ucciso il quinto generale russo dall’inizio del conflitto: si tratterebbe di Andrei Mordvichev morto nella città di Chernobayevka in seguito a colpi di artiglieria. Lo stato maggiore delle forze armate di Kiev riconosce comunque che i russi sono riusciti a isolarli dal Mare d’Azov. «Gli occupanti sono parzialmente riusciti nell’area operativa di Donetsk, privando temporaneamente l’Ucraina dell’accesso al Mare d’Azov», si legge in un comunicato. Tuttavia, lo stato maggiore afferma che Mosca è ancora ostacolata in tutti i suoi principali obiettivi di guerra. «Il nemico sta cercando di compensare per i fallimenti avanzando le truppe durante le operazioni di terra con l’uso di armi ad alta precisione e bombardamenti indiscriminati», continua lo stato maggiore delle forze armate.

Una delle tre linee elettriche della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, situata nei pressi della città ucraina di Enerhodar, rimasta danneggiata dopo l’attacco delle forze russe, è tornata operativa. I tecnici ucraini sarebbero riusciti a riparare una delle linee elettriche che si era bloccata durante il pesante bombardamento delle forze russe. La centrale nucleare è sotto il pieno controllo delle forze militari di Mosca.

Primi aiuti dell’Onu

Il governatore della regione ucraina di Lugansk ha annunciato per questa giornata un corridoio umanitario per evacuare i civili. Le Nazioni Unite hanno poi consegnato il primo carico di aiuti umanitari nella città ucraina di Sumy. Migliaia di civili sono fuggiti negli ultimi giorni dalla città assediata del nord-est, ma molti altri sono rimasti.

L’Ucraina ha fatto evacuare 190mila civili dalle zone del conflitto attraverso i corridoi umanitari dall’inizio dell’invasione russa. Lo ha comunicato la vice premier Iryna Vereshchuk in un’intervista, come riportano i media internazionali.

«Siamo qui per aiutare i civili più vulnerabili coinvolti nei combattimenti, ovunque si trovino in Ucraina», ha affermato il coordinatore Onu dell’unità di crisi per l’Ucraina, Amin Awad. Il convoglio a Sumy contiene 130 tonnellate di aiuti essenziali, tra cui bottiglie d’acqua, cibo in scatola e forniture mediche. Le Nazioni Unite affermano che sarà la prima di molte spedizioni nel paese dilaniato dalla guerra, invitando «tutte le parti» a consentire «l’accesso umanitario senza ostacoli e sostenuto» ai suoi volontari e partner. La situazione umanitaria è drammatica: sono 816 i civili uccisi e 1.333 quelli rimasti feriti in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa lo scorso 24 febbraio. Si tratta di dati dell’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che precisa che, dato che si tratta solo di dati verificati, il bilancio reale delle vittime è decisamente più alto. I funzionari ucraini parlano di migliaia di civili uccisi, tra cui 112 bambini.

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