ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLe conseguenze della guerra

Ucraini sfollati in Italia, trovare casa in affitto resta un miraggio

Pesa la carenza di garanzie. Le associazioni chiedono di accedere all’housing sociale

di Serena Uccello

Ucraina, evacuazione di civili dalla regione di Donetsk

3' di lettura

«Siamo andate via da Cherkasy all’inizio di marzo. Abbiamo vissuto in una famiglia a Milano. Poi ci hanno chiesto di andare via. Abbiamo cercato un appartamento d’urgenza, eravamo pronte a pagare l’affitto regolarmente, ma nessuno vuole fare il contratto con noi. Disperate, abbiamo cercato un Airbnb, poi un altro. Sembra che ci rinnovino il contratto per un altro mese. Nel frattempo abbiamo ricominciato a fare le torte». Loro sono una giovane donna e sua madre, in Ucraina avevano una pasticceria, e a raccontare la loro storia sul suo profilo Facebook è Tetyana Bezruchenko, responsabile informazione dell’associazione culturale europea “Italia-Ucraina Maidan” (maidan significa piazza ndr).

Italia lenta nell’organizzazione

Dopo l’emergenza, la fase due dell’accoglienza – a sei mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina – sembra entrare drammaticamente in stallo e mostrare una nuova urgenza: la difficoltà di trovare sistemazioni durature in affitto per gli sfollati. «In questo senso – spiega Tetyana Bezruchenko – purtroppo ci stanno arrivando diverse segnalazioni: appena l’agente immobiliare capisce che a cercare l’appartamento sono cittadini ucraini, magari con bambini, scatta subito l’indisponibilità alla locazione». Gli ostacoli, poi, sono diversi: dai ritardi nell’assegnazione del codice fiscale a chi chiede la protezione temporanea Ue, alla richiesta di garanzie economiche. Dall’anticipo di svariati mesi di canone fino a chiedere il versamento dell’intero anno. «Questo – aggiunge Tetyana Bezruchenko – rende difficile la ricerca di una casa persino per chi ha trovato un lavoro, come nel caso della mamma e della figlia pasticcere». Da Nord a Sud, il quadro appare abbastanza uniforme, tanto che è stato dibattuto durante la Quinta Conferenza con le associazioni della Diaspora Ucraina che si è svolta il 21 luglio. Di fatto, quello che emerge dall’analisi di Bezruchenko è una tendenza: una sorta di ripiegamento dell’accoglienza, che ora rischia di diventare diffidenza «se non addirittura ostilità». Proprio quello slancio iniziale al quale non è seguita, in molti contesti, una risposta istituzionale organizzata, mostra ora il fiato corto.

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La delusione

Un pericolo che Bezruchenko aveva da subito denunciato: «È l’ennesima prova che un sistema di accoglienza strutturale non c’è. Questa emergenza doveva essere una spinta verso il cambiamento, e invece non è accaduto. Si è perso tempo a discutere di temi marginali senza riuscire a fare invece un discorso complessivo e più generale, che vada al di là di questa emergenza, sull’accoglienza e sull’integrazione». Molte associazioni infatti hanno evidenziato lo stesso tipo di difficoltà, intercettando anche possibili soluzioni, come la possibilità di accesso alle abitazioni sociali anche per gli sfollati ucraini. Un altro tema collegato, registrano le associazioni, è la mancanza di posti per chi arriva ora, dopo la prima fase più acuta.

Una proposta concreta arriva dall’assessore al Welfare e Salute del comune di Milano, Lamberto Bertolè: «Sul tema degli affitti – dice – i Comuni possono fare poco, tuttavia si può lavorare sull’incontro tra la domanda e l’offerta». L’idea di Bertolè è semplice: «Orientare una parte delle risorse previste per l’accoglienza al Terzo settore, che può fare da garante». In questo rapporto tra privati manca infatti una terza parte in grado di garantire gli uni e gli altri. «E questa terza parte – aggiunge – può essere appunto il Terzo settore. D’altra parte, è un modello che Milano ha già sperimentato con l’agenzia per l’affitto accessibile Milano Abitare».

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