Ue, crisi energetica minaccia competitività economia. Bruxelles valuta misure d’emergenza
I vertici Ue valutano una revisione strutturale del mercato elettricità, sul tavolo di una riunione straordinaria il 9 settembre e nel Consiglio europeo del 6-7 ottobre
di Beda Romano
I punti chiave
3' di lettura
Nelle file dell'establishment europeo si sta facendo strada il timore che la crisi energetica possa incrinare in modo durevole la competitività dell'economia europea. Il fortissimo aumento dei prezzi dell'energia, provocato dalla guerra in Ucraina, non scatena solo rischi di crisi sociale e di recessione, ma potrebbe comportare sequele strutturali nel tessuto industriale del continente. Non per altro l'esecutivo comunitario ha preannunciato una riforma del mercato elettrico.
«L’aumento vertiginoso dei prezzi dell'elettricità sta mettendo a nudo, per diverse ragioni, i limiti dell’attuale struttura del mercato dell’elettricità», ha spiegato oggi, lunedì 29 agosto, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in un discorso a Bled, in Slovenia. «È stato messo a punto in circostanze completamente diverse e con scopi completamente diversi (…) Per questo stiamo lavorando a un intervento di emergenza e a una riforma strutturale del mercato dell’elettricità».
Le ipotesi: sganciare prezzi gas ed elettricità e price cap su energia
Da tempo, l'Italia – con altri paesi del Sud Europa - suggerisce di introdurre forme di tetto al prezzo del gas, vuoi imponendo un prezzo ai venditori, vuoi sussidiando con denaro comunitario la differenza tra il prezzo all'ingrosso e quello al dettaglio. Nel weekend, il cancelliere austriaco Karl Nehammer ha chiesto «di disaccoppiare il prezzo dell'elettricità da quello del gas», mentre il premier belga Alexander De Croo ha parlato dell'urgenza «di mettere un tetto al prezzo dell'energia a livello europeo».
Altri paesi sono stati finora più freddi. Pensano che lo shock debba essere assorbito a livello nazionale, temono di mettere a repentaglio il libero mercato o hanno interessi particolari nel campo energetico. Da Berlino sono giunti i primi segnali di apertura del ministro dell'Economia e dell'Ambiente, Robert Habeck rilanciati dal quotidiano Handelsblatt. Della questione si parlerà prima in una riunione straordinaria dei ministri dell'Energia il 9 settembre e poi il 6-7 ottobre in un vertice europeo.
Il rischio di fronda dei paesi Ue
In attesa delle proposte della Commissione europea, c'è da chiedersi come reagiranno i paesi più freddi all'idea di seguire la strada della solidarietà europea: opteranno per scelte nazionali, dinanzi alla ristrettezza delle risorse, o accetteranno maggiore integrazione europea? Il rischio di mettere in pericolo lo stesso mercato unico dovrebbe indurre a scelte comunitarie, così come avvenne quando scoppiò la recente pandemia da Covid-19.
«Il recente indebolimento dell'euro sui mercati valutari è da attribuirsi tra le altre cose alla preoccupazione di assistere a un deterioramento della competitività economica europea che già emerge nelle partite correnti”, spiega Carsten Brzeski, economista di ING. “Da ottobre in poi l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia emergerà violentemente nelle bollette e altre fatture (…) Le aziende più piccole, anche in Germania, saranno costrette a interrompere la loro produzione, non più redditizia».
Lo sguardo corre alle differenze di competitività in particolare con gli Stati Uniti, che beneficiano di prezzi del gas quattro volte inferiori a quelli europei e che oltretutto sono ormai diventati un esportatore netto di energia. Anche l'Asia soffre dell'andamento dei prezzi degli idrocarburi ma il continente ha meno remore dell'Europa ad affidarsi all'energia nucleare. Il Giappone, la Corea del Sud, la Cina e l'India hanno tutti deciso di investire in nuove centrali.
In Belgio le imprese tornano a delocalizzare
Qui in Belgio alcune imprese hanno deciso di tornare a delocalizzare a Est, come il produttore di laminati Unilin che si è spostato in Turchia. La società siderurgica Aperam e il produttore di fertizzanti Yara hanno invece sospeso la produzione in patria. Nota Michaël Van Bossuyt, dell'associazione dei consumatori industriali d'energia (Febeliec): “Negli anni 70 tutti soffrivano dello stesso shock petrolifero. Oggi l'Europa soffre più degli altri”. Quanto sono a rischio la reindustrializzazione e il rimpatrio delle catene di valore?
In questo contesto, si moltiplicano in Europa le dichiarazioni preoccupate. Spiegava la settimana scorsa Axel Eggert, direttore generale dell'associazione dei produttori siderurgici Eurofer: «Da quasi un anno siamo alle prese con i prezzi dell’energia alle stelle e con le strozzature nelle catene di approvvigionamento. Non c’è alcun segnale che l’incertezza possa diminuire a breve». Da più parti, il denaro del NextGenerationEU (800 miliardi di euro) non è ritenuto sufficiente per assorbire lo shock.
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